mercoledì 9 aprile 2025
Largo consenso sulla prima, dubbi crescenti sulla seconda voluta da Macron ma che farebbe saltare l’equilibrio mantenuto per vent’anni dalla legge Leonetti. A Parigi riparte l’iter dopo 10 mesi
Tramonto sulla Torre Eiffel. All'Assemblea nazionale di Parigi riparte dopo 10 mesi il confronto sul fine vita

Tramonto sulla Torre Eiffel. All'Assemblea nazionale di Parigi riparte dopo 10 mesi il confronto sul fine vita

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Sarà la volta buona? In Francia, chi ha a cuore le cure palliative se lo chiede, dopo la nuova strategia adottata dal governo francese, su spinta del premier centrista François Bayrou, che si dice a titolo personale erede della famiglia democristiana transalpina del Dopoguerra, ormai nei fatti senza una vera “casa” nello scacchiere dei partiti. La questione delle cure palliative è stata disgiunta dal fine vita. Un modo per apportare chiarezza al dibattito, evitando, su questioni etiche tanto delicate nuovi giochi di “bilancia” fra le esigenze e le concessioni dei vari partiti.

Lo si è capito mercoledì 9 aprile, con il ritorno in Parlamento dei due temi, dopo una decina di mesi d’interruzione per via della dissoluzione parlamentare dell’estate scorsa. Da una parte, come si temeva, sono state vanificate le speranze di chi immaginava una pausa di riflessione ben più lunga, in vista di un’eventuale riconsiderazione della volontà dell’esecutivo di andare più in là sul fine vita, rispetto al principio d’equilibrio che 20 anni fa fu definito dalla Legge Leonetti: un duplice no a eutanasia e accanimento, distinguendo il “lasciar morire”, ammesso in modo inquadrato in casi estremi, rispetto al “far morire”, mai tollerato. Questa volta, il campo macroniano vuole invece approdare proprio a una forma attiva di cessazione della vita per i malati incurabili di patologie che arrecano un dolore ritenuto insopportabile.

Ma la nuova bozza di legge presentata non conterrà più disposizioni, dall’apparenza compensatoria sulle cure palliative. A queste ultime è dedicato un altro testo di legge specifico, in modo da permettere a ogni parlamentare un esame ad hoc, a partire dal quale i francesi potranno verificare la reale volontà di ciascuno sulla questione. Un approccio che non pochi immaginano come una svolta potenziale positiva, dopo anni di testi di legge poi disattesi nei fatti dai fondi e dai mezzi concreti messi in campo.

Per Catherine Vautrin, ministra della Salute, il cosiddetto “aiuto attivo a morire” in discussione dovrà «garantire a ognuno un fine vita degno, nel rispetto della propria autonomia». Si tratta di una nozione che, secondo molti sondaggi, incontrerebbe oggi i favori dei francesi. Ma per associazioni come Alliance Vita l’esito più probabile sarà, com’è già avvenuto in altri Paesi, una fatale pugnalata al rapporto di fiducia medico-paziente, accanto a un’accresciuta solitudine dei malati più fragili, psicologicamente sospinti dal nuovo contesto verso l’irreparabile.

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