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La vita è sempre un bene. Avviare processi per una pastorale della vita umana (pp. 40, LEV 2025) è un sussidio pastorale pubblicato dal Dicastero per i Laici la Famiglia e la Vita in occasione del 30° anniversario dell'enciclica "Evangelium vitae" di san Giovanni Paolo II. Con Prefazione del cardinale Kevin Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, il sussidio si articola su 10 capitoli di agile lettura e, grazie a schemi grafici e consigli pratici, propone come applicare il metodo sinodale del discernimento nello Spirito ai numerosi temi legati alla vita umana per difenderla, custodirla e promuoverla nei vari contesti geografici e culturali, in un tempo di gravissime violazioni della dignità dell’essere umano. Il testo, per i vescovi e per la formazione di operatori, educatori, insegnanti, genitori, giovani e bambini al rispetto del valore di ogni vita umana, è scaricabile gratuitamente sul sito www.laityfamilylife.va in 5 lingue (Italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese).

La recente pubblicazione del sussidio La vita è sempre un bene. Avviare processi per una Pastorale della Vita umana del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita è rivolta alle conferenze episcopali, alle diocesi e alle parrocchie di tutto il mondo per provare a costruire nelle comunità ecclesiali una Pastorale per la Vita. Ovunque esistono i movimenti pro-Life e le Giornate per la Vita che svolgono un’azione civile, politica e culturale, ma non basta. La pastorale è un’azione ecclesiale della comunità cristiana, che coinvolge laici e pastori e che la Chiesa non può delegare ad altre istituzioni.
Alle comunità cristiane, infatti, è stato affidato il Vangelo della Vita, che è il cuore del messaggio sulla dignità infinita di ogni persona umana, inalienabile al di là di ogni circostanza, in qualunque stato o situazione si trovi, dal momento del concepimento alla morte naturale (cf. Dignitas infinita, 1). Come tale questa dignità va sempre annunciata, custodita, difesa. Eppure, ascoltando i vescovi e tante realtà ecclesiali con cui siamo venuti in contatto in questi anni, ci siamo resi conto che nonostante la diffusa preoccupazione per le gravi violazioni della vita umana, nelle Chiese particolari non esiste una “pastorale per la vita”.
Come cristiani lo sappiamo: «La vita è sempre un bene», scriveva san Giovanni Paolo II in Evangelium vitae trent’anni fa. Ma nel 2024 il Dicastero per la Dottrina della Fede ha dovuto ribadirlo con chiarezza con la Dichiarazione Dignitas infinita (DI), perché in questo mondo devastato da guerre e violenze forse non è poi scontato che si oppone alla dignità umana tutto ciò che è contro la vita ma anche che si oppone alla vita tutto ciò che è contro la dignità della persona. Proviamo a chiederci: che cosa è contro la vita oggi nel senso comune più diffuso? L’aborto, la guerra, l’eutanasia, lo scarto dei disabili e degli anziani, il suicidio assistito? Siamo convinti che tutte queste pratiche siano contro la vita? Siamo d’accordo sul fatto che uccidere un bambino nel ventre di sua madre sia un delitto tanto quanto uccidere una donna? O che lasciar morire di fame popolazioni intere è grave quanto una guerra o un genocidio?
Nell’indifferenza etica del nostro tempo, quella che ci permette di chiamare “diritto” il delitto, riusciamo ancora ad ascoltare nel nostro cuore la domanda di Dio a Caino: «Che hai fatto del tuo fratello?». Perché l’insegnamento cristiano è molto chiaro, non lascia spazio a sfumature quando si esprime sul valore di ogni vita umana. Dignitas infinita, che attualizza il messaggio di Evangelium vitae, non solo rispiega perché la dignità dell’uomo vada sempre rispettata, ma allarga lo sguardo a situazioni sociali rispetto alle quali sembra che non siamo capaci di vedere che sono violazioni della dignità e della vita delle persone: penso alle nuove forme di povertà relazionale, al travaglio disumano dei migranti, alla violenza sulle donne e sui bambini, al suicidio dei minori, che costituisce la seconda causa di morte tra i giovani nel mondo, dopo gli incidenti stradali; o agli abusi sessuali nel mondo digitale: 22.000.000 di immagini pedopornografiche che girano sul web ogni anno, senza confini geografici, in ogni cellulare che riescono a raggiungere.
Sappiamo che è doveroso soccorrere tanta solitudine, disperazione e vuoto spirituale, ma la complessità dei problemi a volte paralizza. Sondaggi anonimi in varie realtà ecclesiali evidenziano che tra i fedeli emergono grandi difficoltà rispetto alla capacità di formulare un giudizio etico adeguato, per esempio di fronte allo spreco di embrioni umani o al valore della vita di un malato in stato vegetativo persistente. Considerazioni di tipo utilitaristico prevalgono quando si devono compiere scelte che hanno implicazioni etiche all’interno delle famiglie. Penso all’aborto, a quanto è ormai praticato, specie in presenza di diagnosi di malattia fetale; o all’uso diffuso della fecondazione in vitro, che comporta lo scarto di migliaia di vite appena concepite; o all’abbandono degli anziani. Il valore della vita non è un valore solo cattolico ma laico, cioè universale, ed è indisponibile, nessuno ne può disporre, nemmeno il soggetto che ne è titolare. Oggi facciamo fatica a capirlo in un mondo che ci confonde rispetto al fatto che ogni vita umana sia davvero sempre un bene. E sappiamo ormai che questa confusione è segno di una pericolosissima crisi del senso morale, sempre più inca-pace di distinguere tra il bene e il male (DI,47): che non sono due poli opposti tra i quali possiamo oscillare con indifferenza, come fossero due valori, uno positivo e l’altro negativo. Solo il bene, infatti, ha consistenza e valore, il male è mancanza del bene, non un po’ di bene.
Come ci ricorda papa Francesco, non dobbiamo imporre norme ma trasmettere valori, saperli argomentare nella loro verità, mostrarli nella loro bellezza. È anche questa la missione pedagogica della Chiesa. Da dove cominciare, allora? Il sussidio propone una metodologia per aiutare le diocesi e le parrocchie a costruire al proprio interno una “intelligenza ecclesiale”, ossia una capacità di attivare “processi trasformativi” delle persone nella loro consapevolezza di avere una vocazione nella Chiesa, una chiamata a impegnarsi “per la vita”. Bisogna saper discernere, condividere, trasformare la mente e i cuori dentro e fuori le parrocchie, non solo dei laici, ma anche dei pastori, perché si sentano sostenuti, incoraggiati, motivati a lavorare su questo fronte della vita, al di là dei mille altri impegni che il ruolo impone. In questo senso, il sussidio invita a costruire una pastorale organica e strutturata, capace di formare operatori, educatori, insegnanti, genitori, ragazzi e bambini, ma anche pastori e seminaristi, religiosi, diaconi e consacrati a saper trasmettere il rispetto del valore della vita.
La maggioranza delle conferenze episcopali, per esempio, ma anche alcune diocesi, sono dotate di un ufficio o di una Commissione dedicata alla Famiglia e alla Vita, ma non è facile passare dalla riflessione teorica all’azione pastorale. Insomma, non basta istituire una commissione. Serve una “intelligenza ecclesiale comunitaria”: a tal fine, il sussidio spiega come applicare lo strumento del discernimento sinodale della «conversazione nello Spirito» per condurre fedeli e pastori ad “avvertire” le sfide e avviare processi di soluzione, individuando le priorità su temi, modalità di formazione, azione pastorale. Occorre stimolare la riflessione con un metodo induttivo, partendo dalle domande che nascono nella vita pratica delle persone. Servono chiarezza e un linguaggio semplice, che mostri la potenza del messaggio cristiano sui temi della vita. Il fine è far sì che tutti ci sentiamo chiamati a offrire un contributo per saper difendere, promuovere, servire ogni vita umana: che non significa solo “non uccidere”, ma anche creare quelle condizioni affinché ogni persona possa raggiungere la pienezza di vita a cui è chiamata dall’Amore di Dio.
*Sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita