In democrazia la politica è fatica, il dialogo tra diversi è un dovere
sabato 29 marzo 2025

La sorpresa di molti alla notizia che la presidente del Consiglio sarebbe intervenuta al Congresso nazionale di Azione la dice lunga sullo stato della politica in Italia. Nella vituperata prima Repubblica, per carità piena di vizi e che morì sbriciolata sotto il maglio di un’offensiva giudiziaria senza precedenti (summum ius, summa iniuria), tra avversari politici - perfino quando si stava insieme al governo - ce le si suonava di santa ragione, ma il dialogo diretto era la norma. Di più, la prassi della democrazia. Magari non c’era l’invito a congresso (con l’eccezione del Partito Radicale di Marco Pannella che invitava tutti, anche il Msi di Giorgio Almirante), ma le assise degli altri partiti erano seguite con attenzione, commentate, rispettate e pure criticate, attaccate, demolite. Mai in 280 caratteri, però. Anzi, con argomentazioni perfino troppo complesse e noiose, non di rado strumentali e ideologiche, ma senza i toni da curva calcistica ai quali siamo abituati sui social. Perché la politica, in democrazia, è fatica. È la maggioranza che governa e non “comanda”. È l’opposizione che propone e non dice sempre no, come se fosse un dovere. Un dovere, piuttosto, sarebbe l’ascolto reciproco. Discutere non fa mai male. Al massimo aiuta a conoscere meglio le questioni su cui tutti, qualunque sia la loro posizione in Parlamento, sono chiamati a esprimersi. «Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare», scrisse Luigi Einaudi in una delle sue “Prediche inutili”. Una lezione di 70 anni fa, eppure attualissima.

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