Il primo problema di Angela Merkel, in questo trionfale lunedì mattina, è stato che vestito mettersi. «Questa mattina – racconta ai reporter accorsi numerosi alla sua prima conferenza stampa ufficiale dopo il voto, alla Konrad-Adenauer-Haus – mi sono trovata di fronte al mio guardaroba. Ho pensato: rosso meglio di no. Verde brillante non va, ieri ho messo il blu. Che faccio? Ho deciso qualcosa di neutro», e indica la sua giacca verde scuro con riflessi blu, mentre i cronisti ridevano.
La storia delle giacche, ovviamente, ha un’allusione politica. Perché nel day after del suo trionfo, che, titola Le Monde, ha fatto del cancelliere «il capo dell’Europa», si apre il balletto delle possibili (non molte) coalizioni di governo. Il tutto mentre sono stati pubblicati i risultati definitivi delle elezioni, per la precisione Cdu/Csu 41,5%, Spd 25,7%, Liberali 4,8%, Die Linke (estrema sinistra) 8,6%, Verdi 8,4%, Alternative für Deutschland (euroscettivi) 4,7%. La Cdu/Csu ha mancato la maggioranza assoluta per cinque seggi, 311 su 630 in totale. I socialdemocratici ne hanno 192, Die Linke 64 e i Verdi 63. Per la prima volta dal dopoguerra, niente liberali. Una prima analisi del voto, illustrata ieri dai vari istituti, rivela che per il 40% degli elettori di Cdu e Csu ha indicato Merkel il fattore decisivo per la scelta del voto. «Quello che abbiamo ottenuto ieri (domenica, ndr) – ha ribadito il cancelliere – è un risultato straordinario. Ora la Germania ha bisogno di un governo stabile. E noi assolveremo questo compito».
Ieri mattina si sono riuniti i vertici dei vari partiti. Atmosfera, ovviamente, di festa, con applausi in quello della Cdu. In casa del cancelliere si è cominciato, a parlare di possibili alleanza, anche se Angela Merkel, fedele al suo stile, mostra di non avere fretta. «La Costituzione non indica un limite per le consultazioni, e io preferisco fare le cose per bene alla fretta». Il nuovo Bundestag, per la cronaca, si riunirà solo il 22 ottobre. I vari analisti dei giornali non immaginano un governo prima di metà novembre. Intanto, il vecchio esecutivo va avanti.
Una cosa però è certa: già alle nove del mattino di ieri è squillato il telefono di Sigmar Gabriel, il leader socialdemocratico. Era Angela Merkel, per avviare primi colloqui. «Mi ha detto – racconta lo stesso cancelliere quasi facendosi suo portavoce – che il partito ha bisogno di tempo, che venerdì hanno il congresso. Lo capisco». Lo stesso Gabriel, a sua volta in conferenza stampa, un’ora dopo quella di Merkel, spiegherà che «la palla è ora nel campo del cancelliere, dovrà trovarsi un partner, e non c’è alcun automatismo verso la Grande Coalizione, tutto è aperto», ha avvertito. Aggiungendo, però, che se ci sarà un invito a negoziare il partito non si tirerà indietro. «Ma insisteremo sui punti per noi cruciali», dalla questione dei salari all’equità sociale. Il problema di Gabriel è convincere la base e rassicurare che non sarà come nel 2009, quando i quattro anni di coalizione Cdu-Csu-Spd costò una durissima batosta elettorale ai socialdemocratici. Anche il dramma dell’Fdp dopo quattro anni di Merkel non incoraggia. Se ne parlerà venerdì.
In casa cristiano-democratica, sembra comunque prevalere la linea a favore della Grande Coalizione. L’unica alternativa possibile, quella con i Verdi, non viene però esclusa a priori, anche se per ora non ci sono stati contatti. A quanto riferisce la stampa tedesca, nella riunione di ieri mattina alla Cdu il cancelliere ha chiesto ai presenti se c’erano obiezioni a contatti con i Verdi, nessuno ha fiatato. Non molti ci scommettono, ma la situazione è fluida. Ieri il governatore della Baviera nonché leader dei cristiano-sociali, Horst Seehofer, è sembrato escludere qualsiasi dialogo con i Verdi. «Non c’è nessuna disponibilità (da parte Csu ndr) a trattare con loro». In realtà, spiegano però a Berlino, per Seehofer il problema è nei vertici attuali, anzitutto il capolista nonché capogruppo uscente Jürgen Trittin e il suo vice al Bundestag Volcker Beck, troppo a sinistra. Da ieri pomeriggio sono dimissionari. Questo potrebbe cambiare le carte in tavola, soprattutto se, al posto di Trittin e Beck, al congresso in autunno riprendessero il potere i cosiddetti “realos”, i pragmatici del partito. La Grande Coalizione al momento resta comunque la più gettonata, a meno di qualche clamoroso colpo di scena in casa Spd.
Ieri Angela Merkel ha riparlato anche di Europa. «La politica europea – ha spiegato – è sempre stata parte del nostro Dna, e sarà proseguita nello stesso spirito», il voto di domenica è anche «un forte voto degli elettori per un’Europa unita» – stoccata contro gli anti-euro rimasti fuori dal Bundestag. Una cosa però è chiara: «La nostra politica europea non cambierà», avverte Merkel. Salvo aggiungere: «In Europa ho sempre cercato dialogo e compromesso, continuerò a farlo».