“Abbiamo scoperto, smantellato e catturato una banda fascista che pianificavano un golpe contro la società e la democrazia venezuelana”. Nicolás Maduro, in diretta tv, ha tuonato contro un ennesimo intento di «assassinarlo» e «destituirlo», orchestrato dal leader dell’opposizione Juan Guaidó con «la complicità di Cile, Colombia e Stati Uniti». Stavolta i ribelli avrebbero cercato di liberare Raúl Isaías Baduel, ex ministro della Difesa, in cella dal 2009 dopo aver preso le distanze da Hugo Chávez e considerato dal fronte anti-bolivariano un prigioniero politico. «Volevano insediarlo al mio posto», ha accusato Maduro.
Al di là della retorica e delle denunce più o meno fantasiose, è evidente che il fantasma del golpe agita i sonni del leader di Miraflores. Il malessere nelle caserme è reale. Venerdì scorso, poco prima che l’alto commissario Onu, Michelle Bachelet, lasciasse Caracas, sono stati arrestati dai servizi, senza mandato, i colonnelli in pensione dell’Aviazione, Miguel Castillo Cedeño e Francisco Torres Escalona, il capitano Rafael Acosta Arévalo, il generale dell’Aviazione, Miguel Sisco Mora, due funzionari della scientifica José Valledares e Miguel Ibarreto. Sono state le ultime di una lunga serie di detenzioni: negli ultimi due anni oltre cento vertici militari sono stati incarcerati. Un altro segno eloquente della tensione sotterranea è stata la sospensione, lunedì, della celebrazione dell’anniversario della battaglia di Carabobo. Maduro ha tenuto un breve discorso da un podio distante dai soldati e circondato dai propri miliziani.