giovedì 23 aprile 2020
A nome del Cesc – primo Coordinamento degli Enti di Servizio civile nato nel 1982 – e come iniziale portavoce di organismi e personalità del mondo del Servizio civile e della nonviolenza italiana...
Formazione per far evolvere il servizio civile
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Caro direttore,
a nome del Cesc – primo Coordinamento degli Enti di Servizio civile nato nel 1982 – e come iniziale portavoce di organismi e personalità del mondo del Servizio civile e della nonviolenza italiana vorrei entrare nel dibattito sul Servizio civile avviato meritoriamente dal suo giornale per condividere alcune proposte.

La domanda che ci siamo posti è stata: come, in una situazione conclamata di minaccia alla sicurezza nazionale, si può impiegare la preziosa risorsa di decine di migliaia giovani operatori del Servizio civile universale in maniera efficace ed efficiente? Occasionalmente, e per piccoli contingenti (per terremoti ed alluvioni soprattutto), il Servizio civile è stato già dispiegato in queste situazioni ma mai come forza coordinata in maniera continuativa a livello nazionale e territoriale.

A motivo delle sfide che ci vengono imposte dalla pandemia occorre invece prevedere una specifica funzione del Servizio civile, e dei giovani in esso coinvolti, come risorse preziose di “difesa e protezione civile” a dimensione territoriale, nazionale e sovranazionale. Lo strumento “principe” per rendere attivo questo nuovo ruolo è la formazione.

Attualmente è prevista per tutti gli operatori del Servizio civile una formazione generale (la Costituzione, storia dell’obiezione di coscienza, lavorare in gruppo, ecc.), e una formazione specifica che affronta invece argomenti strettamente connessi al progetto di impiego. Sarebbe utile una terza parte parte addestrativa basata sull’acquisizione di conoscenze e “manualità”, utili ad affrontare minacce ambientali, sociali e sanitarie omogenea per tutti gli operatori, a prescindere dal fatto che svolgano il loro servizio in biblioteca, in casa famiglia o in un centro per anziani. Una formazione con esperienza “addestrativa” funzionale alla costituzione di una “Forza di riserva da minacce non armate”.

L’ipotesi è quella di due settimane di formazione intensive, da svolgersi nel primo mese di servizio, organizzata e gestita dalle Protezioni Civili Regionali, in collaborazione con gli enti operanti nel settore della assistenza medica e della protezione civile e ovviamente in raccordo con gli enti di Servizio civile. Ma per affrontare minacce diffuse territorialmente occorre anche una struttura organizzata che conosca quale risorsa abbia a disposizione, come è diffusa sul territorio, con quali caratteristiche e con modalità possa essere utilizzata. Sarebbe funzionale, ad esempio, un’organizzazione complessa e decentrata che coinvolga, oltre Il Dipartimento per le Politiche giovani e il Servizio civile universale anche quello della Protezione civile con le sue strutture regionali e delle Province autonome, gli Uffici Leva dei Comuni e anche le Forze armate.

Se avessimo un “contingente” annuo di 50mila operatori di Servizio civile, e un’organizzazione basata sul 'richiamo' si garantirebbe, una volta a regime, la mobilitazione complessiva di circa 200mila cittadini di età compresa tra i 20 e i 32 anni di età, con una formazione di base adeguata. Non solo: vista la diffusione degli operatori del servizio civile sul territorio italiano, si eviterebbe, lo spostamento di questa preziosa risorsa umana, attivabile invece nelle vicinanze della propria residenza, garantendo in tal modo celerità e conoscenza delle realtà locali. I costi? Per la formazione generale “rafforzata” all’inizio del periodo di servizio, si potrebbe implementare quanto attualmente il Dipartimento impegna come contributo all’Ente di Servizio civile per ogni operatore formato e non dovrebbe essere un grande problema trovare piccole risorse nei bilanci regionali per la formazione di richiamo per un triennio.

Come incentivi da assegnare ai “richiamati”, si potrebbe estendere quanto già in essere per i dipendenti di aziende che facciano parte di strutture volontarie inquadrate nel sistema di Protezione Civile oppure studiare altre formule. In conclusione: i giovani si aspettano che la collettività offra occasioni concrete per esprimere le loro capacità, energie e potenzialità. La natura ci ha impartito una lezione, e noi dobbiamo apprendere da quanto abbiamo vissuto, adattando le istituzioni e le comunità alla nuova realtà perché è l’adattamento ai cambiamenti il vero segreto dell’evoluzione.

Presidente Cesc

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