L'incontro con gli studenti del liceo Curie di Meda (Monza) - Ufficio stampa Istituto Auxologico
«Dietro a un disturbo alimentare e della nutrizione (Dan), si cela una sofferenza di natura psicologica e psichica. I sintomi della sua manifestazione sono l’alterazione del rapporto con il cibo e il corpo», spiega Emanuela Apicella, psichiatra dell’Unità operativa di Riabilitazione dei Disturbi alimentari e della nutrizione di Auxologico Piancavallo (Verbania).
Invitata dal Liceo M. Curie di Meda (Monza e Brianza), è intervenuta al progetto “Promozione Salute” organizzato con il doppio obiettivo di sensibilizzare gli alunni e i docenti sul tema dei disturbi del comportamento alimentare e di attuare un intervento di prevenzione tra i ragazzi.
«Ogni anno in Italia più di 4 milioni sono affetti da un dan e circa 3mila muoiono - continua Apicella -. Se, però, questi disturbi vengono identificati tempestivamente e si attuano contesti di cura multidisciplinari, in cui intervengono psichiatri, internisti, nutrizionisti e psicoterapeuti, è più alta la possibilità di guarire».
L’incontro, che Auxologico realizzerà prossimamente anche al don Milani di Meda e nei licei Volta e Gallio di Como, ha visto una grande partecipazione di studenti del II e III anno, che hanno rivolto domande sui quadri clinici, le cause dei disturbi e i diversi tipi. «È difficile comprendere bene il tema, perché a volte viene banalizzato. I campanelli di allarme sono vari e sia in famiglia che a scuola è necessario imparare a coglierli».
Il rapporto col cibo cambia, perché si passa a eliminare alcuni alimenti ritenuti troppo calorici o a mangiare in modo sconsiderato, ma ci sono anche altri comportamenti compensatori che mirano al controllo del peso. «Un ragazzo colpito da un disturbo alimentare, infatti - chiarisce la dottoressa dell’Auxologico - può manifestare comportamenti che sono volti a contrastare l’aumento di peso, come il vomito autoindotto o l’iperattività motoria; controlla di continuo il conteggio calorico; riduce al minimo le sue relazioni sociali e parla sempre meno. Il sintomo alimentare relega in una condizione di solitudine assoluta: la persona giovane si ritira dai legami e si chiude in sé stessa, rendendosi inaccessibile».
Eppure, i genitori, i professori e gli amici devono farsi avanti. «Il silenzio va infranto, non è mai la strada da prendere, perché essere fuori dal legame relazionale è proprio ciò di cui il disturbo alimentare si nutre».
La pandemia da Covid-19 ha colpito particolarmente la popolazione giovanile, che ha un bisogno fondamentale del confronto tra pari e della socializzazione per poter strutturare la propria identità. Fino al 2020, la fascia di età più comune per l’esordio di un disturbo alimentare era quella degli adolescenti fra i 15 e i 17 anni, ora ci sono manifestazioni anche tra gli 8 e 10.
«La sensibilizzazione nelle scuole può permetterci di identificare i casi il più precocemente possibile - conclude la psichiatra -. Bisogna attuare interventi di sensibilizzazione, prevenzione e formazione. Se anche i pediatri e i medici di base sono ben formati su queste patologie, riusciremo a fare prima la diagnosi e avremo più probabilità di prognosi favorevole e di guarigione».