«È del tutto evidente che ci troviamo di fronte a una sentenza ideologica, che vuole scavalcare il Parlamento e che, soprattutto, non guarda al bene della bambina».È severo ma non sorpreso, il commento del vice-presidente dei Giuristi cattolici, Giancarlo Cerrelli, alla sentenza del Tribunale dei minorenni di Roma, che ha riconosciuto l’adozione di una bambina di cinque anni da parte di una coppia di lesbiche. «In qualche modo me l’aspettavo», aggiunge con amarezza.
Sulla base di quali segnali?A febbraio del 2013 la Grande Chambre di Strasburgo aveva ammesso l’adozione da parte di una coppia gay e lo stesso ha fatto, nel novembre dello stesso anno, il Tribunale di Bologna. Commentando quei fatti dissi di temere che potessero costituire un precedente. Purtroppo non mi sbagliavo.
Dal punto di vista del diritto, che cosa cambia adesso?Quella del Tribunale romano è senz’altro un’interpretazione maldestra della legge sull’adozione che, soltanto in casi particolari, prevede l’adozione “mite”, forma utilizzata in questo caso. Il fine dell’adozione, però, è dare una famiglia, un padre e una madre, a un bambino che non l’ha e non soddisfare i desideri degli adulti. E soprattutto è necessario, ancora una volta ricordare, che il desiderio non crea il diritto.
Questa sentenza costituisce un precedente?Certamente è una sentenza ideologica e una tappa del progetto pilota per introdurre l’adozione dei minori da parte delle persone omosessuali nel nostro ordinamento. Potrebbe aprirsi un vulnus, che richiede una riflessione: una cosa è l’opinione, pur rispettabile, di un giudice. Altro è, invece, la riflessione del Parlamento, che rappresenta il popolo.
La strada tracciata è irreversibile?Spero che, come nel caso di Bologna, anche questa volta qualcuno impugni una sentenza dettata dall’ideologia del gender, che mira all’indifferenziazione sessuale e a piegare i diritti, anche quelli dei bambini, ai capricci degli adulti.