Dal mondo dell’azzardo arrivano purtroppo due bruttissime notizie. Entrambe frutto del "nuovo corso" dei Monopoli, tornati in sconcertante allineamento alle pretese della variegata (e anche multinazionale) lobby di Bisca Italia. Lunedì 31 maggio è stato diffuso il concept "Disegniamo la Fortuna" e in contemporanea si è svolta la "giornata dell’ascolto" (Open Hearing) di Adm: per modernizzare l’offerta popolare di gambling. La prima iniziativa è un bando riservato al Terzo settore impegnato per le persone diversamente abili: il concorso di idee per un’opera artistica che contrassegni l’iconografia dei biglietti delle lotterie, a cominciare dalla Lotteria Italia. Per riabilitare l’immagine del "gioco lecito" s’invitano dunque pittori, disegnatori e creativi diversamente abili a "contribuire alla creazione dei biglietti relativi al più noto e rilevante evento ludico con vincita in denaro, la Lotteria Nazionale ad estrazione differita". Ovvio che si proseguirà con le altre, cioè con tutte le forme che prevedono di stampare, a colori, figure accattivanti e ottimistiche: su cartoncini da grattare, "per vincere". Con questa iniziativa – annunciano i Monopoli – si punta al "coinvolgimento della società civile e dei suoi corpi intermedi, specialmente nei settori in cui maggiore è l’impegno civico e sociale a difesa dei valori costituzionali dell’eguaglianza sostanziale e della solidarietà sociale" (si noti che la "fortuna" dispensata dal caso viene elevata a strumento di realizzazione dei princìpi costituzionali!). E perciò "ponendone in ulteriore evidenza l’impegno creativo, il valore culturale e le potenzialità socio-economiche e perseguendo l’obiettivo ultimo di promuovere contenuti artistici elaborati in tali contesti presso un parterre non convenzionale, veicolandone la conoscenza verso la platea del pubblico afferente al mercato del gioco lecito". Una prosa tanto leziosa e involuta rivela comunque l’obiettivo: associare l’azzardo di Stato alla solidarietà.
La seconda "innovazione" è persino più becera: la disseminazione di una miriade di sale d’azzardo polifunzionali nei quartieri delle città. Come l’Araba Fenice, risorge dalla cenere una vecchia "bozza" che prevedeva di ricollocare le slot machine in spazi con "immagine coordinata" (layout) distinti dal bancone dei caffè. Sempre nel tessuto delle città, ma con replica efficace delle vetrofanie, degli arredi, dei suoni e dei modi degli esercenti. In una parola, con il franchising, come nelle catene di negozi monomarca di abbigliamento. Qui la retorica ricorre smaccatamente alla terminologia del marketing: "riorganizzazione del retail" (distribuzione al dettaglio) attraverso la rete di «<gaming hall».
Detto in termini naturali: vendita capillare del gioco d’azzardo attraverso sale dedicate a scommettere, inserire denaro nelle slot machine e versarlo nelle lotterie. Ma, attenzione, si scrive gaming, dunque di gioco nel suo significato ludico, mentre invece si tratta di gambling, cioè di azzardo. Si parla di hall, sala, e non di bisca, come in effetti è.
Insomma, si annunciano e si propagandano belle sale da gioco, pulite, ordinate, 'sicure', sorvegliate. E se questo maquillage lessicale non dovesse sciogliere perplessità e resistenze delle comunità locali, ecco l’incentivo: una quota delle entrate statali da girare per 'ristori' a Regioni e Comuni. Il gioco d’azzardo penalizzerà persone, famiglie e comunità, aggravando esclusione sociale, conflitti familiari, portando un po’ di criminalità in più, precipitando una certa fascia di persone in stato di dipendenza... Ma nessuna paura, si provvederà, appunto, con parziali indennizzi, con quei 'ristori' ormai entrati nel lessico familiare degli italiani nei lunghi mesi della lotta contro il coronavirus.
L’azzardo, inoltre, beneficerà - pensate un po’ - di attenzione nel Pnrr, con incentivi e sovvenzioni per la ripartenza. E c’è un ultimo, significativo dettaglio. L’attacco costante e sempre più deciso alle leggi regionali di contenimento dell’invasione di slot machine nelle città (Piemonte, Lazio, Lombardia ecc.) e ai regolamenti comunali su distanze e orari. In questi giorni viene mosso dal piccolo mondo dei vecchi distributori, istallatori e manutentori delle macchinette mangiasoldi. Curioso particolare: ormai condannate alla scomparsa, queste piccole ditte degli 'apparecchi' lavorano per... il re di Prussia. Come la bassa forza di un esercito, destinata a essere sostituita dai reparti di élite con ben altra potenza di fuoco.
È naturale che il mondo del volontariato vero, della solidarietà senza conflitti d’interessi, delle Caritas, delle Fondazioni Antiusura, degli operatori rigorosi nel contrasto alle dipendenze non possano far passare sotto silenzio questo ennesimo capitolo dell’impostura programmata dalle major dell’azzardo e di nuovo sostenuta dai Monopoli. Ma il Parlamento e il governo Draghi si sono già arresi alla lobby?