giovedì 20 febbraio 2025
Sul palco di Khan Yunis la gigantografia del premier israeliano in forma di Dracula grondante il sangue dei fratellini Bibas, della madre e del pacifista Lifshitz
Le bare nere con le foto degli ostaggi deceduti, tra cui i fratelli Bibas, nella messinscena di Hamas. Sullo sfondo il sangue grondante dal viso di Netanyahu

Le bare nere con le foto degli ostaggi deceduti, tra cui i fratelli Bibas, nella messinscena di Hamas. Sullo sfondo il sangue grondante dal viso di Netanyahu - Ansa

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Questa volta sul palco allestito a Khan Yunis ci sono le bare. Quattro bare nere, ciascuna con la foto della vittima e la presunta data della morte. Così tornano a casa in Israele i corpi di Shiri Bibas, 32 anni, dei suoi figli Ariel, 4 anni, e Kfir, 9 mesi, e dell'anziano Oded Lifshitz, pacifista impegnato per Gaza. I miliziani di Hamas, armati e a volto coperto, sono schierati in fila, a fare da cordone alle centinaia di civili accorsi a vedere. I media israeliani non hanno trasmesso in diretta le immagini di al-Jazeera per rispetto delle famiglie dei defunti.

Il macabro show di questo rilascio, il primo di ostaggi deceduti, è avvenuto in una coreografia persino più feroce delle precedenti. Una gigantografia raffigurava il premier israeliano Benjamin Netanyahu come un vampiro - una specie di Dracula - che grondava il sangue in cui erano avvolti i volti sereni delle quattro vittime. Una scritta a fianco recitava, in inglese: «Il criminale di guerra Netanyahu e il suo esercito nazista li hanno uccisi con i missili dei bombardieri sionisti». Sullo sfondo, immagini di feretri coperti da bandiere israeliane: «Ritorno alla guerra, ritorno dei rapiti nelle bare».

Nel disumano utilizzo dello scambio tra ostaggi e detenuti per fomentare l'odio e la propaganda di guerra - cominciato da Hamas e rilanciato da Israele: sabato scorso i palestinesi scarcerati indossavano una maglietta con la stella di David e la scritta «non perdoneremo» - rientra la doppia immagine su ciascuna bara: sotto la foto e il nome della vittima c'erano la scritta in inglese «Il killer» e la foto del premier israeliano. Appena consegnati agli operatori della Croce Rossa, i feretri sono stati coperti con un drappo candido.

La morte dei fratellini Bibas e della madre, i cui corpi erano stati disseppelliti dal cimitero di Bani Suheila, dovrebbe risalire alle prime settimane della guerra, tra la fine dell'ottobre e l'inizio del novembre 2023. La annunciò Hamas attraverso un video feroce che mostrava la disperazione del padre - poi rimasto sedici mesi nella Striscia e rilasciato dieci giorni fa - quando un altro ostaggio era stato costretto a dargli la tragica notizia dell'uccisione dei suoi cari in un raid. In mancanza di prove, Israele non aveva mai ufficializzato la morte dei tre Bibas e aveva definito il filmato un'arma di guerra psicologica.

Caricate sui fuoristrada bianchi della Croce Rossa, le salme sono state consegnate all'esercito. Stessa procedura osservata per gli ostaggi in vita. Ma invece del consueto check-up sanitario e dei festeggiamenti, questa volta si sono raccolti i resti. Stando ad alcuni media israeliani, le bare erano chiuse a chiave e le chiavi allegate non le aprivano. Gli artificieri dell'esercito le hanno ispezionate per accertarsi che non contenessero esplosivi e poi hanno forzato le serrature. Con una cerimonia militare, in terra di Gaza i quattro corpi sono stati posti in bare avvolte nella bandiera bianca e azzurra con la stella di David. Poi i blindati li hanno riportati in Israele.

«Questo è un momento di angoscia e dolore. Il cuore di un intero popolo è in frantumi» ha detto il presidente Isaac Herzog. «A nome dello Stato di Israele, chino la testa e chiedo perdono. Mi dispiace di non aver adempiuto al nostro dovere. Mi dispiace di non avervi protetti in quel giorno maledetto. Mi dispiace di non avervi riportato a casa sani e salvi. Che la loro memoria sia benedetta».

Quanto agli ostaggi vivi, sabato è atteso il rilascio degli ultimi sei dei 33 previsti nella prima fase della tregua: Tal Shoham, Omer Shem-Tov, Eliya Cohen, Omer Wenkert, Avera Mengistu e Hisham al-Sayed. I primi quattro rapiti il 7 ottobre, gli altri due (un beduino e un ebreo nato in Etiopia) entrati a Gaza più di dieci anni fa. La nuova offerta è di liberare i rimanenti in un unico scambio, all'inizio della seconda fase, purché Israele accetti la fine della guerra. Sarebbero 24 ancora in vita, tra cui 19 militari, e una trentina di cadaveri.

Quelle viste oggi sono dunque le prime delle bare nere che devono ancora uscire da Gaza. Le più impressionanti, perché contengono i resti di bambini. Bare nere, sacchi bianchi. Fin dalle prime settimane della guerra, e per quindici mesi, se ne sono visti a migliaia, in foto e filmati, anche di dimensioni minuscole. Sudari immacolati per avvolgere piccoli corpi. Le stragi degli innocenti.

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