Quel «travaso» di norme e il ruolo delle Camere
venerdì 4 aprile 2025

Pur senza mutuare le espressioni di sdegno delle forze politiche di opposizione, che qualificano la mossa del governo come un «furto» che «umilia per l’ennesima volta il Parlamento», bisogna ammettere che il travaso di gran parte del contenuto del controverso ddl Sicurezza in un decreto legge suscita qualche perplessità. Al netto delle presunte motivazioni politiche (l’evidente pressing della Lega, col vicepremier Matteo Salvini intenzionato ad esibire il risultato nell’imminente congresso di partito) che possono aver contribuito a far accelerare sul provvedimento, non manca qualche interrogativo. Com’è noto, secondo l’articolo 77 della Carta, i «provvedimenti provvisori con forza di legge» vengono adottati dal governo «in casi straordinari di necessità e di urgenza».

Un’urgenza che l’anno passato, quando l’esecutivo affidò il pacchetto a un disegno di legge ordinario incardinato in Parlamento, evidentemente non sussisteva. Ma che ora invece si è palesata: «Nessuna scorciatoia, nessun blitz, sono norme necessarie che non possiamo rinviare», argomenta la premier Giorgia Meloni. «Volevamo dare tempi certi all’approvazione», aggiunge il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ritenendo che «la centralità del Parlamento» non sia stata lesa, perché «il testo tornerà alle Camere per la conversione in legge» e perché, accanto alle correzioni dopo i rilievi di incostituzionalità segnalati dal Colle, sono stati «recepiti alcuni aspetti emersi nel dibattito parlamentare».

Sia come sia, la modalità appare inedita: non si ricorda presso gli uffici legislativi di Palazzo Madama e Montecitorio (che pure hanno visto di tutto: dall’abuso di “reiterazioni” di decreti, stoppato dalla Consulta nel 1996, alle correzioni per decreto di leggi appena approvate, fino alle “trasfusioni” di norme da un testo all’altro) un tale trasferimento di misure da un ddl (approvato da un ramo del Parlamento e pronto ad andare in Aula nell’altro, ma ormai destinato a un binario morto) a un decreto legge. Un unicum, dunque. Ma che, se dovesse ripetersi in futuro, finirebbe per rosicchiare un altro spicchio della funzione legislativa delle Camere, già infiacchita in questi anni dall’uso continuo della decretazione d’urgenza e dello strumento della fiducia.

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