
L'eremo di Camaldoli
Una “nuova Camaldoli europea”, per promuovere un’Unione dei popoli e non delle burocrazie, politica e non solo monetaria, che agisca per la pace. Con una difesa comune che non può essere semplice riarmo. In «felice continuità» con il lavoro sulla democrazia avviato dalla Settimana sociale di Trieste prende il largo questa idea resa quanto mai attuale, e urgente, dall’emergenza economica di questi giorni sui dazi che si va ad aggiungere alla guerra in Ucraina, che ha portato nei confini a Est dell’Unione una prospettiva del tutto diversa da quella che sembrava manifestarsi dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989. In un webinar che si è tenuto ieri mattina con 55 persone collegate sono state definite le tappe di un progetto ambizioso che dovrebbe culminare a settembre con un raduno, proprio a Camaldoli, per il varo definitivo di un manifesto comune aperto agli apporti dell’associazionimo e del pensiero cattolico. L’idea, come si ricorderà, fu lanciata dal cardinale Matteo Zuppi alla celerazione a Camaldoli (con l’intervento anche del presidente Sergio Mattarella) per gli 80 anni dello storico “Codice” elaborato in previsione della fine imminente del regime fascista, che divenne poi il contributo dei cattolici alla Carta fondamentale del nuovo Stato democratico che si stava per formare. Il presidente della Cei fece un invito - rilanciato più volte e ri-precisato nel Consiglio permanente del mese scorso - a dar vita a una “Camaldoli europea”, insieme agli altri Paesi, «per parlare di democrazia ed Europa», ricordando che «i padri fondatori hanno avuto coraggio, rompendo con le consolidate logiche nazionalistiche e creando una realtà mai vista né in Europa né altrove». Non è un caso, ora, che l’idea prenda forma a partire da Firenze e dal centro internazionale di studi Giorgio La Pira, che nello scorso ottobre ha tenuto un incontro sul tema, dando seguito all’invito di Zuppi. Nella stessa direzione si sono sviluppate delle iniziative analoghe a Taranto e Udine. «Poi - ha spiegato Paolo Magnolfi, presidente dell’associazione Nuova Camaldoli, nell’introdurre il webinar - lo scorso 14 gennaio siamo stati ricevuti a Bologna dal cardinale Zuppi che ci ha incoraggiato ad andare avanti. Vogliamo partire dalle città perché, come ci insegna La Pira - ha concluso Magnolfi - sono state capaci nella storia di aperture impensabili, superando tante accese rivalità spesso legate all’idea di nazione ». L’associazione Nuova Camaldoli fu fondata proprio a Firenze nel 2018, ha quindi già una storia abbastanza lunga alle spalle e ora si mette al servizio di questa idea, in piena sintonia con la Settimana Sociale che, ha ricordato il professor Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato scientifico, aveva dedicato all’Europa una delle 15 piazze tematiche di Trieste. «Parlare di una nuova Camaldoli europea ha sottolineato l’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, presidente del comitato della Settimana sociale - significa per noi italiani abbracciare un pensiero che ci apre alla pace e alle modalità per costruirle. Un pensiero che include il rispetto dell’ambiente e la promozione di una economia che non produca, come invece vediamo, nuove povertà». Il progetto sin da subito, si apre al confronto con altri Paesi europei. Per costruire quale Europa, però? Una bozza di documento con 5 domande chiave ha posto la domanda ai promotori dell’iniziativa: «Abbiamo ricevuto 55 risposte», ha spiegato Antonella Mannini. Scorrendo i nomi di coloro che hanno dato il loro contributo ci sono, fra gli altri, quelli di Antonio Maria Baggio, Leonardo Becchetti, Luigino Bruni, Flavio Felice, Agostino Giovagnoli, Enrico Giovannini, Elena Granata, Filippo Pizzolato, Alessandro Rosina, per citarne solo alcuni. Solidarietà, fraternità, partecipazione, giustizia sociale, difesa comune, sviluppo sostenibile ed economia integrale, fra i valori maggiormente indicati come preminenti, per la nuova Ue. Mentre al punto 2 e 3 sono stati indicati, rispettivamente, i limiti dell’Europa e, conseguentemente, le sfide da affrontare per avere quel «cambio di passo» evocato ieri da Stefano Zamagni. Un deficit di democrazia e di identità condivisa, a fronte di un eccesso di burocrazia, questi i limiti un po’ da tutti evidenziati. Fra i punti da implementare, invece, oltre alla transizione ecologica e digitale, vengono indicate le politiche delle migrazioni, e - insieme - un affronto serio della crisi demografica. Ma anche una difesa della democrazia e dei diritti fondamentali, spesso trascurati dai nuovi assetti di politiche nazionali. «Tuttavia - ha detto l’economista Antonio Magliulo - occorre guardare con maggiore simpatia a tutto quel che l’Europa ha rappresentato. E se è stato un processo giusto e meritorio l’allargamento, ora, per vincere tutte le obiezioni sull’inadeguatezza della Ue alla sfide che abbiamo di fronte, occorre intervenire con decisione sulla governance», come emerso chiaramente dalle risposte al punto 4. Dello stesso tenore l’intervento del presidente del Meic, Luigi D’Andrea: «Con tanti limiti - ha detto - dobbiamo essere orgogliosi di quel che l’Europa ha rappresentato. E avere ora il coraggio di andare avanti».