
L'immagine del presidente Xi Jinping campeggia ovunque nel centro di Pechino - Ansa
Pechino.Sfilano gli alti ufficiali. Armati di pale, zappe e secchi d’acqua. Non c’è da conquistare isole ribelli, ma piantare alberi, in ossequio all’“ordine” impartito dal presidente Xi Jinping, materializzatosi anche lui (con tanto di zappa): «La piantumazione volontaria di alberi è un’iniziativa nazionale che deve essere portata avanti per generazioni». Peccato – come ha notato la Cnn – che nella parata militare in versione agreste mancasse il generale He Weidong, 67 anni, il secondo ufficiale di grado più alto dell'Esercito popolare di liberazione cinese. Scomparso. “Fantasmizzato”. E, forse, epurato. Il forse è d’obbligo per un blocco di potere politico-militare come quello cinese, opaco e impenetrabile nel quale, alle epurazioni vere e proprie, si sono affiancate anche improvvise riapparizioni.
L’assenza di He ha però alimentato immediate speculazioni: il vicepresidente della potente Commissione militare centrale – di cui Xi è il presidente – «potrebbe essere diventato l'ultima, e più anziana, vittima della purga dei ranghi più alti dell'esercito da parte del presidente». L'ultima volta che un vicepresidente in carica della Commissione è stato “dimesso” è stato più di tre decenni fa, quando l'allora segretario generale del partito Zhao Ziyang fu estromesso per aver simpatizzato con gli studenti pro-democrazia di Tienanmen del 1989. He non è dunque di una pedina minore. Né un uomo lontano dal presidente. Tutt’altro. I legami tra i due risalgono a quando Xi era impegnato a fare carriera nella provincia del Fujian. Quelle delle epurazioni è, d’altronde, una “clava” che il leader maximo cinese non ha esitato a utilizzare da quando ha preso il potere nel lontano 2012. Eppure, come sottolinea Asia Society, gli ultimi mesi hanno visto un’accelerazione, una «vera e propria ondata» di rimozioni. A fine novembre a cadere sotto i colpi della politica anti-corruzione è stato l'ammiraglio Miao Hua, il terzo generale ad essere cacciato.
Ma il lavoro chirurgico non si è limitato alle Forze armate. Almeno 58 quadri di alto rango hanno perso le loro posizioni nei primi tre trimestri del 2024 e 642.000 quadri a vari livelli sono stati puniti nello stesso periodo. Tra i 205 membri effettivi del 20esimo Comitato centrale del Partito comunista cinese, almeno otto sono stati epurati. La domanda è:perché? Il terzo mandato che lo stesso Xi si è assicurato – una “rivoluzione” nel sistema di potere del partito comunista che di fatto ha inceppato la macchina predisposta per la trasmissione del potere da un generazione di leader all’altra – non avrebbe dovuto garantire una maggiore stabilità dopo che tutti i suoi “nemici” sono stati allontanati nei due precedenti mandati? Perché è questa la “cifra” della recente politica di Xi: colpire gli “amici”, i fedelissimi da lui stesso scelti e posizionati nei gangli del potere. Come scrive Asia Society, se «durante i primi dieci anni di mandato le purghe hanno preso di mira gli alleati degli ex capi del Partito e i membri delle fazioni non riconducibili a Xi» – e dunque suoi possibili rivali – ora invece a cadere, come birilli, sono i suoi fedelissimi.
Meteore, “condannate” spesso a parabile politiche brevissime. Segno che le purghe sono ormai un vero e proprio metodo di governo interno finalizzate a creare «un'atmosfera di paura che metta a tacere potenziali sfide o critiche». Ma anche ad allontanare dal leader supremo le ombre dovute ai “fallimenti” che costellano la sua gestione del potere, come il rallentamento della crescita economica della Cina e i suoi riverberi sull’occupazione e sui consumi. Insomma, conclude Asia Society, quello di Xi è un vero e proprio “metodo Stalin”. Per la cronaca: la Cina, solo nel 2024, ha piantato 4,45 milioni di ettari di alberi.