lunedì 10 ottobre 2022
Approvata nell'ultima riunione dell'esecutivo Draghi la legge delega. Ma ora servono il sì del nuovo governo e occorre trovare i fondi necessari a rendere concreto questo cambiamento "epocale"
Persone con disabilità a Roma

Persone con disabilità a Roma - Ansa

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Il Disegno di legge delega sulla non autosufficienza, approvato ieri nell'ultimo Consiglio dei ministri del governo Draghi, è il frutto di un lungo confronto tra il governo e il mondo associativo, coltivato attraverso due commissioni istituite dal ministero del Lavoro, in concerto con quello della Salute, e dalla Presidenza del Consiglio (quest’ultima presieduta dall'arcivescovo Vincenzo Paglia). E soprattutto dell’impegno del Patto per la non autosufficienza che raggruppa ben 52 organizzazioni – dalla Caritas a chi si occupa di Alzheimer e Parkinson – per la prima volta riunite per un’azione comune.

L’obiettivo della riforma è infatti tanto importante quanto impegnativo: migliorare l’assistenza agli anziani elevando la qualità della cura a domicilio, senza però trascurare gli interventi necessari per le strutture di ricovero. E si basa su un doppio asse d’intervento: da un lato unificare le diverse prestazioni in Progetti assistenziali individualizzati (PAI). Dall’altro, sostenere le famiglie che si prendono cura dei nonni. Un cambiamento notevole rispetto alla situazione attuale che vede i nuclei abbandonati a loro stessi, senza supporti né fiscali né pratici, un welfare pubblico del tutto insufficiente e che fa riferimento a enti diversi, lasciando come unica alternativa l’assistenza “privata” di necessità attraverso badanti e colf. Personale non sempre retribuito in maniera regolare e adeguatamente preparato.

Ma come sarebbe possibile imprimere una svolta? La legge delega prevede l’introduzione di un nuovo Sistema nazionale assistenza anziani (SNA) che ricomprende tutte le misure di responsabilità pubblica, sia sociali sia sanitarie, per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, superando l’attuale frammentazione degli interventi, per costituire un unico sistema integrato della non autosufficienza. È previsto, dunque, un incremento delle risorse dedicate – la cui entità per ora è un’incognita – in grado di assicurare adeguati livelli essenziali di prestazioni sia sanitarie (i cosiddetti LEA) sia sociali (LEPS) con un vero e proprio «budget di cura e assistenza». Viene inoltre creato un servizio di Assistenza Domiciliare Integrata sociosanitaria e sociale che unifica e amplia gli attuali servizi di assistenza domiciliare ADI e SAD.

Una delle innovazioni più importanti è poi quella di facilitare il compito di assistenza delle famiglie. E dunque viene progettato un Punto Unico di Accesso, presso la Casa della comunità (le nuove strutture sui territori nei quali il cittadino può trovare informazioni e servizi di assistenza sanitaria) in grado di orientare i caregiver sugli interventi disponibili e sulle pratiche amministrative da svolgere. Informazioni oggi “disperse” tra Asl, Inps, Comuni e Regione. Ma unitaria sarà soprattutto la rilevazione e certificazione dei bisogni della persona anziana, con una sola Valutazione Nazionale di Base (VNB) che assorbirà le diverse valutazioni nazionali oggi esistenti e definirà la possibilità di ricevere le prestazioni statali, mentre una successiva valutazione multidimensionale territoriale, a partire dai dati già raccolti con la VNB, stabilità l’accesso alle prestazioni locali di Comuni e Regioni.

La permanenza a casa degli anziani non autosufficienti è la priorità della riforma. Si prevedono dunque tre mosse per superare le attuali criticità dei servizi domiciliari. Primo, assicurare risposte unitarie da parte di Comuni e Asl. Secondo, offrire un appropriato mix di prestazioni: medico-infermieristico-riabilitative, di aiuto all’anziano nelle attività fondamentali della vita quotidiana e di affiancamento a familiari e badanti. Terzo, garantire l’assistenza per il tempo effettivamente necessario, stabilendone la durata in base ai bisogni di anziani e familiari. Per gli anziani che non possono comunque essere assistiti a domicilio, si punta contemporaneamente a garantire la dotazione di personale necessaria nelle RSA e a migliorare la qualità degli ambienti di vita, privilegiando modelli costruttivi e organizzativi amichevoli, domestici e familiari, promuovendo anche l’integrazione delle Residenze con le comunità locali e con l’intera filiera dei servizi del territorio.

La legge delega prevede poi di sostituire l’indennità di accompagnamento (oggi 525 euro per gli invalidi civili) con la «Prestazione universale per la non autosufficienza» confermandone l’universalismo, ma rimodulando gli importi in base all’effettivo bisogno di assistenza e prevedendo la possibilità di scegliere tra prestazione monetaria o servizi alla persona, incentivando questi ultimi. In questo quadro si colloca all’interno dello SNA anche la figura delle assistenti familiari (le badanti). Prevedendo incentivi economici per lo svolgimento della loro attività in modo regolare e stabilendo un profilo professionale nazionale che individui le competenze necessarie e il relativo iter formativo. Infine, la legge delega, oltre a facilitarne i compiti, mira anche al benessere dei familiari che si prendono cura degli anziani, immaginando misure specifiche di supporto, forme di conciliazione cura-lavoro e tutele previdenziali.

Un cambiamento epocale a cui oggi il governo uscente ha dato ufficialmente il via in extremis. Ora toccherà al nuovo governo confermare l’impianto della delega e poi sottoporla all’esame del Parlamento e infine, entro un anno dal sì delle Camere, emanare i decreti delegati. Un iter dall’esito tutt’altro che scontato, con il nodo delle risorse necessarie (7 miliardi complessivi, in parte coperti dal Pnrr) da iniziare a cercare già dalla prossima Legge di Bilancio.

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