
Entrare in dialogo sul tema del fine vita, stimolando un approfondimento sulla recente legge approvata dalla Regione Toscana, riportando al centro la tutela del diritto alla vita rispondendo alla fragilità e al dolore con la cultura della cura, della vicinanza e della misericordia. Questo l’obiettivo dell’incontro promosso e coordinato dal Movimento Cristiano Lavoratori venerdì 4 aprile presso il Palazzo Vescovile di Arezzo, che ha raccolto numerose prospettive di analisi sul tema del fine vita.
«Sono lieto di ospitare questo convegno sul fine vita – ha detto monsignor Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro –. Un tema particolarmente attuale nel nostro contesto culturale e soprattutto nella nostra Regione. Le iniziative che consentono di andare in profondità per capire sempre meglio sono di aiuto per tutti».
Il cardinale Augusto Paolo Lojudice, presidente della Conferenza episcopale toscana e arcivescovo di Siena-Colle di Val D’Elsa-Montalcino e vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, ha affermato che «di fronte al tema della sofferenza, del dolore e della malattia invalidante non possiamo applicare slogan preconfezionati. Non è accettabile utilizzare l’ideologia come scusa per giustificare atteggiamenti a favore della morte e contro la vita. C’è la necessità di rivedere profondamente il nostro sistema-salute, che deve necessariamente rifondarsi partendo dalle cure domiciliari dove, alla dimensione medica, si abbina quella umana. Lo abbiamo detto come Conferenza episcopale: la Toscana è stata esempio per tutti, la nascita dei primi ospedali, dei primi orfanotrofi, delle associazioni dedicate alla cura dei malati, e poi tutto il movimento del volontariato, sono un’eredità che dovrebbe servire a rifondare il sistema sanitario regionale rimettendo al centro la vita».
Alfonso Luzzi, presidente di Mcl, ha auspicato «la più ampia condivisione del fatto che quanto consentito dalle sentenze della Corte costituzionale resti confinato a situazioni del tutto eccezionali per non dar luogo a una sorta di binario parallelo rispetto a quello terapeutico e alle cure palliative verso gli stati di malattia grave».
Ad aggiungere un contributo giuridico Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale: «È sbagliato ritenere che la Corte costituzionale abbia aperto le porte all’eutanasia stabilendo un “diritto a morire”. Il dovere dello Stato è tutelare la vita in ogni momento, in quanto portatrice di un’inalienabile dignità, indipendentemente dalle condizioni in cui essa si svolga».