sabato 29 marzo 2025
Il tasso di povertà è schizzato verso l’alto, raddoppiando in una manciata di anni: dal 24,8 percento nel 2017 sono passati al 49 per cento nel 2023. dramma nel dramma dei Rohingya
Gli effetti devastanti del sisma

Gli effetti devastanti del sisma - FOTOGRAMMA

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Quello che si è “sbriciolato”, sotto i colpi del devastante sisma di magnitudo di 7,7 , è un Paese già schiacciato da anni di dittatura militare, vulnerato dalla povertà e piegato da diseguaglianze sempre più accentuate, spazzato da una guerra civile che continua a mietere vittime e che minaccia di polverizzarne l’unità. Inanellati, i dati del Myanmar fotografano una situazione drammatica, esacerbata dalla presa del potere militare nel febbraio 2021. Il 76 percento della popolazione birmana vive al di sotto o si sta pericolosamente avvicinando a un'esistenza di sussistenza. Il tasso di povertà è schizzato verso l’alto, quasi raddoppiando in una manciata di anni: dal 24,8 percento nel 2017 sono passati al 49 per cento nel 2023. La miseria sta ora aggredendo anche aree urbane, un tempo considerate ricche come Yangon e Mandalay. La classe media del Paese si è ridotta del 50 percento negli ultimi tre anni. Come sottolinea un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, nel Paese di sta registrando «una crescente femminilizzazione della povertà, con le famiglie guidate da donne che hanno 1,2 volte più probabilità di vivere in povertà rispetto alle famiglie guidate da uomini».

Due giorni fa il capo della giunta al potere in Myanmar, il generale Min Aung Hlaing aveva promesso «elezioni libere e giuste», indicando persino una scadenza per l’appuntamento elettorale: il prossimo dicembre. Una “premura” che molti analisti collegano alla situazione sul terreno sempre più precaria. Uno studio della Bbc ha stimato che l'esercito – accusato «di aver ripetutamente bombardato siti civili, tra cui scuole e ospedali, incendiato villaggi, compiuto omicidi di massa e torturato i suoi oppositori nel disperato tentativo di rimanere al potere» – controlli solo il 21% del territorio. Paradossalmente il dramma di ieri potrebbe "fortificare" i militari grazie a una gestione centralizzata degli aiuti internazionali che la giunta ha subito rivendicato.

Altro dramma nel dramma: la situazione dei Rohingya, stretti nel fuoco incrociato tra l'esercito birmano e il suo nemico nello Stato di Rakhine, la milizia di Arakan che ha preso il controllo di gran parte del territorio. I Rohingya denunciano di essere stati oggetto di reclutamento forzato da parte della giunta, nonché di attacchi mortali da parte delle milizie, che invece li ha accusano di schierarsi con l'esercito. Non va meglio a quelli riparati in Bangladesh per sfuggire alle violenti purghe subite nel Myanmar: circa un milione di persone addensate in giganteschi campi profughi. «I nostri sistemi alimentari, sanitari ed educativi stanno crollando – ha detto alla Reuters Mohammad Jubair, un importante leader della comunità Rohingya –. Se la situazione sfugge di mano, non sarà solo un problema per il Bangladesh, ma diventerà una questione globale». A preoccupare, in particolare, è il prosciugamento dei fondi Usaid. Gli Stati Uniti sono stati il principale fornitore di aiuti ai rifugiati Rohingya, contribuendo con quasi 2,4 miliardi di dollari dal 2017. Il congelamento dei fondi ha costretto cinque ospedali finanziati dagli Usa a ridurre i servizi, ha fatto sapere il mese scorso Mohammed Mizanur Rahman, il massimo funzionario del Bangladesh che supervisiona i campi profughi. Circa 48 strutture sanitarie, tra cui 11 centri di assistenza primaria, sono state colpite, lasciando molti rifugiati senza accesso alle cure essenziali.
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