Caro direttore,
ho letto con molto interesse l’appello di accademici e intellettuali che lei ha pubblicato e sostenuto nei giorni scorsi su “Avvenire”, apprezzandone lo spirito positivo e propositivo. E ringrazio per le importanti disponibilità «a dare una mano» che i firmatari annunciano. Prima di affrontare la prospettiva futura ci tengo a raccontare come il sistema del Servizio civile abbia affrontato i giorni più neri della pandemia, seguendo e adattandosi con flessibilità alla continua evoluzione dello scenario. Un sistema, è utile ricordarlo, che vede protagonisti i giovani operatori volontari, si fonda su rete di piccoli e grandi enti di servizio civile che costruiscono e realizzano i progetti e si muove sotto il coordinamento strategico ed operativo delle istituzioni. La principale misura assunta, non sembri strano sottolinearlo, è stata quella della sospensione progressiva dei progetti di Servizio civile, prima solo in alcune aree geografiche e poi dal 10 marzo scorso sull’intero territorio nazionale, concedendo a tutti i volontari permessi straordinari retribuiti fino al 3 aprile. Nessuno dei volontari in servizio all’inizio dell’emergenza ha smesso di ricevere l’ordinario assegno. Tuttavia, la rilevanza sociale e il notevole benefico impatto sui territori e le comunità dei progetti ci hanno motivato ad attivarci – intercettando il comune desiderio di tutti i soggetti della filiera – per prevedere sin da subito, nel rispetto delle norme di sicurezza e col consenso dei giovani volontari stessi, la prosecuzione di progetti di particolare rilevanza proprio in relazione alla situazione emergenziale. E così più di tremila giovani non hanno mai smesso di prestare servizio, anche in queste ultime difficili settimane, e continuano a essere quotidianamente accanto alle nostre comunità. Superati i giorni peggiori, il 4 aprile scorso è stata pubblicata una nuova circolare che, nel prorogare al 15 aprile la scadenza del permesso retribuito per i volontari, fornisce indicazioni agli enti per favorire la riattivazione dei progetti precedentemente sospesi e avviare quelli a venire cautelativamente bloccati, attraverso procedure flessibili e semplificate sempre improntate al principio di massima sicurezza dei giovani, chiamati in ogni caso a esprimere il proprio consenso. Le riattivazioni prevedranno possibili rimodulazioni delle attività progettuali e saranno realizzate dandone informazione alle realtà territoriali nelle quali si svolgono, al fine di potenziare quella rete sociale di cui oggi c’è più bisogno che mai. I progetti che non si riuscirà a riattivare saranno temporaneamente interrotti, per essere ripresi al ripristino delle necessarie condizioni. Ai volontari che non potranno continuare a svolgere le attività dei propri progetti, anche durante il periodo di interruzione temporanea del servizio, l’assegno mensile sarà comunque regolarmente erogato, per contribuire a fronteggiare il momento di crisi economica che interessa inevitabilmente anche loro e le loro famiglie. Abbiamo avuto conferma, ancora una volta, della volontà di questi giovani di provare a dare il loro contributo in ogni modo possibile. Giovani che, vivendo con sincerità, responsabilità ed entusiasmo l’ideale, alla base del “loro” Servizio civile, di difesa non armata e non violenta della patria, sono una buona notizia per i giorni a venire. Il doloroso stravolgimento delle nostre vite causato dalla pandemia ha reso ben evidente a tutti, algidi e rigorosi commentatori compresi, che esistono settori in cui ogni taglio alla spesa è una colpevole mancanza di prospettiva: la Sanità, l’Istruzione, l’Innovazione e il Terzo settore sono gli esempi più evidenti. Nell’anno 2019 sono stati approvati progetti per circa 60mila volontari, ma con le risorse disponibili si è riusciti a finanziare l’assegno per 40mila di loro. È il momento per compiere quel salto culturale che in molti, io tra loro, chiedevamo da anni. È il momento per smettere di dover rincorrere ogni anno le risorse per il Servizio civile. Il 18 febbraio, pochi giorni prima dell’inizio dell’incubo legato al coronavirus, avevo scritto una lettera al presidente del Consiglio e al ministro dell’Economia per chiedere 20 milioni in più per il 2020, al fine di confermare almeno gli stessi numeri del 2019. Possiamo fare ancora di più, e dobbiamo farlo. È il momento per attuare un vero discorso strutturale, con una prospettiva che sia minimo triennale, con una quota annuale e stabile di almeno 50mila volontari, per un investimento di circa 270 milioni di euro l’anno. Occorre fare uno sforzo comune, di cui è investito tutto il Consiglio dei ministri, a partire dal presidente Conte di cui conosco la particolare sensibilità per i temi sociali, per individuare sin da subito le risorse necessarie, pur nelle difficoltà del momento. Aumentare il numero di volontari nell’ordinario ci darà la sicurezza di avere ragazze e ragazzi – capaci, generosi, formati – pronti a operare anche in situazioni straordinarie. Non dobbiamo deludere in nessun modo questo slancio generoso, che può far crescere ancora la straordinaria rete di volontariato organizzato del nostro Paese, capace di fornire un servizio capillare di continuità e di prossimità e che è in grado, lo abbiamo visto, di adeguarsi alle situazioni di emergenza. Il protagonismo delle ragazze e dei ragazzi impegnati nel Servizio civile sarà una formidabile leva per la ripartenza e il rilancio del nostro Paese, e renderà evidente la volontà dei giovani di rilanciare la società sui valori della solidarietà, della cura e dell’attenzione per il prossimo e per il territorio.
Vincenzo Spadafora ministro per le Politiche giovanili e lo Sport
Ringrazio il ministro Spadafora per la pronta risposta all’appello per il rilancio del Servizio Civile Universale promosso da importanti personalità disposte a spendere energie e competenze a questo fine. E apprezzo anche la realistica schiettezza dell’impegno che viene pubblicamente assunto a far crescere sino ad almeno 50mila – dai 40mila attuali – i giovani ogni anno in servizio volontario. Non rinuncio però a sognare e ad auspicare un salto di qualità più deciso e grande. E tanto più in un tempo di pandemia così duro e sconvolgente di certezze, priorità e semplici abitudini che davamo per scontate. Compresa quella apparentemente inesorabile per cui il Servizio civile dei giovani cittadini sia un piccolo “lusso” da permettersi con più moderazione che convinzione e da destinare a minimi settori particolarmente generosi e interessati delle nuove generazioni. Mi auguro, perciò, che prosegua, si approfondisca e si riveli fattivo non solo il dialogo nel Governo e tra questi e le Camere – parlamentari sensibili, come la vicecapogruppo dei deputati del Pd Gribaudo ( tinyurl.com/avvenire–08–04–2020 ), sono già intervenuti –, ma anche quello del Governo con i proponenti del nuovo appello. E non si dimentichino le preziose indicazioni emerse, da ultimo, dal dibattito su un Servizio Civile Universale e obbligatorio per ragazzi e ragazze che si sviluppò giusto due anni fa per iniziativa, tra gli altri, del presidente dell’Associazione nazionale degli Alpini. Grazie ancora, al ministro Spadafora. E auguri ai volontari e alle volontarie oggi in servizio: che tutti e tutte possano tornare presto pienamente all’opera.