sabato 29 marzo 2025
A Padova forum di 600 esperti. Parla il presidente dell'Associazione di psicogeriatria, De Leo: da noi tassi di solitudine doppi rispetto ad altre nazioni europee
Una coppia di anziani

Una coppia di anziani

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In un Paese che invecchia, come l’Italia, le condizioni delle persone anziane dovrebbero costituire una priorità, ma i dati dell’incidenza di patologie psichiche, che spesso hanno anche una ricaduta sul piano fisico, indicano che c’è molto lavoro da fare. «Purtroppo si tratta di un’emergenza oscurata in Italia», osserva Diego De Leo, presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria (Aip), il cui 25° congresso ha radunato per tre giorni a Padova oltre 600 specialisti. A incidere negativamente sulla salute degli anziani come fattore scatenante di molte malattie fisiche e psichiche, fino al suicidio, è la solitudine: aumenta il rischio di demenza del 50% e la pre-mortalità del 30% perché induce una maggiore predisposizione alle malattie cardiovascolari, al diabete, e ad altre malattie gravi. «Sulla base dei dati Eurostat – riferisce il presidente De Leo, professore emerito di Psichiatria – risulta che l’Italia è tra i peggiori in Europa, al punto che potremmo definirlo un Paese ostile agli anziani. Infatti il tasso di solitudine è il doppio rispetto alla media dei Paesi europei: coloro che non hanno nessuno a cui chiedere aiuto sono il 14%, mentre chi non ha nessuno a cui raccontare cose personali il 12%, a fronte di una media europea del 6,1%».

Spesso trascurati, i fattori sociali invece «influenzano la salute – continua De Leo – in misura pari se non superiore alle cure mediche: condizioni economiche, abitative e relazionali. Non tenere in considerazione queste condizioni rappresenta un grave rischio». Infatti il loro impatto, puntualizza, «è paragonabile al tabagismo cronico e all’obesità». A peggiorare le condizioni degli anziani figurano anche altri fenomeni: la discriminazione sulla base dell’età (o “ageismo”, dal termine inglese), lo spopolamento dei centri storici, la chiusura dei negozi di prossimità, il proliferare delle truffe a loro danno. L’esito è l’innescarsi di processi che portano alla depressione e al suicidio: «In Italia il 37% dei suicidi riguarda gli over 65, che però rappresentano solo il 24% della popolazione. Un fenomeno che riguarda in prevalenza gli uomini, chi vive in città e ha più di 80 anni. Le donne si mostrano in media più resilienti».Alcuni Paesi stanno correndo ai ripari, in particolare Regno Unito, Canada, alcuni Stati degli Usa: «Nel Regno Unito si sono accorti – osserva il presidente De Leo – che le persone sole sono gli utenti più frequenti degli ambulatori e dei servizi, e sono quelli che si curano peggio, perché non hanno nessuno che li controlla, interpreta le prescrizioni e ricorda loro di assumere i farmaci. Oltre alla sofferenza psichica, si espongono a una qualità di vita deteriorata. Infine diventano particolarmente costose per il Servizio sanitario nazionale». Il problema è stato affrontato con strategie innovative: «Hanno adottato – riferisce De Leo – le “prescrizioni sociali”, del tutto analoghe a quelle sanitarie, ma rivolte ad attività che hanno come denominatore comune la frequentazione di altre persone e servono a combattere la solitudine: si tratta di corsi di danza, di canto, di pittura, club del libro, giardinaggio, visite turistiche, party settimanali. Il tutto organizzato e accompagnato da assistenti sociali che operano come collegamento tra il medico che prescrive e l’organizzazione che eroga il servizio, che risulta a carico del Servizio sanitario nazionale. Anche l’Australia sta seguendo questo esempio». In Canada e Stati Uniti, «sono state pubblicate Linee guida per combattere la solitudine: ricerche recentemente pubblicate indicano la necessità di considerare persone “a rischio” quelle che possono contare solo su tre persone in tutto, che spesso appartengono alla stessa cerchia».

Primi segnali di un disagio che può determinare depressione e demenza è la qualità del sonno: «Il sonno – spiega De Leo – è la nostra ricarica delle batterie. Come il telefono, se ricaricato male dura meno, il nostro cervello ha bisogno di riposare bene e rispettare le fasi Rem, durante le quali si sogna. La frequenza degli incubi è di oltre tre volte superiore tra coloro che hanno più di 70 anni (6,3%) rispetto agli adulti tra i 50 e i 70 anni (1,8%). Se andiamo incontro a sonni frammentati e a incubi ricorrenti, il disagio diventa ancora più acuto e si passa attraverso fasi di irritabilità, nervosismo, tensione, stanchezza e poi depressione. È stata riscontrata un’associazione con ideazione suicidaria, depressione e stress. Ed esiste una forte correlazione tra incubi e rischio di suicidio».

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