Una dimostrazione ulteriore che tra tradizione cristiana e riscontri scientifici «vi è armonia ». E una nuova prova che il cristianesimo è una religione «che riguarda persone, fatti e avvenimenti concreti». José Miguel García, docente alla facoltà teologica San Damaso di Madrid, commenta con queste parole l’annuncio di Benedetto XVI riguardante la datazione delle ossa ritrovate nel sepolcro di san Paolo, oggetto di indagini nell’omonima Basilica di Roma. García, autore del recente Il protagonista della storia (Rizzoli), è esperto di cristianesimo delle origini, materia che insegna all’università Complutense della capitale spagnola.
Che significato assume per la fede cristiana questa conferma riguardante le spoglie mortali di Paolo? Si ribadisce l’aspetto fondamentale del cristianesimo, ovvero che esso è una fede storica che riguarda persone, fatti e avvenimenti concreti. L’identificazione delle ossa di questa persona del I-II secolo (l’esame con il carbonio 14 non può fornire una datazione più precisa) indica che si tratta di un soggetto molto venerato e davvero importante per chi lo ha sepolto. Ciò porta ad una conferma della tradizione che identifica in quella tomba il luogo della sepoltura di Paolo. E questo significa, ancora una volta, che il culto e la liturgia cristiana fanno sempre riferimento ad un fatto storico. Succede così con la vicenda di Gesù e di san Pietro, ora ne abbiamo conferma con Paolo.
Tale rinvenimento archeologico rafforza la statura della figura di Paolo? Di Paolo non è mai stata negata l’esistenza storica: chi lo facesse avrebbe una posizione insostenibile. Di lui ci sono epistole e documenti storici, come gli Atti degli apostoli, nonché altri testi apocrifi. Le fonti più importanti per la sua vicenda restano comunque le sue lettere. Tutto quello che lui racconta può essere verificato: i luoghi, le località, i viaggi. Ora ciò avviene anche per la sua tomba. La tradizione cristiana aveva sempre sostenuto che Paolo fosse morto martire durante la persecuzione di Nerone: adesso si può davvero notare l’armonia fra tradizione e riscontri archeologici. Qui si può fare una considerazione più generale: la Chiesa ha sempre cercato una conferma alle sue tradizioni anche da una prospettiva scientifica. Già Pio XII lo fece con le ossa dell’apostolo Pietro, la stessa cosa avviene con Paolo, visto che il Papa ha preannunciato nuovi studi. Questo indica che la Chiesa non ha e non ha mai avuto paura di sottoporre i dati di fede (quelli che si possono esaminare) all’indagine scientifica o archeologica. La Chiesa è talmente convinta e certa della verità che propone, che non ha timore di confrontarsi con la scienza, con la filosofia, con la storia. Semmai bisogna notare che spesso è il mondo moderno ad avere paura di questo confronto. Forse perché vedrebbe infranto qualche suo pregiudizio…
Il Papa parla di «tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino » rinvenuti nella tomba paolina. Che significato rivestono tali riscontri? Mi auguro che si possano fare ulteriori indagini, come è accaduto con il sepolcro di Pietro. Da quello che è stato osservato si può dire che il materiale usato per la sepoltura era di grande valore: l’oro fa riferimento alla divinità, la porpora all’autorità regale. Tutto ci dice l’importanza della persona sepolta.
Benedetto XVI ha fatto riferimento anche a una «unanime e incontrastata tradizione» che identificava nell’attuale luogo il sepolcro dell’Apostolo. Su quali basi si fonda questa tradizione? Si tratta di racconti apocrifi, che indicano nelle Tre Fontane di Roma il luogo del martirio di san Paolo e dicono che il sepolcro è situato non lontano. Fu poi l’imperatore Costantino a far costruire le basiliche di San Pietro e quella di San Paolo sui luoghi dove la tradizione aveva tramandato la collocazione delle rispettive tombe.