Il Papa a uno dei tavoli dei lavori sinodali - Agenzia Romano Siciliani
L’idea di scrivere una serie di "lettere" ai padri sinodali (questa la seconda: la prima è a questo link) è il frutto di un lungo ascolto dei giovani: del loro senso di estraneità a una Chiesa respinta e desiderata, rifiutata e amata. Il Sinodo è un’occasione preziosa di rinnovamento della Chiesa, quello che i giovani chiamerebbero ringiovanimento. Le lettere – quella di mercoledì scorso, questa e quelle che appariranno su Avvenire nelle prossime settimane – riprendono i desideri, le provocazioni, i sogni e le attese che hanno espresso nella recente ricerca dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, dalla quale è nata anche la serie di articoli su Avvenire poi raccolti nel libro “Dio, dove sei? Giovani in ricerca” (Vita e Pensiero) e nella più vasta ricerca "Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità" (Vita e Pensiero). Consapevoli che nelle opinioni dei giovani si nascondono anche quelle di molti adulti, vengono offerte queste lettere alla Chiesa tutta ma in particolar modo ai padri sinodali perché li accompagnino nelle loro riflessioni e nelle loro decisioni. Ho semplicemente prestato la penna alle voci dei giovani. (P.B.)
Cari padri sinodali,
vediamo che i vostri lavori procedono intensi. Qualche giornale pubblica immagini e notizie dei vostri dibattiti che ci sembra stiano diventando fitti e plurali. Una foto in particolare ci ha colpito, e vorremmo prenderla come simbolo e promessa della Chiesa che anche noi desideriamo: vi ritrae attorno a grandi tavoli rotondi, a dialogare e discutere. Poche persone attorno a ogni tavolo, così la relazione tra voi può essere faccia a faccia. Il tavolo è rotondo, non ci sono lati e non ci può essere un capotavola; attorno al tavolo si vedono vescovi e laici, cardinali e anche qualche donna. In uno si vede papa Francesco, anche lui partecipante alla pari con gli altri.
Ecco, questa è la Chiesa che ci piace, che vorremmo sperimentare con lo stesso stile anche nelle nostre parrocchie e nelle nostre chiese. Tutti, ciascuno nella sua diversità di vocazione, di condizione e di ministero, attorno allo stesso tavolo, ciascuno con la possibilità di dire la propria. Forse questo è l’inizio di una sinodalità possibile. Dalla foto è difficile capirlo, ma ci è sembrato di non vedere nessun giovane, lì solo perché è giovane, perché anche lui ha qualcosa da dire alla Chiesa. Persone senza nessun ruolo ecclesiale, ma solo con la loro esperienza di vita, con le loro opinioni, le loro ricerche e le loro inquietudini... Fa parte di un sogno?
Cominciamo a credere che un giorno, speriamo non troppo lontano, alla Chiesa interessi la voce di chi si sta affacciando alla vita, di chi la guarda dal futuro, dal punto di vista di ciò che non c’è ancora, e può essere sognato. Speriamo in un giorno in cui nella Chiesa si farà spazio ai sogni: Papa Francesco usa spesso questo termine, per incoraggiarci a osare. Il linguaggio dei sogni aiuta a intuire il futuro e ad alimentare ideali coraggiosi e alti. Una giovane, in una recente intervista, ha parlato della Chiesa usando un’immagine così significativa che ci piace citare perché esprime bene lo spirito dell’esperienza ecclesiale che desideriamo. Ha descritto la Chiesa dei suoi desideri come una cena in casa di amici! Lì c’è calore, c’è legame, c’è l’emozione di trovarsi insieme; di raccontare e raccontarsi, di discutere di tutto con libertà, senza temere che un’opinione prevalga sull’altra, ma dove il desiderio di capirsi rende ciascuno quasi custode della parte di verità che avverte nel parere dell’altro... In una cena in casa di amici si respira una leggerezza che non rende superficiali, ma creativi.
Ci piace pensare che, finite le discussioni attorno ai tavoli ufficiali, voi padri sinodali vi troviate a cena attorno a tavoli normali, in un contesto di amicizia e di leggerezza, a sperimentare che proprio in quel clima umano lo Spirito soffia, apre orizzonti, rende audaci. Dai resoconti della stampa è difficile capire i temi che realmente stanno animando i vostri dialoghi. Noi giovani speriamo che siano aperti ai problemi reali dei cristiani di oggi, e anche a quelli di tutte le donne e gli uomini del nostro tempo.
Per essere Chiesa in uscita ci pare che non basta che vi occupiate della vita dei credenti. Ci sono donne e uomini che sono in cerca di una speranza, di un senso alla loro esistenza, di parole vere sulla vita. Speriamo che il vostro dialogo e il vostro sguardo li raggiunga tutti, che lo Spirito vi sospinga oltre i confini, che il vostro cuore batta anche per loro. Anzi, prima di tutto per loro! Se sarà così, anche noi credenti ci sentiremo compresi, cioè inclusi nel vostro sguardo, perché ciò che sta a cuore a tutti è ciò che attraversa anche i nostri pensieri e anima i nostri stati d’animo. Anche noi siamo, prima di tutto, donne e uomini di oggi, in cerca di una fede contemporanea. Vi accompagniamo con il nostro pensiero, guardiamo a voi con rinnovata fiducia, e chiediamo allo Spirito di soffiare sempre più forte, almeno fino a farsi sentire.
2-continua