Meno mercato e più prevenzione per evitare lo spreco di farmaci
venerdì 22 novembre 2024

Con notevole ritardo rispetto agli anni precedenti, l’Aifa (Agenzia italiana del Farmaco) ha pubblicato il Rapporto nazionale 2023 riguardante l’uso dei farmaci in Italia. Si tratta di un volume di 784 pagine che riguardano la spesa e il consumo dei farmaci a livello nazionale e regionale, nonché il dettaglio relativo alle diverse classi terapeutiche e degli indici che si riferiscono alla aderenza e persistenza nel trattamento cronico dei farmaci. È assolutamente impossibile anche solo riassumere la quantità di dati disponibili. Mi limiterò perciò a descriverne alcuni di interesse generale, con qualche considerazione.

La spesa totale per farmaci nel 2023 è stata pari a 36,2 miliardi di euro con un aumento rispetto al 2022 del 6,1%, un notevole mercato che rappresenta l'1,9% del Prodotto interno lordo. Il 68,7% della spesa totale, pari 24,9 miliardi di euro, è a carico del Servizio sanitario nazionale, con un aumento del 5,7% rispetto all’anno precedente. Va sottolineato che la spesa per il farmaco rappresenta circa il 19% di tutta la spesa sanitaria italiana riguardante personale, edilizia, attrezzature e consumi. Ogni cittadino in Italia utilizza 18 confezioni all’anno, che rappresentano una media di 1.128 dosi per 1.000 abitanti al giorno, per un totale di 1,9 miliardi di confezioni dispensate. I maschi hanno una esposizione al farmaco del 63% contro il 72% nelle femmine. Il consumo dei farmaci cresce con l’età della popolazione e riguarda circa il 60% per la fascia d’età superiore ai 64 anni. Esistono anche differenze poco comprensibili a livello regionale. Basti pensare che il Nord spende 295,6 euro pro capite, mentre il Centro ne spende 306,2 e il Sud ben 324,5.

Le differenze regionali riguardano anche l’acquisizione dei farmaci, la rimborsabilità, l’esenzione dal pagamento del ticket, l’uso dei farmaci equivalenti.

Il confronto internazionale in termini di spesa per i farmaci relativa al Pil non è molto favorevole al nostro Paese, perché a fronte del ricordato 1,9% italiano la Gran Bretagna spende l’1,1%, la Germania l’1,4 e la Francia l’1,5%.

Siamo anche uno dei Paesi con la più alta utilizzazione di farmaci orfani, che tuttavia sono solo 146 per circa 7.000 malattie rare, con una spesa di circa 1,9 miliardi di euro.

È molto strano che in tutto il volume non esista alcun capitolo dedicato agli effetti collaterali o tossici dei farmaci, che dovrebbero venir raccolti e catalogati quando il nuovo farmaco entra in clinica.

Le considerazioni che si possono fare sul consumo di farmaci del 2023 non sono molto diverse da quelle fatte negli anni precedenti. Abbiamo troppi farmaci per ogni indicazione terapeutica. Decine di princìpi attivi per ipertensione, diabete, tumore, senza che vi sia alcun confronto perché non è richiesto dalla legislazione. Così la prescrizione dipende solo dalle impressioni che evidentemente facilitano l’industria farmaceutica. Tutto, infatti, finisce per basarsi sulle capacità di marketing, perché tutte le informazioni vengono fornite dall’industria ai medici, che vengono “invitati” a congressi nazionali e internazionali. È l’industria che sostiene le società scientifiche e perfino molte delle associazioni degli ammalati. Manca completamente una informazione indipendente, e trovo vergognoso che non venga richiesta dagli Ordini dei medici.

Sono 30 anni che non viene rivisto in modo sistematico il Prontuario terapeutico nazionale. Risparmiare qualche miliardo sarebbe un gioco da ragazzi. Non si capisce ad esempio perché tutti i farmaci antitumorali debbano costare più dei farmaci per altre malattie. Gli italiani, a differenza dai tedeschi, degli inglesi e dei francesi, hanno poca fiducia nei prodotti cosiddetti generici ed equivalenti e così sprecano più di un miliardo all’anno, come pure ne sprecano quasi 5 per acquistare integratori alimentari che, insieme a una molteplicità di altri prodotti inutili, arricchiscono le farmacie diventate ormai, anziché fonti di informazioni, dei supermercati.

Abbiamo già citato fonti di disuguaglianza per quanto riguarda spese e consumi a livello regionale, ma non viene proposto nulla per porvi rimedio. Un grave problema, a cui l’Annuario Aifa non fa alcun cenno, è la mancanza di attenzione al fatto che le femmine ricevono farmaci studiati solo nei maschi adulti, mentre le stesse malattie sono diverse per sesso in rapporto con la frequenza, i sintomi e gli esiti. Non solo: i farmaci vengono assorbiti, metabolizzati ed eliminati in modo diverso, come pure i target possono essere diversi in rapporto al sesso. Così somministriamo farmaci alle donne senza sapere se sono attivi, mentre sappiamo che le donne hanno almeno il 40% di effetti tossici in eccesso rispetto ai maschi.

I dati sui farmaci dovrebbero ispirare il Ssn a realizzare una grande rivoluzione culturale per cambiare il paradigma della medicina: dal mercato alla prevenzione. Infatti solo la prevenzione è in conflitto di interessi con il mercato, perché le buone abitudini di vita, oltre che essere una forma di “sano egoismo”, liberano il Ssn da inutili interventi. Ci lamentiamo dalle liste d’attesa, ma dipendono da noi. Se avessimo la consapevolezza che molte malattie dipendono da noi, e perciò sono evitabili, il Ssn non avrebbe bisogno di altre risorse economiche. Mi auguro allora che il nuovo Annuario sui farmaci rappresenti per politici, medici e cittadini un elemento di riflessione per capire lo spreco di farmaci e di conseguenza diminuirne la spesa e i consumi.

Fondatore e Presidente Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs

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