venerdì 18 ottobre 2019
In Italia solo una su due lavora e, a parità di mansioni, percepisce in media 1/5 in meno dello stipendio dei colleghi uomini, con un tasso di occupazione al penultimo posto in Europa
Dieci istanze per dire basta alle discriminazioni
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Si sono riunite per la prima volta a Roma, le 50 associazioni di #Inclusione Donna, alleanza nata nel 2018 per promuovere la parità di genere nel mondo del lavoro e della rappresentanza. Di #Inclusione Donna fanno parte oltre 40mila donne, professioniste, manager, imprenditrici, impiegate in diversi settori del mondo del lavoro, dal Nord al Sud Italia, unite con l’obiettivo di sensibilizzare le Istituzioni e il settore privato per rimuovere i pesanti ostacoli che impediscono la realizzazione di una piena parità di genere nella rappresentanza e nel mondo del lavoro.

Durante l’incontro dal titolo Meno occupate, meno pagate, #Inclusione Donna ha presentato il programma di 10 istanze su occupazione e rappresentanza femminile confrontandosi con un gruppo trasversale di rappresentanti istituzionali fra cui la sottosegretaria al ministero dello Sviluppo Economico Alessandra Todde (M5s), Francesca Ballacci delegata dalla ministra per le Pari Opportunità, l’onorevole Marina Berlinghieri (Pd), la senatrice Annamaria Parente (Italia Viva) e il senatore William De Vecchis(Lega).
Eliminazione del pay-gap, misure di sostegno al reddito della lavoratrice madre e di supporto alla genitorialità, aumento del periodo di congedo di paternità obbligatorio, adeguamento del congedo parentale, secondo le recenti direttive comunitarie, e istituzione della commissione parlamentare permanente per le Pari Opportunità, sono solo alcune delle proposte discusse durante l’evento. In particolare, #Inclusione Donna chiede che le Istituzioni adottino nuove ed efficaci politiche e misure per favorire l’occupazione e l'imprenditoria femminile anche con nuove forme di incentivi per l’accesso al credito e al mercato delle agevolazioni fiscali. Il network chiede inoltre l’adozione di misure che favoriscano l’effettiva parità tra uomini e donne nel mondo del lavoro, la promozione politiche di welfare a favore di chi si dedica alla cura della famiglia e il raggiungimento di un’occupazione femminile almeno del 60%, con l’istituzione di un Osservatorio per monitorarne il raggiungimento. Per quanto riguarda la presenza femminile all’interno delle Istituzioni, #Inclusione Donna chiede il rispetto dell’uguaglianza nella selezione dei rappresentanti istituzionali e l’adozione di misure specifiche a favore delle pari opportunità.

«Attraverso #Inclusione Donna - ha dichiarato Sandra Mori, Dpo Europe di Coca-Cola e ambassador del network – cerchiamo di rispondere ai numeri evidenziati dall’ultimo Global Gender Index, redatto dal World Economic Forum, sull’inclusione di genere, secondo cui nel 2018 il nostro Paese si è posizionato 126esimo nella parità di salario tra uomini e donne, 27esimo per la presenza di donne in Parlamento e 29esimo per il numero di donne in posizioni ministeriali». Sempre secondo il Global Gender Report (2018), nonostante l’Italia sia a buon punto nell’istruzione, per ogni 100 iscritti uomini al triennio universitario, 140 sono le donne - contro una media mondiale di 93 - le proporzioni si ribaltano al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro dove, considerata la fascia d’età 20 - 64 anni, le donne rappresentano il 51,6%, a fronte del 71,7% degli uomini: in Italia solo una donna su due lavora.

«Ancor prima di entrare nel mondo del lavoro le donne si trovano svantaggiate rispetto ai coetanei uomini, – commenta Anna Benini, presidente di Professional Women’s Network Rome – nonostante le ragazze siano più istruite dei compagni, si laureino prima e con voti più alti, non trovano lavoro e questo è principalmente dovuto a due ragioni: la scelta di percorsi accademici con poco sbocco sul mercato e la questione maternità». Sono 10mila le donne che nel 2018 nella sola Lombardia sono state costrette ad abbandonare il posto di lavoro, al rientro dal congedo di maternità o per maternità, a causa del demansionamento, di azioni discriminatorie e di mobbing vero e proprio (49.000 in totale in Italia sempre nel 2018, secondo l'Ispettorato Nazionale del Lavoro, le dimissioni/licenziamenti di madri e padri, ma in larghissima parte madri) facendo crollare drasticamente la percentuale di madri occupate - sono il 55,5% a fronte dell’83,3% dei padri occupati - e andando così ad alimentare un gap che nel 2018 si assestava nel nostro Paese sul 28,1%, contro il 18,1% della Germania, il 17,6% della Spagna, il 14,5% della Francia e il solo 8,3% della Svezia.

«Le ragioni per cui le donne hanno più probabilità di abbandonare il proprio posto di lavoro, una volta diventate madri - ha affermato Laura Dell’Aquila, presidente di Lean in Italy - risiede principalmente nel fatto che in famiglia si tende ovviamente a fare a meno dello stipendio più basso che secondo i numeri di Eurostat (2017) è quello della donna». A cinque anni dalla laurea infatti sono occupate l’83% delle donne, a fronte dell’88% degli uomini, con uno stipendio in media di 1.263 euro, a fronte di uno stipendio medio di 1.508 euro per gli uomini. Anche le forme contrattuali a cui si ha accesso pesano: il contratto a tempo indeterminato, ad esempio, riguarda solo il 55% delle donne e ben il 61% degli uomini. Una volta avuto accesso al mondo del lavoro, qualunque sia il settore, le donne sono in minoranza, questo quanto rilevato dall’Osservatorio delle libere professioni su dati Istat 2017. Nelle libere professioni al Nord – Ovest, sono occupate il 35% delle donne, rispetto al 65% degli uomini, simile la percentuale per il Nord – Est 38% contro 62%, e ancora al Centro in cui risultano impiegate il 39% delle donne a fronte del 61% degli uomini, infine il Sud e le Isole dove il gap raggiunge il livello più alto, sono solo il 29% le donne occupate a fronte del 71% degli uomini. Anche nel lavoro dipendente le percentuali variano di poco, sono 25 milioni i lavoratori dipendenti nel nostro Paese (2018) di cui 18 milioni uomini e otto milioni donne. Al netto dei forti squilibri presenti, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato, si registrano tuttavia dati confortanti; secondo i dati Istat infatti le imprese femminili sono il 21,93% di quelle iscritte nei registri delle Camere di Commercio, e inoltre nel 2018 sono nate 368 nuove imprese al giorno per un totale di 95.672 imprese femminili, guidate per il 12,4% da giovani under 35 (fonte: Rapporto Confartigianato 2019).

«Siamo fiduciose che queste istanze siano accolte dalle Istituzioni - ha concluso Sila Mochi, ispiratrice di #Inclusione Donna - e possano rappresentare un primo passo fondamentale per la costruzione di una nuova strutturazione della società più inclusiva ed equa. Siamo convinte infatti che sia quanto mai necessario promuovere azioni positive, da realizzare insieme agli uomini, per affermare i valori dell’inclusione, del rispetto della persona e della diversità».

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