
Polizia nelle strade di Butembo, in Nord Kivu nell’est del Congo - Reuters
Primi spiragli per una tregua n Congo. E un forte appello ai credenti italiani ed europei per aiutare la popolazione e fare pressione sul governo italiano perché dica parole di pace dalla Chiesa cattolica del Paese. Mercoledì prossimo a Doha in Qatar si potrebbe tenere il primo incontro diretto tra il governo della Repubblica democratica del Congo e il movimento ribelle M23 che da gennaio ha conquistato le principali città dell’est del Paese, l’area più ricca delle agognate terre rare, in una rapida avanzata arrivando fino alla capitale del Nord Kivu Goma, seminando morte e terrore tra la popolazione.
Il dialogo potrebbe rappresentare un passo significativo nel peggior conflitto che questa terra martoriata, che è stata definita “scandalo geologico “per le sue risorse naturali, abbia conosciuto. L'annuncio giunge a seguito di un incontro a sorpresa tra i presidenti di Congo e Ruanda tenutosi a Doha il mese scorso e di un secondo round di colloqui ospitato sempre dal Qatar, che ha coinvolto separatamente anche rappresentanti dell’M23. Finora, funzionari congolesi e leader del gruppo armato non si sono ancora confrontati direttamente. Kigali, dal canto suo, continua a negare di dare sostegno ai ribelli, affermando che le proprie operazioni militari rispondono ad azioni difensive contro l’esercito congolese e gruppi armati ostili al Ruanda.
Il conflitto affonda le sue radici nelle conseguenze del genocidio ruandese del 1994 e nella competizione regionale per il controllo delle risorse minerarie, fattori che alimentano da anni l’instabilità nell’area dei Grandi Laghi.
Intanto sta girando le principali capitali europee, dopo essere arrivato in Italia, don Edouard Makimba, segretario esecutivo di Caritas Congo, che ha incontrato Caritas Italiana e Caritas Internationalis per confrontarsi sulla crisi, sull’impegno della Caritas e della Chiesa nell’emergenza e per la promozione della pace. «Invito la popolazione italiana – ha detto –a rivolgere la propria attenzione a questa crisi. In primo luogo a contribuire all’assistenza umanitaria urgente attraverso Caritas Italiana. In secondo luogo, a intervenire presso il governo italiano per far sì che possa dire una parola, a livello internazionale, affinché la pace ritorni nella Repubblica Democratica del Congo».
La crisi si è acuita in particolare dal 2017. «Il conflitto – ha aggiunto il sacerdote congolese – ha effetti collaterali di portata non trascurabile. Vediamo molte persone lasciare le zone di guerra, in cerca di un posto dove andare, da sfollati. La situazione è davvero molto critica». Si stimano oltre 600mila persone in movimento. Hanno bisogno di aiuto urgente, di assistenza umanitaria coordinata. «Chiedo alle Caritas europee – ha aggiunto – di impegnarsi a livello internazionale a sostenere gli sforzi di mediazione intrapresi dalle due Chiese congolesi, quella cattolica e quella protestante, per riuscire a porre fine alla guerra».
La Caritas sta intervenendo soprattutto nella parte orientale. Portiamo aiuti d’emergenza – ha informato Makimba – a chi non ha casa, nonché assistenza e cibo. Con i nostri partner del Nord stiamo allestendo programmi e realizzando progetti per alleviare la situazione di questa popolazione in difficoltà».
Intanto la Bbc riporta la notizia di una trattativa tra Stati Uniti, accusati di sostenere Ruanda e M23, e Repubblica democratica del Congo per un accordo sui minerali. Notizia confermata da Massad Boulos, consigliere senior degli Usa per l’Africa, dopo aver incontrato il presidente congolese Félix Tshisekedi a Kinshasa. Boulos, che è suocero di Tiffany, figlia di Donald Trump, non ha precisato altro, ma ha indicato il coinvolgimento di aziende statunitensi. Tshisekedi ritiene che il coinvolgimento degli Stati Uniti nell’estrazione dei minerali, in gran parte appannaggio di imprese cinesi, potrebbe aiutare a sedare le violenze.