
Stefano Carofei / ipa-agency.net
Nessun «blitz», nessuna «scorciatoia». Si tratta di «norme necessarie che non possiamo più rinviare». È la stessa premier Giorgia Meloni - fa sapere a sera Palazzo Chigi - ad argomentare in seno al Consiglio dei ministri, la scelta del governo di trasformare il testo del pacchetto sicurezza, approvato a settembre dalla Camera e finora all’esame del Senato, «in un decreto-legge, che entrerà subito in vigore». Una scelta presa «d'accordo con Antonio Tajani e Matteo Salvini» e «di cui ci assumiamo la responsabilità, consapevoli del fatto che non potevamo più aspettare e che era prioritario dare risposte ai cittadini e assicurare ai nostri uomini e alle nostre donne in divisa le tutele che meritano».
La mossa del provvedimento d'urgenza
Un Cdm durato poco più di mezz’ora, per varare un testo di 34 articoli, messo a punto dagli uffici legislativi del Viminale e di via Arenula basandosi su quasi tutti i 38 articoli del disegno di legge fermo a Palazzo Madama. Travasati in gran parte nel nuovo veicolo legislativo, ma con le correzioni resesi necessarie dopo le osservazioni degli uffici della Presidenza della Repubblica su alcuni aspetti passibili di incostituzionalità, ora espunti dal provvedimento. Insomma, preso atto che il ddl era destinato a una terza lettura alla Camera per sciogliere il nodo delle coperture, maggioranza e governo hanno optato per la mossa di cui si vociferava da tempo, recependo i punti su cui il Quirinale aveva avanzato rilievi, ma inserendo il pacchetto in un decreto legge, per poterlo varare subito. Il tutto non senza un certo scontento, rispetto al merito delle correzioni, della Lega che però incassa l’efficacia immediata delle norme, con il vicepremier Salvini pronto a ostentarle in vista del congresso del Carroccio (che peraltro lo vede senza antagonisti per la carica di segretario): «Sono misure fortemente volute dalla Lega. Un’altra promessa mantenuta».
I rilievi del Quirinale e le modifiche
In un anno e mezzo di vaglio delle Camere, oltre a sollevare le critiche delle opposizioni e le proteste degli enti umanitari, il pacchetto ha fatto affiorare frizioni in maggioranza, con la Lega in pressing e Forza Italia e Fdi più dialoganti. Inoltre, dal Colle sono pervenute osservazioni circa la dubbia costituzionalità di alcune norme, ora modificate nel decreto. Una riguardava il problematico articolo 31 in materia di intelligence, stigmatizzato anche dall’Ordine dei giornalisti e dalle istituzioni universitarie. Ora, con la correzione, le pubbliche amministrazioni, i gestori di servizi di pubblica utilità, le università, le società controllate e partecipate e gli enti di ricerca non sono più obbligati a collaborare con i Servizi di sicurezza e a stipulare convenzioni che obbligano a cedere informazioni e dati anche in deroga alle normative in materia di privacy. Un altro punto riguarda le condotte di resistenza (anche passiva) alnelle carceri: nel dl viene chiarito che il reato di “rivolta” si considera commesso solo in presenza di violazioni di ordini impartiti «per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza» e non per qualsiasi tipo di ordine. Una modifica applicata pure nel caso di rivolta nei Centri per il rimpatrio dei migranti, mentre viene esclusa la configurabilità del reato nei Centri di accoglienza. Ancora, per quanto riguarda le proteste contro opere pubbliche di rilevanza nazionale (dal Ponte sullo stretto ad altre infrastrutture), prima del rilievo del Quirinale, la norma prevedeva l'applicazione dell’aggravante rimettendo alla discrezionalità del governo quali opere meritassero la quella protezione. Adesso, l’aggravante è limitata alle infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o altri servizi pubblici. Un’altra limatura di peso riguarda l’iniziale divieto di acquistare sim card telefoniche a stranieri senza permesso di soggiorno: ora ai migranti che sbarcano in Italia, basterà presentare un documento d’identità per acquistarla. Sempre dal Colle, si è fatto notare come, nei reati di aggressione o resistenza a pubblico ufficiale, le modifiche prevedevano la prevalenza delle circostanze aggravanti sulle attenuanti generiche, soluzione considerata dal Quirinale non conforme ai principi di equità del diritto penale e ora sostituita dalla previsione di tener conto, sempre, anche delle attenuanti. Infine, è stato corretto uno dei punti più criticati (chiamato dalla Lega «anti borseggiatrici rom»): ora si prevede l’obbligatorietà della custodia cautelare presso un istituto di custodia attenuata (e non in carcere) per le madri incinte o di minori inferiori a un anno. E il giudice può valutare le preminenti esigenze del minore, anche in presenza di una condotta grave della madre.
Bodycam e tutele per gli agenti, ma senza scudo penale
A fine Cdm, nella sala stampa di Palazzo Chigi, il Guardasigilli Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi rivendicano la mossa («Non è un provvedimento securitario») e aggiungono dettagli. «Prevediamo bodycam per le forze di polizia», spiega Piantedosi, e agenti e militari indagati o imputati per fatti di servizio potranno lavorare mentre lo Stato sosterrà le loro spese legali, fino a 10mila euro per ogni fase del procedimento. Norma «sacrosanta», per la premier, perché tutela chi è in divisa. Ma senza «immunità» o scudo penale, aggiungono i due ministri. E c’è pure, a difesa di «anziani e proprietari di immobili», una misura anti occupazioni abusive.
Le opposizioni: populismo penale che umilia il Parlamento
In Parlamento, si indignano le opposizioni, col capogruppo dem in Senato Francesco Boccia che lamenta un «furto» e «un «populismo penale che piega il Parlamento», i 5s che la definiscono «una vergogna» e Angelo Bonelli di Avs che parla di «golpe». Fuori dai Palazzi, monta la protesta, con un presidio al Pantheon della «Rete Nazionale No Ddl Sicurezza» segnato da scontri con le forze dell’ordine e due feriti fra gli agenti. Un clima politico e sociale ancora teso, insomma, in cui le nuove misure andranno a prendere efficacia.