domenica 6 aprile 2025
Ieri decine di manifestazioni e quasi mezzo milione di persone coinvolte, ma la maggior parte non ha superato i 100 partecipanti. Torpore e paura frenano ancora la protesta (almeno per ora)
Alcune delle manifestazioni organizzate sabato nelle città americane contro Trump

Alcune delle manifestazioni organizzate sabato nelle città americane contro Trump - .

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Il democratico Cory Booker questa settimana ha concluso un discorso record di 25 ore al Senato Usa rivolgendosi ai suoi stessi colleghi progressisti: «Le generazioni future guarderanno indietro e si chiederanno: dov’eravate?». Avrebbe potuto porre la stessa domanda agli americani, quelli che nei sondaggi si dicono in maggioranza impauriti e preoccupati dalle iniziative politiche ed economiche di Donald Trump ma che non scendono in piazza per denunciarle. Mentre l’unico partito di opposizione americano cerca ancora di elaborare una strategia coerente contro le drastiche modifiche apportate dalla nuova Amministrazione al governo federale, le proteste rimangono irrisorie.


Ieri decine di gruppi sindacali, ambientalisti e pro-immigrati (insieme a sigle abortiste) ci hanno provato di nuovo, nella speranza che gli americani che non hanno reagito agli attacchi alla magistratura o alla sospensione degli aiuti umanitari internazionali fossero spinti a sfilare dal crollo della Borsa e dalla paura di una recessione. Forse, si sono detti, il torpore nel quale il pubblico statunitense sta assistendo alla concentrazione di potere nelle mani del presidente sarebbe stato scosso dalle conseguenze delle guerre commerciali dichiarate da Trump. In realtà i risultati non sono stati impressionanti. I cortei sono stati tanti, coinvolgendo più di 1.000 città e quasi mezzo milione di persone, ma la maggior parte non ha superato i 100 partecipanti. Persino la folla attesa a Washington sembrava sfilacciarsi sull’enorme distesa del Mall, senza creare l’impressione di un vero dissenso popolare contro, come recitavano gli slogan, la “presa di potere dei miliardari”, i “tagli alla previdenza sociale” e gli “attacchi contro immigrati, persone trans e altre comunità”. Anche se fino ad oggi si sono svolte il doppio delle proteste rispetto ai primi mesi del primo mandato di Trump, il numero di manifestanti effettivi è molto, molto al di sotto di quello di otto anni fa.

Gli organizzatori dicono di puntare su un lavoro costante di lungo termine, una goccia che finirà per lasciare il segno. Ma una partecipazione con il contagocce ha un limite, grande: è tacciabile di scarsa rappresentatività. Un altro inconveniente è che non fornisce abbastanza copertura per attirare allo scoperto persone ordinarie che nutrono frustrazione nei confronti del nuovo governo, ma hanno bisogno della sicurezza di una marcia di massa, soprattutto oggi. Rispetto a otto anni fa, infatti, nel 2025 sia il partito conservatore che l’élite imprenditoriale si sono schierati dalla parte di Trump e la protesta è diventata più pericolosa. Il presidente ha detto che non avrà remore nell’usare l’esercito contro “i nemici interni” e non ha esitato, per arrestare gli studenti che hanno protestato a favore di Gaza, a usare tattiche di sorveglianza come il riconoscimento facciale, il tracciamento della geolocalizzazione e l’identificazione potenziata dall’intelligenza artificiale.

Gli organizzatori delle manifestazioni di ieri hanno invitato i partecipanti a “non dare per scontato di essere al sicuro”, a indossare mascherine, a lasciare a casa il cellulare e a scrivere “un contatto di emergenza sulla pelle”. Non sono frasi che possono convincere la famiglia media a rimandare la spesa settimanale per andare a sventolare un cartellone a Washington. Come non lo sono le nuove leggi che rendono punibile “rallentare deliberatamente il traffico” o “indossare una maschera che fa sentire oppressa un’altra persona”. È innegabile che negli Stati Uniti rabbia e preoccupazione stanno aumentando. Nel clima politico di questi mesi, che cosa ci vorrà perché trascendano la paura e si distillino in una volontà collettiva impossibile da ignorare? La risposta, storicamente, è un tracollo economico. Potrebbe esserla anche questa volta.


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