sabato 3 febbraio 2024
La numero due del ministero del Lavoro che ha coordinato la stesura del decreto attuativo della legge delega risponde alle obiezioni sulla portata limitata e sui tempi dilatati degli interventi
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«Siamo a una svolta per tutti gli anziani. Non solo quelli non autosufficienti, che pure riceveranno una migliore assistenza, ma per l’intera popolazione ultra 65enne» La viceministra del Lavoro Maria Teresa Bellucci (Fdi), che ha coordinato la stesura del decreto attuativo della legge delega 33/2023, risponde alle obiezioni e rivendica i risultati della riforma.

Viceministra, ma è davvero una svolta per l’assistenza agli anziani non autosufficienti? Il decreto attuativo sembra in realtà ancora di portata limitata, perché presenta molti rimandi a provvedimenti futuri e prevede una sperimentazione che però parte tra un anno…

Siamo realmente convinti della portata innovativa di questa riforma, che, voglio sottolineare, rappresenta la prima legge quadro in favore delle persone anziane over 65, attesa da oltre vent’anni. Limitarne il valore alla sola, per quanto fondamentale, parte dedicata agli anziani non autosufficienti significa non coglierne appieno il potenziale concreto per i cittadini. La riforma è già una certezza, il decreto attuativo ha ottenuto la bollinatura e utilizzeremo tutto il 2024 per dare sostanza all’attuazione a livello normativo, ma anche con l’impegno di reperire ulteriori risorse da mettere a disposizione per la migliore riuscita. I rimandi di cui lei parla sono strumenti indispensabili per entrare davvero nel dettaglio di una materia così complessa e articolata. Per questo abbiamo parlato della messa in sicurezza di un punto di partenza e non di un punto di arrivo. La sperimentazione della prestazione universale, a partire dal 2025, richiede una fase preparatoria per determinare correttamente la graduazione dei bisogni assistenziali dell’anziano non autosufficiente, che tradotto significa non lasciare scoperte le specifiche necessità dei più fragili.


«La riforma migliora l'assistenza
per gli anziani non autosufficienti,
semplifica la vita degli ultra 65enni
e promuove l'invecchiamento attivo»



Sulla questione dei fondi, la premier Meloni e lei avete parlato di un impegno di oltre un miliardo. Chiaramente indicati, però, ci sono solo i 500 milioni per la Prestazione universale 2025-2026. Gli altri fondi come vengono impiegati?

Sul tema delle risorse vorrei fare chiarezza anche rispetto a molte inesattezze circolate negli ultimi giorni. Nel miliardo disponibile, di cui ha parlato la presidente Meloni, oltre ai 500 milioni per l’avvio della prestazione universale, tra le altre risorse importanti, si sommano: 400 milioni per l’assistenza domiciliare integrata (Adi), la medicina preventiva, la teleassistenza, la telemedicina e più di 100 milioni per le cure palliative. Il principio fondante di questa legge è garantire a ciascun anziano interventi personalizzati, grazie al progetto di assistenza individuale e integrata di carattere sociale e sanitario. Tutto ciò insieme a importanti misure per scongiurare l’isolamento e la solitudine che troppo spesso caratterizzano la vita delle persone anziane. Per questo incentiviamo la vita attiva, l’attività fisica, il turismo del benessere e “lento”, la socialità e il dialogo con i giovani, promuovendo anche per esempio la coabitazione (cohousing) sia tra senior sia intergenerazionale. Non manca anche una misura per favorire la relazione con animali d’affezione: chi ha basso reddito, e si rivolge a un canile o gattile, potrà essere sostenuto nelle spese veterinarie, dei farmaci e del cibo.

Dalla sperimentazione della prestazione universale si può dedurre che l’indennità di accompagnamento non verrà riformata, mentre si agirà su una quota aggiuntiva. È così? E la quota di 850 euro mensili pensata per gli ultra 80enni gravissimi e con 6.000 euro di Isee rappresenterà il massimo?

Per sgomberare il campo da errori, chiarisco che il governo ha messo in sicurezza chi ha diritto all’indennità di accompagnamento, non toccando né i requisiti né l’entità economica, che attualmente è pari a 531,76 euro. La quota aggiuntiva di 850 euro è avviata in fase sperimentale per il biennio 2025-2026, in favore degli over 80, con Isee fino a 6mila euro e condizione di non autosufficienza gravissima, ma il nostro impegno è di estenderla a molte più persone graduandola in funzione del reddito e dell’intensità assistenziale. Ripeto, il cammino è solo all’inizio e quest’anno servirà anche a predisporre le nuove modalità sperimentali di attuazione in linea con l’innovazione richiesta dal Pnrr.

Ma si prevedono anche forme di semplificazione per la vita degli anziani?

La semplificazione è uno dei pilastri della riforma. Per esempio, un’unica valutazione multidimensionale (Vmu) di base prenderà il posto delle tante valutazioni a cui finora ha dovuto sottoporsi una persona anziana. Una novità che renderà più semplici le procedure per l’accertamento dei bisogni e della condizione di ciascuno, attraverso un unico punto di accesso (Pua), da parte di un’unica unità di valutazione multidimensionale (Uvm), composta da un’equipe integrata sociosanitaria. La valutazione ottenuta sarà digitalizzata e disponibile su piattaforme interoperabili, in linea con quanto previsto in materia di telemedicina e del fascicolo sanitario elettronico.

È importante che la quota aggiuntiva sia legata all’acquisto di servizi certificati o all’assunzione regolare di lavoratori. Vi aspettate che ciò favorisca l’emersione dal nero?

Assolutamente sì, è un’operazione virtuosa anche da questo punto di vista. Il lavoro di cura è tenuto in massima considerazione da questo Governo, poiché rappresenta un valore aggiunto di coesione sociale e culturale ed è importante sostenerlo facendo leva sulla regolarità dei contratti. Per la prima volta, aggiungo, si interviene nel merito della qualità delle prestazioni, introducendo il criterio degli standard formativi per gli assistenti familiari con l’obiettivo della riqualificazione del lavoro di cura.

Alcuni osservatori hanno espresso dubbi: c’è un’effettiva integrazione tra l’assistenza sanitaria e quella sociale? Come verrà potenziata in concreto rispetto agli attuali livelli non certo elevati?

L’integrazione sociosanitaria è il filo conduttore della riforma, che si realizza progressivamente su vari livelli anche istituzionali nella consapevolezza che la materia è scottante perché coinvolge la competenza delle Regioni insieme a compiti di attuazione di livello comunale. Il valore enorme e forse più difficile da comunicare è l’avvio di una governance multilivello che parte dal Cipa (Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana), passando per l’istituzione del Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (Snaa), e il coinvolgimento a livello regionale degli assessorati competenti per poi arrivare ai Comuni, gli Ats e i distretti sanitari. L’integrazione, che è un’innovazione di sistema, non viene lasciata alla buona volontà degli amministratori, ma diventa un obbligo cogente di azione sottoposta a monitoraggio da parte dei ministeri.

Nel decreto ci sono anche misure per l’invecchiamento attivo: vedranno una concreta realizzazione già quest’anno?

Sì, perché l’obiettivo, con la declinazione delle varie misure, è già alla portata dei diversi ministeri coinvolti. Ci vorrà certamente un po’ di tempo per vederne gli effetti, ma è una legge quadro che guarda avanti e punta a cambiare il paradigma culturale, l’approccio alle politiche in favore della terza età. Non una cornice vuota, bensì l’architrave di un nuovo welfare che punta alla realizzazione del diritto delle nonne e dei nonni di oggi e di domani a una vita più dignitosa e, per quanto possibile, serena.

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