venerdì 28 marzo 2025
La segretaria alla Sicurezza Noem ha posato di fronte a 238 venezuelani deportati: «Venite nel nostro Paese illegalmente? Finirete così». I disegni sulla pelle come prova di appartenenza alle gang
Il polemico scatto di Kirbi Noem al Cecot

Il polemico scatto di Kirbi Noem al Cecot - Ansa

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Kristi Noem ha scelto lo sfondo con cura: una delle maxi-celle dove decine di detenuti restano ammassati 24 ore al giorno. Alle spalle, dietro le sbarre, spunta un gruppo dei 238 venezuelani deportati in Salvador il 16 marzo, con le teste rasate e senza maglietta, in modo da mostrare i tatuaggi. Un dettaglio quest'ultimo non casuale: i disegni sulla pelle - secondo le accuse di familiari e organizzazioni per i diritti umani - sono stati esibiti come "prova" dell'appartenenza dei migranti alla gang Tren de Aragua. Con un berretto calato sul volto e al polso un orologio di lusso in bella vista, la ministra alla Sicurezza Usa si è piazza davanti alle sbarre per registrare il proprio video-messaggio subito diffuso su X: «Se venite nel nostro Paese illegalmente, questa è una delle conseguenze che potrebbe accadervi. Sappiate che questa struttura è a nostra disposizione e non esiteremo a utilizzarla se commetterete crimini contro il popolo statunitense». Poi, guardando fisso verso la camera, ha concluso: «Se non ve ne andrete, vi daremo la caccia, vi arresteremo e vi metteremo in questo carcere salvadoregno». La prigione in questione è il Cecot, il maxi-penitenziario anti-terrorismo, offerto dal presidente Nayib Bukele all'alleato Donald Trump al costo di 20mila dollari l'anno per detenuto. Non è, però, solo una questione di soldi. Il leader salvadoregno, che ha messo in carcere l'1 per cento della popolazione e governa in permanente stato di emergenza, sa che "l'amicizia" del vicino è preziosa. Da qui l'accordo di cooperazione in materia di sicurezza firmato con Noem appena dopo il video. Quest'ultimo ha aggiunto nuove polemiche a una vicenda già incandescente. L'espulsione dei venezuelani è avvenuta nonostante lo stop dei giudici e senza fornire segni concreti del legame dei deportati con il Tren de Aragua.



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