giovedì 2 gennaio 2025
Nessuno sa quanti siano gli ucraini morti in battaglia: il governo ucraino dice 43mila, Mosca 500mila. A Kiev un percorso di rinascita per le donne che soffrono a causa della morte dei loro ragazzi
La Casa Padre Pio dei frati cappuccini a Kiev, dove è stato creato un percorso di aiuto alle madri che hanno perso i loro figli sui campi di battaglia

La Casa Padre Pio dei frati cappuccini a Kiev, dove è stato creato un percorso di aiuto alle madri che hanno perso i loro figli sui campi di battaglia

COMMENTA E CONDIVIDI

«Perché Dio ha voluto questo? Perché mi ha punito portandomi via il tesoro più prezioso che avevo: mio figlio?». Ludmila Bohdasherskia si è sentita ripetere troppe volte queste domande da madri come lei. Madri che hanno perso al fronte i loro «ragazzi», come ancora continuano a chiamarli. Uccisi in battaglia o morti su un letto d’ospedale dove non è stato possibile salvarli. «Madri spesso abbandonate a se stesse che vedono la loro vita sfregiata dalla morte e distrutta una seconda volta dalla solitudine in cui sprofondano», racconta il frate minore cappuccino padre Viktor Desuk della comunità che guida la parrocchia latina di Maria Madre della Chiesa a Kiev. Ludmila è una psicologa e soprattutto una donna che ha tutta la famiglia in prima linea: il marito veterano che «è stato medico militare fin dal 2014» quando sono cominciati gli scontri con i filorussi in Donbass e che ora è tornato a indossare la divisa; e i due figli che «difendono la nostra terra fra le fila del 127° Reggimento che è sotto il fuoco nemico vicino a Kupiansk e prima era stato anche ad Avdiivka», spiega. E subito aggiunge: «Ecco perché posso comprendere come si sente una donna che non ha più al suo fianco chi le è più caro».

A lei si deve l’operazione “Dare speranza alle mamme” che a Kiev viene associata a un nome poco noto dalla maggioranza degli ucraini ma amato e venerato in tutto il mondo: padre Pio. Perché il percorso di rinascita “femminile” è sorto all’interno del centro intitolato al santo di Pietrelcina. Una palazzina gialla di tre piani, come il colore del monastero francescano e della chiesa che accoglie il santuario del frate stimmatizzato. Un rifugio dell’anima ma anche un hub solidale nei quartieri residenziali sulla riva sinistra del fiume Dnepr che taglia la capitale. I frati cappuccini hanno scelto di affidare il polo sociale della parrocchia alle madri ferite nella mente, nel corpo e nello spirito. «San Pio – ricorda padre Viktor – si dedicava a curare le anime nel confessionale, ma ha voluto anche la Casa sollievo della sofferenza per alleviare i disagi fisici. Noi abbiamo declinato la sua lezione qui a Kiev in tempo di guerra, facendoci prossimi a chi vive la stessa esperienza della Vergine sotto la croce».

Nessuno sa quanti siano i figli dell’Ucraina, «e soprattutto delle madri ucraine», precisa il religioso, che sono morti sui campi di battaglia in oltre mille giorni di conflitto. La cifra, considerata un “segreto di Stato” da autorità politiche e forze armate, oscilla fra i 43mila caduti ufficializzati dal presidente Volodymyr Zelensky nelle scorse settimane e il milione di «perdite» appena annunciati dal Cremlino di cui gli uccisi sarebbero la metà. Quello che ripetono vescovi, sacerdoti e Caritas del Paese aggredito è che una famiglia su due è toccata da un lutto di guerra. «E le mamme sono fra le più provate», sottolinea padre Viktor. Più di quattrocento quelle già coinvolte nel progetto che è cominciato nel febbraio 2023 e che non ha equivalenti nella nazione. «E il 70% di loro aveva un solo figlio, quello che l’esercito russo ha loro tolto», afferma Ludmila. Però è anche accaduto, prosegue la responsabile, che «abbiamo avuto una madre che aveva perso il primo figlio nel 2014 fra Donetsk e Lugansk, e il secondo nella primavera 2022 nella regione di Kiev all’inizio dell’invasione su vasta scala».

Il punto di partenza è la condivisione del dolore. «Solo un’altra madre che ha vissuto una tragedia analoga più capire», aggiunge la referente. Così si apre un itinerario che può diventare anche convivenza. «Qui ci sono i letti per le donne che scelgono di restare a dormire l’una vicino all’altra». Sedute psicologiche, terapia di gruppo, incontri con specialisti sono il riferimento. «Ma la mancanza di un figlio è anche una carenza di natura fisica. Perciò, ad esempio, un abbraccio può fare la differenza», avverte Ludmila. E il tormento ha effetti sull’organismo. «La tensione nervosa si traduce in problemi ortopedici», spiega Vladislav Ashagan, il fisioterapista che anima la palestra delle mamme, simile a un polo di riabilitazione ospitato sempre nella Casa padre Pio. «Abbiamo un duplice scopo: far tornare a sorridere le madri e consentire loro di riprendersi in mano la vita vincendo l’isolamento, la frustrazione, il senso di impotenza», prosegue Ludmila. Allora ecco le stanze per i make-up, per i massaggi, per la parrucchiera. «La vera svolta, comunque, è quando si prende in mano la foto del figlio e non si piange», confida la responsabile dell’oasi di fraternità. Il marchio dei frati cappuccini è evidente. «Tuttavia la nostra non è una proposta confessionale. Comunque ci rendiamo conto che c’è bisogno di aprirsi a Dio che è sostegno nelle avversità», riflette padre Viktor. E Ludmila fa sapere: «Alcune mamme mi hanno confidato di aver perso la fede. Eppure, ogni volta che in chiesa organizziamo la celebrazione in suffragio dei figli, partecipano tutte».

Un partner privilegiato è la Penisola. «Su ventuno itinerari di riscatto conclusi, tredici sono stati finanziati da realtà italiane», dice Ludmila. Come testimonia la visita di una delegazione di frati cappuccini, assieme al presidente della fondazione Assisi Missio, padre Paolo Maria, e al direttore delle Edizioni Frate Indovino, Paolo Friso. Un viaggio nei giorni di Natale per consegnare le donazioni raccolte e gettare le basi per l’ampliamento dell’iniziativa con una seconda Casa delle mamme che nascerà a Vinnytsia. «Le madri di Casa padre Pio ci insegnano che insieme, con la grazia di Dio, è possibile superare l’odio e trasformarlo in amore – affermano padre Maria e il direttore Frisio –. Si tratta di un seme che intende essere un contributo fattivo alla costruzione della pace».

La missione è coincisa con gli 80 anni del “Calendario di Frate Indovino”, l’almanacco «più diffuso in Italia che cerca di portare la speranza con la gioia semplice delle sue pagine», sostiene Frisio. Anche Ludmila è una dispensatrice di speranza. Certo, la responsabile della Casa non lo dice. Però la sua dedizione al dolore delle madri sembra essere anche un modo per esorcizzare la sua angoscia: quella di chi ha marito e figli a combattere nei luoghi dove le truppe di Mosca avanzano.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: