sabato 29 marzo 2025
Si scava anche a mani nude tra le macerie per l'assenza di mezzi specializzati. Ma malgrado la drammatica situazione il regime spara sui ribelli intrappolati nelle zone terremotate
Soccorritori tra le rovine di un grande condominio a Mandalay

Soccorritori tra le rovine di un grande condominio a Mandalay - Ansa

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A mani nude, tra le macerie, cercando di liberare corpi seppelliti che lanciano grida di aiuto. «Ci sono troppe macerie, e nessuna squadra di soccorritori è arrivata per noi», dichiara in lacrime a Reuters Htet Mion Oo, pure lui a stento sopravvissuto al terremoto di venerdì a Mandalay. È la tragedia di tutto il Myammar, senza ruspe e autorità sul terreno in grado di coordinare i soccorsi, mentre di ora in ora si precisa il bilancio della catastrofe. Dopo gli appelli di venerdì alla solidarietà internazionale della Giunta militate – isolata dal colpo di Stato del 2021 – ieri i militari hanno ordinato «sforzi immediati» nei soccorsi. Lo stato di emergenza, decretato in sei delle sette province del Paese, non ha però fermato i bombardamenti sui ribelli. Incurante della devastazione che ha colpito il Myanmar, la giunta militare di Yangon – secondo la Bbc – ha continuato a effettuare raid aerei e attacchi di droni in diverse regioni dove sono attive le milizie anti regime. People's Defense Force, il gruppo che si batte contro la giunta militare, ha denunciato che il villaggio di Nwe Khway, nel distretto di Chaung U a Sagaing, regione epicentro del sisma che ha subito ingenti distruzioni e perdite umane, è stato bombardato due volte. Altri raid aerei sono stati condotti a Ley Wah, nello stato di Karen, colpendo obiettivi vicino al quartier generale degli indipendentisti dell'Unione Nazionale Karen e a Pyu, nella regione di Bago. Raid definiti «un oltraggio» e «inaccettabili» dal relatore dell'Onu per i diritti umani, Tom Andrews, sostenendo che ha esortato la giunta militare a fermare tutte le operazioni militari avvertendo anche che l’esercito del Myanmar ha una consolidata pratica di negare gli aiuti alle aree ribelli. «Mi aspetto che avvenga ciò anche con questo disastro», ha concluso Andrews denunciando che le autorità «usano gli aiuti come armi». Se il sisma, il peggiore nel Paese dal 1946, non ha fermato la guerra civile, di ora in ora si aggiorna il bilancio delle vittime: 1.644 morti secondo la giunta, 3.400 i feriti ed almeno 139 i dispersi. Cifre ben lontane dal delineare le proporzioni della distruzione causata venerdì alle 12 e 55 minuti da due scosse di magnitudo 7,7 e 6,4 con epicentro nel Nord del Paese, a 16 chilometri da Saigang. Le prime stime indicano come minimo 10mila vittime e una distruzione che secondo alcuni potrebbe essere superiore allo stesso Pil del Myamnar.

«Il dramma è che i soccorsi scarseggiano o sono del tutto assenti. Vediamo tanta solidarietà tra la gente, ma registriamo l’assenza completa dello Stato» afferma a Fides un esponente della Chiesa birmana che per ragioni di sicurezza mantiene l’anonimato. «L’area di Sagaing, epicentro del terremoto, è una di quelle dove sono più forti gli scontri per la guerra civile in corso. Nell’instabilità generale non ci sono soccorsi organizzati per le vittime» prosegue la fonte. Ma anche nelle “zone liberate”, quelle sotto il controllo dell’esercito, «non vi sono istituzioni civili funzionanti, dunque tutto è affidato alla buona volontà della gente o all’organizzazione delle comunità e degli eserciti delle minoranze etniche». Una situazione che rende difficile raccogliere informazioni esatte come organizzare un piano per la prima emergenza. Solo alcuni corpi di vigili del fuoco sono impegnati nella capitale Naypyidaw e a Mandalay. In quest’ultima città almeno 90 persone sono rimaste intrappolate sotto il condominio “Sky Villa” di 12 piani dove una donna è stata tratta in salvo. Secondo il governo di unità nazionale dell'opposizione sarebbero almeno 2.900 edifici danneggiati, 30 le strade e sette i ponti inagibili. Gli aeroporti di Naypytaw e Mandalay sono stati chiusi e in gran parte del Paese l’elettricità è presente per sole 4 ore al giorno.

In un Paese con il 32% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà, l’Unicef e le Ong lanciano l’allarme per i 6,7 milioni di bambini che vivono nel Paese. Venerdì sono stati estratti senza vita cinque bambini su una ventina, intrappolati tra le macerie di una scuola di Taungoo, nel Myanmar centrale. Ieri tra gli edifici crollati a Kyaukse, nella regione di Mandalay, 12 piccoli sono stati trovati morti in una scuola materna. Save the Children ha anche lanciato l’allarme per gli oltre 28mila bambini che vivono nei campi profughi, la cui situazione era già particolarmente vulnerabile. Le prime squadre di soccorritori sono arrivare dall’estero, ma ora il nuovo pericolo, senza acqua potabile e ospedali inagibili, è l’emergenza sanitaria.

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