venerdì 11 febbraio 2022
Imparare lavorando e lavorare per imparare meglio. Senza essere sfruttati. E in sicurezza. Protetti dalle leggi e dall’attenzione degli insegnanti dentro e fuori l’azienda e con la famiglia accanto
ll primo contratto di apprendistato compie 170 anni. E lo firmò don Bosco

Siciliani

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Imparare lavorando e lavorare per imparare meglio. Senza essere sfruttati. E in sicurezza. Protetti dalle leggi ma, prima ancora, dall'attenzione degli insegnanti dentro e fuori l’azienda e con la famiglia accanto. Con un patto: impegnarsi reciprocamente a crescere. Sono gli obiettivi ai quali guarda Giovanni Bosco (prete e santo) firmando a Torino l’8 febbraio 1852 quello che molti indicano come il primo contratto di apprendistato. Sono passati centosettanta anni, ma quell’accordo è ancora valido e attuale nei suoi contenuti di fondo.

E può dire molto – soprattutto in un periodo come questo –, sul valore non solo dell’apprendistato, ma più in generale della formazione in 'assetto di lavoro', della formazione duale e della necessaria collaborazione tra scuole e imprese. A ricordare il documento, tirato fuori per l’occasione dagli archivi della congregazione, sono i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice con tutti i formatori CNOS e CIOFS che spiegano come «la possibilità che i giovani possano vivere l’alternanza scuola-lavoro, in un contesto protetto e in stretta collaborazione con i centri di formazione, rappresenti una preziosa opportunità». Sempre che tutti facciano le cose per bene. E su come farle, proprio quanto scritto da don Bosco appare essere la sintesi migliore e più efficace.

Ad iniziare dal sancire «un’alleanza – viene sottolineato –, che è ancora oggi di ispirazione per l’opera dei formatori: quella tra il datore di lavoro, il lavoratore, la famiglia dell’apprendista e l’educatore». Un 'accordo' scandito da parole precise, che 170 anni fa, come oggi, hanno un peso. E che ancora si possono leggere messe nero su bianco con una scrittura nitida e in buon italiano. Così a Torino in quel febbraio del 1852, Giuseppe Bertolino, 'mastro minutiere', si 'obbliga' ad insegnare 'l’arte di falegname' al giovane Giuseppe Odasso 'per lo spazio di due anni', fornendo 'le necessarie istruzioni e le migliori regole onde ben imparare ed esercitare l’arte suddetta'. E l’allievo 'si obbliga' anche lui ad avere 'prontezza assiduità e attenzione' nell’imparare. Il lavoro sarà pagato, il giovane sarà 'schiettamente' giudicato per quello che fa e per come si comporta; ma Bertolino ha il dovere anche di trattare bene il suo allievo seguendolo e dandogli 'quegli opportuni salutari avvisi che darebbe un buon padre al proprio figlio'. Quattro pagine di contratto con quattro firme al fondo: il datore di lavoro, l’apprendista, il padre di lui e Giovanni Bosco.

La parola-chiave pare essere 'collaborazione'. Oppure 'alleanza'. E vale nel 1852 come nel 2022. Certo, 170 anni fa come oggi, il percorso dalla scuola al lavoro è duro e in salita. La strada da fare è lunga per tutti, per Giuseppe Odasso un tempo e per le migliaia di giovani oggi: basta intraprenderla nel modo giusto.

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