lunedì 7 aprile 2025
Investimento da 410 milioni di euro per una struttura che farà imbarcare 36mila persone al giorno
Msc inaugura il terminal di Miami. Negli Usa più domande di crociere
COMMENTA E CONDIVIDI

Nessun incubo dazi per il ricco mercato delle crociere. «Oggi abbiamo fatto un grande spot al made in Italy, godiamoci il momento» è la battuta con cui Pierfrancesco Vago, presidente esecutivo della divisione crociere di Msc, liquidava il tormentone della settimana all’inaugurazione del nuovo terminal di Miami. Il più grande del mondo in casa di Trump. Investimento da 410 milioni di euro. Seicento e più metri di cemento, vetro e legno: un palazzo di quattro piani coricato sulle ultime banchine libere del porto da cui parte un passeggero su sette di quelli che in tutto il mondo scelgono questo tipo di vacanza. Insomma, non solo una botta di italian pride - «un vanto per la nazione» l’ha definito la Meloni, rappresentata alla cerimonia dal viceministro Rixi -, ma una sfida commerciale di livello globale che il gruppo Aponte lancia alle grandi società croceristiche americane partendo dalla “loro” capitale.

«Abbiamo superato molti problemi nell’ultimo anno» ha ammesso Vago, accennando alle difficoltà incontrate da Fincantieri, che comunque ha realizzato l’opera in tre anni. Ufficialmente, è stato difficile trovare le maestranze giuste, ma vien da pensare che Carnival, Royal Caribbean e Norwegian non se ne siano state con le mani in mano, a vedere gli italiani occupare le ultime tre banchine disponibili nella baia di Biscayne.«Il porto di Miami è finito, non ci sono più spazi» commentava Vago, sardonico, al taglio del nastro, dimostrando che se una guerra commerciale è alle porte è quella sui vacanzieri stelle e strisce. Perchè, come è stato ripetuto alla inaugurazione di Miami, il settore non è interessato dai dazi e, come dimostrano i numeri, nasconde una componente anticiclica: «il driver non è la domanda ma l’offerta, cioè la capacità di avere navi disponibili a servire la popolazione dei Paesi ricchi per la quale la vacanza resta un bene primario e che dal 2020 ha riscoperto le crociere» ci spiega il vicepresidente Leonardo Massa.

Per capirlo, facciamo un rewind: in piena pandemia, Msc si inventa un protocollo per la profilassi che fa scuola in tutto l’horeca ma soprattutto, Gianluigi Aponte, l’uomo che nello shipping tratta da pari a pari con lo Stato cinese, decide di investire pesantemente in un’industria in cui gli italiani non sono presenti, ma dove possono spendere il proprio know how nella marineria e nella cantieristica. Il settore è il primo a soccombere alla pandemia ma anche il primo a riprendersi - 32 milioni di croceristi nel ’23, 34 l’anno scorso, 36 con la valigia pronta quest’anno… - «e crescerebbe più rapidamente se non ci fossero solo tre produttori al mondo, oberati dalle commesse, delle navi che servono» ricorda Massa. L’innovazione tecnologica che fa bella mostra di sé al terminal di Miami non è soltanto un vanto italiano: lavorando con i big spender globali, quest’industria osserva il comandamento della sostenibilità ed infatti MSC è la prima ad investire in vettori a gas naturale e ha ottenuto l’appoggio del governo delle Bahamas in quest’operazione rinaturalizzando l’isola di Ocean Cay, devastata dall’industria estrattiva e poi abbandonata. Oggi, sull’ex isola-miniera un’équipe di scienziati sta cercando di ripopolare la barriera corallina con una specie di mollusco che sopravvive al cambiamento del clima. In questo scenario dinamico, MSC “occupa” il porto di Miami con un terminal di oltre seicento metri dove possono attraccare tre navi in contemporanea e si movimentano fino a 36mila passeggeri al giorno, utilizzando un un sistema di smistamento dei bagagli, realizzato da Leonardo, che usa la tecnologia cross-belt, usata negli aeroporti.Quello di Miami non è l’unico terminal in cui MSC investe per sottrarre quote agli altri big player su un mercato che già rappresenta il 50% del suo giro d'affari. Sarà pronto tra un anno Cape Canaveral, poi sarà la volta di Galveston in Texas e si sta lavorando per aprire anche a New York.

Non ci sarà più Fincantieri, alla quale MSC chiederà piuttosto di aumentare la capacità produttiva. Se con i nuovi terminal si vuole offrire al passeggero l’esperienza made in Italy a partire dalla accoglienza, comunque servono i cavalli per conquistare il Far West. Le quattro Explora in consegna nel ’27 per il segmento lusso non basteranno per una strategia che già guarda al Pacifico. Oggi, la compagnia al mondo ha una flotta moderna di palazzi galleggianti, 23 navi alimentate da gas naturale. Non sta spingendo per l’idrogeno, in quanto, come dice una fonte interna «ci sono più soldi da investire che tecnologie disponibili». Se sul piano commerciale l’operazione è aggressiva, politicamente si presta al dialogo con Trump: il governo italiano vuole fare affari con gli States e sostiene, con Rixi, che «sui dazi meglio cooperare: insieme si fanno grandi cose». Si sta già guardando ai lavori sulla rete ferroviaria Usa. L’analisi di MSC, che guarda anche a Far East e Australia, è che «la torta del mercato delle crociere continuerà a crescere - dice Massa- e con i dazi il volume dei clienti con buona capacità di spesa non diminuirà». Nessuna recessione dietro l’angolo, almeno per chi può permettersi di andare in vacanza.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: