lunedì 15 luglio 2024
Il segretario di Stato Vaticano, in città per l'evento dedicato a santa Rosalia, invita la Chiesa a «favorire percorsi di legalità». E Lorefice mette ancora in guardia dalla cultura mafiosa
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undefined - Ufficio stampa Comune di Palermo

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Il quattrocentesimo Festino di Palermo, nell’anniversario della guarigione dalla peste, in onore di santa Rosalia, la “Santuzza”, patrona della città, ha mandato un chiaro messaggio di speranza e di riscossa. È stata l’edizione dei record e dell’innovazione. Non solo per il numero delle persone che domenica sera si sono assiepate lungo il Cassaro, al passaggio del corteo storico, e al Foro Italico, per assistere ai tradizionali giochi pirotecnici, oltre 350 mila presenze secondo il Comune. Ma anche per l'aggiunta di due carri, oltre a quello tradizionale dedicato a santa Rosalia patrona della città.

Per questa speciale occasione, il segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha presieduto, in Cattedrale, ieri mattina, il solenne pontificale, concelebrato dall’arcivescovo Corrado Lorefice e dai vescovi di Sicilia, la cui conferenza episcopale regionale è presieduta da monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale.

«Vinciamo la rassegnazione, facciamo ricorso alle migliori risorse di mente e cuore – l’invito di Parolin –. Con disinteresse e generosità, si può rendere la città sicura, attenta nella cura delle nuove povertà. Le reliquie di santa Rosalia nel 1624 – ha detto il cardinale – furono portate in processione per la città che fu così purificata e liberata da una grave epidemia di peste. Chiediamoci allora, cari fratelli e sorelle, qual è la peste che avvolge ancora la nostra città che avvolge il mondo, un mondo che ha tanto bisogno di confronto con la verità e con l’esperienza di fede, quindi recuperiamo, anche nelle celebrazioni del Festino, un forte senso di sobrietà evangelica e di servizio che sono i veri valori incarnati da Rosalia. La città di Palermo ha perseguito la giustizia attraverso forme di testimonianza altissima, fino al sacrificio della vita. Qui ci sono i martiri della giustizia, tra i quali il caro don Giuseppe Puglisi». La Chiesa di Palermo, ha quindi sottolineato il porporato, «continui anche adesso ad essere attenta e sollecita nel favorire processi e percorsi atti a promuovere la cultura della giustizia e della legalità, collaborando con le numerose associazioni che operano tra le maglie del tessuto urbano e che sono presenti sul territorio per aiutare la cittadinanza a superare una mentalità che può rischiare alle volte di essere in contrasto con la legalità».

Parole di fiduciosa rinascita che hanno fatto seguito al potente discorso dell’arcivescovo Lorefice, pronunciato il 14 luglio, nella notte del Festino, caratterizzata dalla tradizionale processione. «A chi vogliamo lasciare la nostra città – si interrogava l’arcivescovo –, i nostri quartieri, le nostre case, le nostre strade? A questa nuova peste che sta contagiando i nostri giovani? Si diffonde come cosa ordinaria il consumo di crack e di altre droghe. Gridiamo forte il nostro desiderio di riscatto dalla mafia – proseguiva –. No alla mafia. Sì ai nostri figli. Convertitevi anche voi mafiosi». Infine, monsignor Lorefice ha rivolto il suo appello «ai politici e agli amministratori della città e della Regione, affinché si adoperino concretamente e celermente ad approvare il disegno di legge, nato dalla strada, da incontri fecondi di amore alla città, a Ballarò, per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze patologiche. È passato un anno e ancora nulla».

Lo stesso arcivescovo ha tratteggiato il senso della ricorrenza, ieri sera, nel consueto discorso, rivolto alla città. «Nel suo messaggio (inviato per il quattrocentesimo, ndr) il Papa chiama Rosalia “donna e apostola”. Anzitutto donna. È come se Francesco mettesse la nostra Chiesa e la nostra città davanti a una donna, nelle mani di una donna. Non perdiamo la potenza di questo affidamento, di questo modello. Usciamo insieme dall’idolatria del “maschile”. Questo principio – ha affermato il presule – è il sottinteso della cultura mafiosa, dove le donne devono essere e comportarsi come maschi per valere, oppure devono restare nell’ombra di fronte agli affari veri e seri, quelli in cui bisogna schiacciare l’altro, prevaricare, farsi spazio, approfittare».

Palermo, intanto, continua a vivere le sue ombre e le sue luci. «La notte del 14 luglio, mentre 350 mila persone tra palermitani, turisti e isolani festeggiavano il 400esimo anniversario del ritrovamento delle spoglie mortali di santa Rosalia, ignoti si introducevano nel cantiere del nascente Poliambulatorio di prossimità del quartiere Brancaccio, rubando due prolunghe elettriche di 40 metri, un secchio contenente attrezzature edili e due matasse di filo elettrico da 100 metri ciascuna. Come sempre, non ci lasceremo fermare né intimidire da questi atti indegni. Noi continueremo a portare avanti l’opera del beato Giuseppe Puglisi». Così, in una nota piena di sconforto, Maurizio Artale, presidente del centro “Padre Nostro”.

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