Sarà libera da vincoli una superficie della foresta Amazzonica pari a quella della Danimarca
La corte federale di Brasilia ha sospeso il controverso decreto con il quale il governo aveva autorizzato, nei giorni scorsi, il disboscamento dell'estesa riserva forestale amazzonica di Renca per lo sfruttamento minerario.
Il giudice Rolando Valcir Spanholo, del tribunale federale di Brasilia, ha sospeso il decreto del presidente brasiliano: nella sua decisione il magistrato - oltre ad accogliere parzialmente una petizione popolare presentata nei giorni scorsi contro la misura governativa - ha sottolineato che per una scelta del genere non basta un decreto, ma serve il previo intervento del Congresso.
La Chiesa brasiliana contro la «corsa all'oro» nelle riserve dell'Amazzonia
Le sue “viscere” traboccano di oro, rame, magnesio. Per questo, da decenni, i colossi minerari puntano in Brasile a conquistare la Reserva nacional de cobre e Associados (Renca). Finora, però, l’area grande come la Danimarca – nel cuore dell’Amazzonia, a cavallo tra gli Stati di Anapu e Pará – è stata off limits per le multinazionali grazie allo status di “zona protetta” attribuitole nel 1984. Il regime militare – per altro poco sensibile alle questioni ambientali – aveva deciso di tutelare la Reserva perché considerato cruciale polmone verde del pianeta.
Ora, però, un decreto del governo di Michel Temer ha deciso di aprire la Renca agli investimenti: il 30 per cento dei suoi 46mila chilometri quadrati di foresta – una superficie maggiore della Danimarca – potrà essere acquistato dalle imprese minerarie in modo da «generare ricchezza per il Paese, lavoro e reddito per la gente», spiega il ministero per le Miniere e l’energia.
Quest’ultimo sottolinea anche che nove zone appartenenti alle popolazioni indigene saranno preservate. Le rassicurazioni non hanno convinto gli ambientalisti, da Greenpeace e Wwf. «È una catastrofe – hanno tuonato –. Le conseguenze saranno l’esplosione demografica, la deforestazione, la distruzione di risorse idriche, la perdita di biodiversità».
La decisione del governo "ha colto di sorpresa noi e il popolo del Brasile": lo ha detto a Radio Vaticana monsignor Flavio Giovenale, arcivescovo di Santarem, diocesi situata nello Stato del Parà dove si trova la Reserva biologica de Maicuru, una delle zone che da mercoledì scorso non godono più di tutele a causa di un decreto del governo federale che ha cancellato la Reserva Nacional de Cobre e Associados (Renca),
"Sono anni e anni - dice monsignor Giovenale - che l'Amazzonia è vista come se fosse un deposito enorme di ricchezze, e allo stesso tempo c'è la lotta per diminuire le riserve indigene e le riserve forestali dove queste ricchezze si trovano".
"Non era mai accaduto che fosse firmato un provvedimento per far passare da statali a private 57 ditte", ha ribadito monsignor
Giovenale, secondo il quale "questa regione era stata una delle prime a essere creata durante il periodo della dittatura militare
e mai si pensava che sarebbe stata toccata".
La Chiesa locale è in prima linea nella difesa del territorio e delle minoranze indigene ed ora sta cercando - evidenzia l'arcivescovo di Santarem - "di avere informazioni sicure per vedere quali passi giuridici e anche politici si possano avviare per rimediare a questa decisione del governo".
"Il gruppo economico più forte nel parlamento brasiliano è il cosiddetto gruppo "BBB": bibbia, bue e bala ovvero pallottola". Monsignor Giovenale ribadisce che "si sono uniti i neopentecostali di matrice protestante, i grandi latifondisti di allevamento bovino, ma anche dell'estrazione legale o illegale del legname e infine il gruppo della 'bala', cioè quelli che difendono la pena di morte, la proprietà privata, con scontri e milizie private armate".
In questo scenario ha già anticipato la volontà di ricorrere alla Corte Federale il senatore del partito Rete Sostenibilità, Randolfe Rodrigues, che sta guidando l'opposizione al decreto: "L'estinzione della Renca - ha detto Rodrigues - mette a rischio riserve naturali e terre indigene".