
Soccorritori al lavoro tra le macerie - Ansa
«Ponti crollati, centri storici e abitativi danneggiati, strade impraticabili, gente nel panico e sotto choc»: a scattare una prima fotografia, seppur estemporanea, delle conseguenze del sisma è Ye Ye, responsabile in Myanmar dei progetti di Avsi, una delle tante Ong italiane che operavano già nel Paese e adesso sono tra le prime a soccorrere le popolazioni locali terremotate. Come Avsi, molte di queste realtà, fin dalle prime ore, hanno lanciato campagne di raccolta fondi per sostenere le famiglie più colpite, partendo dalla distribuzione di cibo, kit sanitari e beni di prima necessità. «La squadra di soccorso sta aiutando le persone come può, ma serve un supporto», aggiunge Ye Ye che vive nella capitale Naypyidaw, ma sta progressivamente raggiungendo tutte le famiglie seguite dalla Ong per accertarne le condizioni.
Nei Paesi del Sud-est asiatico più devastati dal sisma ci sono pure degli italiani: almeno 100 nel Myanmar e 7 mila in Thailandia, secondo i numeri della Farnesina, che intanto si sta attivando anche con la Protezione civile per avere un quadro ulteriore della situazione e valutare possibili interventi. Tra i connazionali nei due Paesi, si contano anche gli operatori delle Ong. Come Paolo Felice, di Firenze ma in questo momento a Yangon, in Myanmar, dove è capo missione dell’organizzazione Cesvi.
«Questa città è stata marginalmente colpita, ma in altre zone in cui operiamo i danni umani e materiali sono stati maggiori – racconta –. Al momento è difficile quantificarli perché pure le linee di comunicazione sono interrotte». Gli operatori di Cesvi, stanno già lavorando nelle aree più in emergenza: «Tra queste c’è Mandalay, dove alcune persone sono state portate all’ospedale principale, ma la struttura ha già segnalato la mancanza di materiali sanitari sufficienti a rispondere alle necessità». Le priorità dell’organizzazione sono dunque «innanzitutto stabilire i collegamenti con i nostri colleghi sul territorio che non siamo riusciti a contattare per accertarci che stiano bene». In particolare c’è alta apprensione per un team di sei persone attualmente sul campo nella zona di Chauk di cui si sono persi i contatti, probabilmente per le interruzioni nelle comunicazioni. «Poi continueremo a constatare la situazione. Il Paese ha infrastrutture fragili e per questo temiamo danni particolarmente elevati», conclude. Alcune informazioni la Ong è già riuscita a raccoglierle. Gli operatori sui vari territori parlano di disagi importanti, dovuti per esempio al crollo dello storico ponte di Sagaing e all’interruzione sulla principale autostrada nazionale nei pressi della città di Mandalay. Anche l’ufficio di Cesvi a Kalaw, cittadina a circa 200 cbhilometri a sud di Mandalay, ha riportato danni e il personale è stato evacuato dall’edificio.
In questa zona a essere colpite dal terremoto sono state pure alcune delle case in cui vivono i vari operatori, come quelle della diocesi di Mandalay che sono crollate. Il direttore della diocesi conferma in parte le preoccupazioni del capo missione Felice, riferendo di molte persone, della popolazione locale, ancora disperse. Si temono migliaia di vittime. «Caritas Italiana – assicura il direttore don Marco Pagniello – è in contatto con Caritas Internationalis e segue con attenzione gli sviluppi e l’evolvere dell’emergenza. Esprimiamo tutta la nostra vicinanza alla popolazione del Myanmar e alla Chiesa locale». Nel frattempo la Caritas Ambrosiana ha avviato una raccolta fondi e ha stanziato 25 mila euro per i primi interventi. Anche Medici Senza Frontiere fa sapere di aver rintracciato i propri team che lavorano in Myanmar e in Thailandia e che «sono pronti a intervenire su larga scala nel Paese e nelle aree circostanti per rispondere ai bisogni delle comunità colpite». Tra le Ong in soccorso della popolazione c’è poi Azione Contro la Fame, che in un Myanmar già segnato da crisi politiche ed economiche, «teme che questa nuova emergenza rappresenterà un’ulteriore sfida per migliaia di famiglie». In prima linea ci sono infine i volontari della torinese Medacross che raccontano: «Fin dalle prime ore di oggi abbiamo iniziato da subito a monitorare la situazione per offrire aiuti. Un terremoto 7.7 è sempre terribile, ma quando colpisce un Paese poverissimo è capace di devastare la vita di migliaia e migliaia di persone, già di fronte a un sistema sanitario fragilissimo e, nelle campagne, pressoché inesistente».