«È il nostro uomo sulla luna». Non lesina enfasi Ursula von der Leyen nel presentare la sua rivoluzione verde. È lo «European Green Deal», il «Piano Verde» europeo, che già sta accendendo gli animi, come si vedrà questo pomeriggio al Consiglio Europeo che dovrà tentare l’intesa sull’obiettivo numero uno proclamato da Von der Leyen: la «neutralità» di emissioni entro il 2050, che sarà iscritta in una proposta di «legge per il clima» attesa a marzo. L’obiettivo intermedio è una riduzione del 50-55% nel 2030 rispetto ai livelli del 1990 (contro l’attuale impegno Ue del 40%), con una proposta che arriverà in estate. «Il nostro obiettivo – ha spiegato la tedesca – è riconciliare l’economia, il modo in cui produciamo, con il nostro pianeta».
Un obiettivo che costerà 260 miliardi di euro l’anno, l’1,5% del pil Ue del 2018. Tanto che varie associazioni di industriali, a cominciare da quella tedesca, hanno criticato come «irrealistici» gli obiettivi di Bruxelles. La quale, però, insiste che il costo della non azione sarebbe ugualmente elevato: 190 miliardi di euro l’anno di perdite economiche, 40 miliardi di euro per la mortalità per eccesso di calore, 400mila morti premature l’anno, impennata dei costi per alimenti e acqua.
La Commissione, spiega Von der Leyen, nella prima metà del 2020 presenterà un piano di investimenti pubblici e privati per un totale di 1.000 miliardi di euro, utilizzando vari fondi Ue, ma anche risorse nuove. Non basta, l’esecutivo Ue a marzo 2020 presenterà una nuova strategia indu-striale, che cercherà anche di trovare spazi per investimenti verdi, ad esempio con un riadattamento delle regole di concorrenza.
Tutti i settori sono coinvolti, dai trasporti all’energia, dall’agricoltura all’edilizia, dall’industria a cominciare dall’acciaio e cemento, al tessile, alla chimica, che dovranno riorientarsi verso la strategia «verde». E ci saranno anche dazi per le merci prodotte da Paesi terzi con mezzi ad alta intensità di emissioni.
La Commissione propone, inoltre, 50 iniziative da attuare tra il 2020 e il 2021, tra cui un nuovo piano per l’economia circolare e le batterie auto, la creazione di un milione di stazioni di ricarica per auto elettriche, una strategia per biodiversità, agricoltura «verde» con la riduzione dei pesticidi e dei concimi. La parte più difficile riguarda l’aiuto alle regioni ancora legate all’energia fossile, soprattutto nell’Europa dell’Est, che dovrebbero affrontare costi particolarmente elevati.
La Commissione propone un «Meccanismo per una transizione equa» (sarà presentato a inizio gennaio), che dovrà arrivare a 100 miliardi, prelevati da fondi di coesione, cofinanziamenti nazionali, Banca Europea per gli Investimenti. I Paesi dell’Est chiedono soldi come condizione per il via libera alla neutralità nel 2050. Altri Stati, tra cui l’Italia, insistono che il fondo sia aperto a tutti. Di questo discuteranno oggi i leader Ue, e sarà una discussione ardua, anche perché intrecciata con quella, altrettanto ostica, sul nuovo bilancio settennale dell’Ue 2021-2027.
Molti scommettono che oggi non ci sarà l’accordo sul 2050, che sarà invece rinviato a marzo. Non manca una discussione sul Patto di Stabilità per favorire gli investimenti verdi. Per ora la Commissione è prudente: «Se ne parlerà – ha avvertito il primo vice-presidente esecutivo Frans Timmermans, responsabile per il Green Deal – ma bisogna evitare che diventi una scusa per ignorare le regole del Patto». Più probabile «flessibilità» nell’applicare le regole che uno «scorporo» degli investimenti verdi dal calcolo del deficit.