
Il sottosegretario Mantovano, il ministro Nordio e il vicepresidente del Csm Pinelli - ANSA
Nuovo durissimo scontro fra magistrati e Governo. A innescare la polemica stavolta è un secco botta e risposta fra il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano e il vertice dell’Anm. Una magistratura che «erode la sovranità popolare», «deraglia dai confini» e «decide le politiche», nelle parole di Mantovano, indicata come una sorta di contro-potere politico che si pone come obiettivo di contrastare l’esito del voto. Durissimo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, magistrato di Cassazione - fra l’altro - fino all’assunzione dell’incarico di governo: sono diventati peggio delle «toghe rosse di cui aveva senso parlare trent’anni fa», perché la situazione di oggi è anche peggiore, «c’è un cronico sviamento della funzione giudiziaria».
L’intervento di Mantovano si inserisce nel corso dell'inaugurazione a Roma dell'anno giudiziario del Consiglio nazionale forense. Il riferimento è alle ripetute bocciature dei provvedimenti di trattenimento dei migranti nei centri in Albania, che ha fortemente depotenziato il protocollo di intesa tra Roma e Tirana su cui puntava, e ancora punta, il governo Meloni.
Non meno “diretta” è la reazione delle toghe, da parte del vice segretario dell’Associazione nazionale magistrati: «Se davvero pensano che le cose stiano così ricorrano alla Consulta per il conflitto di attribuzione», dice Stefano Celli.
Nella polemica inteviene anche il guardasigilli Carlo Nordio, anche lui - fra l’altro - magistrato di lungo corso: «Adesso le problematiche non sono agganciate a una dottrina politica ma obbediscono ad altri criteri, che nella degenerazione correntizia sono criteri di potere», afferma il ministro , in piena sintonia con Mantovano.
«C'è la tendenza delle corti a negare spazi regolativi al legislatore» che erode «gli spazi di diretta espressione della sovranità popolare. Pensiamo, per riportare un esempio di leggi sistematicamente disapplicate, a quelle in materia di immigrazione», questo nel dettaglio il pensiero del sottosegretario nel suo intervento al Cnf, che precisa: «Quello che noi desideriamo non è delegittimare l'Unione Europea, bensì che la nostra Repubblica continui a preservare il suo fondamento», dice in riferimento proprio al rimando alla Corte di Giustizia europea sulla questione dei trattenimenti avvenuto da parte dei magistrati romani.
Ma Mantovano allarga l’orizzonte oltre il territorio italiano per inserire fra i deragliamenti delle toghe anche la vicenda della leader francese Marine Le Pen, che si è vista raggiungere da una sanzione di ineleggibilità per cinque anni. «Quello che preoccupa - sostiene Mantovano - è il rischio che la magistratura percepisca sé stessa come parte di un establishment che ha la funzione di arginare la “pericolosa” deriva della coerenza fra la manifestazione del voto, la rappresentanza politica e l’azione di governo. Secondo tale ottica, quest’argine andrebbe posto anche nei confronti dei disegni di legge costituzionali» oggi all’esame del Parlamento. «Secondo l’establishment, deve prevalere il diktat dell’establishment» conclude il sottosegretario, riferendosi al duro confronto a distanza che è in corso da tempo sulla riforma della separazione delle carriere.
Sul tema migranti, ma su un piano diverso, interviene anche il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli: «Non possiamo non osservare che l’intera Europa, e l’Italia in particolare, sono interessate da epocali trasformazioni demografiche che rendono obsoleta l’attuale distribuzione degli uffici e soprattutto la relativa dotazione di risorse e di competenze». Secondo studi recenti, nel 2050 la popolazione mondiale conterà 250 milioni di popolazione africana in più e 45 milioni di popolazione europea in meno. «Come tutto ciò impatterà nella risposta del servizio giustizia?», si chiede Pinelli.