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Il Governo ha approvato, come anticipato ieri, il decreto legislativo sugli anziani che stanzia 1 miliardo in due anni per la riforma dell'assistenza e l'invecchiamento attivo, ma ha dovuto già ridimensionarne alcune voci. «Un provvedimento estremamente innovativo che punta a costruire un nuovo modello di welfare e che permetterà di dare risposte concrete ai bisogni dei nostri oltre 14 milioni di anziani, di cui 3,8 non autosufficienti», ha spiegato la viceministra del Lavoro Maria Teresa Bellucci (Fdi), che ha coordinato la stesura del Dlgs di attuazione della Legge delega, 33/2023 con gli altri ministeri coinvolti, a cominciare da quello della Salute.
La sperimentazione
Il capitolo più innovativo è quello che riguarda la Prestazione universale, che prevede una sperimentazione in vista del ridisegno dell’attuale Indennità di accompagnamento in una prestazione universale per la non autosufficienza. Le risorse limitate e la scelta di non rivoluzionare per il momento l'intero assetto non permettono di realizzare subito l'introduzione di tre fasce di importi diversi e comunque superiori alle attuali 531,76 euro come previsto nella Legge delega. Ma, nel Dlgs approvato, viene prevista la sperimentazione dal 1 gennaio 2025 al 31 dicembre 2026 di una quota aggiuntiva che inizialmente era prevista di 1.000 euro, oltre l'indennità di accompagnamento, spendibile solo in servizi (certificati) alla persona. Nella riunione del Consiglio dei ministri, però, su richiesta della Ragioneria generale dello Stato, la cifra è stata ridotta a 850 euro. «Si passerà da un assegno di accompagnamento oggi pari a 531,76 euro a 1.380 euro, da poter spendere per servizi, cura e assistenza», ha confermato la viceministra del Lavoro Maria Teresa Bellucci. La misura sperimentale riguarderà comunque dall'anno prossimo solo gli ultra 80enni considerati gravissimi e con un reddito Isee di non oltre 6.000 euro.
Per questa misura lo stanziamento previsto sarà di 300 milioni nel 2025 e altrettanti nel 2026. Si stimava dunque, ipotizzando gli inziali 1.000 euro, una platea di beneficiari di massimo 25mila persone, il 2,5% circa degli ultra 80enni che ricevono l'indennità di accompagnamento, l'1,8% degli anziani ultra 65enni sempre già beneficiari dell'indennità. Ridimensionata a 850 euro la quota aggiuntiva, la platea può crescere di qualche migliaio di persone. Ma bisogna tenere conto che nel decreto si prevede, nel caso le domande fossero superiori, che lo stanziamento non potrà aumentare e dunque saranno i singoli importi mensili a diminuire. Si tratta di una scelta molto parziale rispetto all'obiettivo complessivo di ridisegno dell'indennità di accompagnamento così come prevista dalla Legge delega approvata nel marzo dello scorso anno. Si vedranno i risultati della sperimentazione che dovrebbe portare anche, grazie all'incentivazione della spesa in servizi certificati, all'emersione del lavoro nero (oggi più della metà di badanti e personale domestico lavora in nero). In ogni caso, difficilmente la quota aggiuntiva potrà essere in futuro garantita a tutti gli anziani non autosufficienti, altrimenti la spesa aumenterebbe di 16,8 miliardi l'anno. È probabile dunque che in futuro questa possa essere la soglia massima solo per la porzione di popolazione non autosufficiente più anziana e con grado di invalidità più grave. Un altro segnale che sembra emergere è la volontà di lasciare l'indennità di accompagnamento in cifra fissa uguale per tutti (e senza vincoli di utilizzo) e graduare e legare all'utilizzo per i servizi solo la quota aggiuntiva. Quest'ultima è revocabile (e da restituire) se non utilizzata per contratti regolare di lavoro di personale domestico o di imprese specializzate nell'assistenza.
L'invecchiamento attivo
Nel decreto gli articoli 5 e 6 sono poi dedicati alle misure per l'invecchiamento attivo sia nei luoghi di lavoro sia nella società in generale, in particolare mediante la promozione dell’impegno delle persone anziane in attività di utilità sociale e di volontariato: dall'agricoltura sociale all'insegnamento e testimonianza nelle scuole. È prevista anche la promozione di nuove forme di «coabitazione solidale per le persone anziane (senior cohousing) e di coabitazione intergenerazionale, in particolare con i giovani in condizioni svantaggiate (cohousing intergenerazionale)», ha spiegato la sottosegretaria all'Economia Lucia Albano. «Verranno promosse - spiega ancora la sottosegretaria - nuove forme di domiciliarità e di coabitazione sociale domiciliare attraverso meccanismi di rigenerazione urbana e riuso del patrimonio costruito, secondo criteri improntati alla mobilità e accessibilità sostenibile nonché all'efficientamento energetico. Vi saranno appositi progetti pilota e le Regioni potranno utilizzare anche i Fondi di coesione, disponendo di un numero sufficiente di risorse. Questo tassello costituisce un passaggio in più verso un nuovo abitare sociale, che si unisce a quanto già previsto con la legge di bilancio per il rilancio di nuovi modelli di edilizia residenziale popolare e che vedrà protagonista la valorizzazione degli immobili pubblici e la cooperazione con il privato».
Aiuti per gli animali domestici
Incentivi sono previsti anche per la mobilità degli anziani e la "pet therapy". L'articolo 13 infatti stabilisce che "le regioni, per il triennio 2024-2026, promuovono la realizzazione di progetti che prevedano la corresponsione di agevolazioni per le spese medico-veterinarie" o "alimentari, per incentivare l'adozione di cani ospitati nei canili rifugio e dei gatti ospitati nelle oasi feline da parte delle persone anziane con un nucleo familiare composto da una sola persona e in possesso di un Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) in corso di validità non superiore a euro 16.215".
L'impianto della riforma
Più in generale il provvedimento approvato dal Governo segna l’avvio della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, attesa da oltre 20 anni nel nostro Paese. Un provvedimento «con cui si garantirà agli anziani il diritto di poter continuare a curarsi nella propria casa», aveva detto mercoledì la Presidente del Consiglio. Il sostegno alle cure domiciliari è infatti un punto centrale del progetto.
Il “cuore” della nuova struttura è l’introduzione dello Snaa (Sistema Nazionale per la popolazione Anziana non Autosufficiente) che provvede alla programmazione e alla condivisione di tutti gli interventi di natura pubblica in materia sociale, sanitaria. Occorrerà verificare però l’effettivo perimetro delle competenze integrate che potrebbero essere limitate all’ambito dei soli servizi sociali. Altro punto premiante della delega e del Dlgs dovrebbe essere la semplificazione e il governo unitario dei percorsi di presa in carico dei bisogni di anziani e famiglie. Anche in questo caso, la costruzione pratica del nuovo sistema resta da valutare nei tempi e nei modi.
C’è poi la questione centrale dell’assistenza domiciliare. La delega prevedeva l’introduzione di un modello specifico per la condizione di non autosufficienza dell’anziano. Nelle ultime bozze del Dlgs, però, complici le risorse limitate si stabilirebbe solo il coordinamento tra interventi sociali e sanitari degli attuali servizi domiciliari senza specificare la durata della presa in carico degli anziani e il coinvolgimento di diverse professioni. Anche sulla residenzialità il decreto attuativo risulterebbe parziale rispetto alle previsioni della Legge delega, sempre a causa delle risorse per ora limitate a “oltre 1 miliardo” rispetto ai 5-7 miliardi stimati quale costo complessivo della riforma.
«Siamo orgogliosi della riforma - ha detto la premier Giorgia Meloni -. Come promesso abbiamo approvato un decreto legislativo attuativo del Patto per la Terza Età: è una riforma che l'Italia aspettava da più di 20 anni, solo una tappa di un percorso che andrà avanti per tutta la Legislatura».