
Il trasporto di metalli rari nel porto cinese di Lianyungang, provincia di Jiangsu - Reuters
C’è un nuovo importante capitolo nel duello sempre più duro della guerra commerciale tra Usa e Cina. Le cosiddette “terre rare” – metalli e magneti al centro dell’industria elettronica, automobilistica, aerospaziale, dei semiconduttori – sono infatti l’ultimo nodo del contendere di una sfida che rischia di avere ripercussioni decisive per l’economia globale. Colpito dai dazi al 145% voluti da Donald Trump, il governo cinese sta infatti elaborando un nuovo sistema di regolamentazione che potrebbe significare lo stop all’esportazione di questi elementi minerari, di cui Pechino detiene il 70% della produzione globale. Per le aziende di tutto il mondo, e anche per molti appaltatori militari americani, sarebbe un colpo durissimo.
Mentre l’Unione Europea è tornata ieri a trattare a Washington sui dazi, e con Trump che ha ribadito la fermezza della Casa Bianca precisando che le esenzioni per smartphone e pc dai nuovi dazi Usa sono solo «temporanee», la Cina mette dunque a segno una mossa importante, parte della sua rappresaglia contro Washington. Nei giorni scorsi, ha riferito ieri il New York Times, Pechino ha ordinato restrizioni all'esportazione di sei metalli pesanti delle terre rare, che vengono raffinati interamente in Cina, nonché di magneti in terre rare: le relative spedizioni all'estero possono avvenire solo con apposite licenze speciali. Le attuali scorte di minerali e prodotti al di fuori della Cina potrebbero esaurirsi in tempi relativamente rapidi, impedendo alle fabbriche Usa e di tutti gli altri Paesi di assemblare automobili e altri prodotti con motori elettrici. I metalli in questione sono utilizzati anche nei prodotti chimici per i motori a reazione, laser, fari per auto e alcune candele. I metalli rari sono inoltre ingredienti vitali nei condensatori, nei componenti elettrici dei chip che alimentano i server di IA e negli smartphone.
A catena, dunque, il duello sui dazi si intensifica. Mentre l'Opec taglia di 100mila barili al giorno le stime per la domanda globale di petrolio per il 2025 e il 2026 in seguito ai dazi, e con il dollaro che scende ai minimi degli ultimi sei mesi, Trump è tornato a sottolineare il «bisogno di produrre negli Stati Uniti» per non essere «tenuti in ostaggio da altri Paesi, in particolare da nazioni commerciali ostili come la Cina». Gli stessi dazi sui semiconduttori, secondo le autorità Usa, entreranno effettivamente in vigore entro 30-60 giorni. Dopo la chiusura al rialzo delle Borse asiatiche (Hong Kong +2,36%, Shanghai +0,76%, Tokyo +1,27%, Seul 0,95%), gli indici europei ieri hanno fatto segnare aumenti significativi e anche Wall Street ha aperto in positivo. «La sospensione di 90 giorni della maggior parte dei dazi, annunciata dal presidente Trump, non ha eliminato l'incertezza su ciò che potrebbe accadere», ha però avvertito ieri un report di S&P Global Ratings. «Non ci aspettiamo una recessione quest’anno», ha rimarcato da parte sua il consigliere economico della Casa Bianca Kevin Hassett. A Washington, intanto, colloqui tra l’amministrazione Usa e il commissario al Commercio Ue, Maros Sefcovic, mentre giovedì sarà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a volare nella capitale per incontrare Trump. Tra le varie carte che Sefcovic sta provando a giocarsi c'è quella del surplus Usa nel ricco comparto dei servizi. Gli Stati Uniti, infatti, vantano un surplus in questo campo rispetto all'Europa di 109 miliardi di euro, stando ai dati del 2023. Se, infatti, Trump è sempre pronto a puntare il dito contro il deficit nel comparto dei beni (con l’Unione Europea nata per «fregare» gli Usa), tace sull’altro aspetto. Tutto, per l'Ue, è sul tavolo, compreso il possibile acquisto di gas naturale liquefatto dagli Usa, stando a fonti di Bruxelles. «Siamo pronti a fare un passo avanti, perché abbiamo la nostra strategia di diversificazione», ha spiegato la portavoce dell’esecutivo europeo per l’Energia, Anna-Kaisa Itkonen. In vista della missione di Meloni, infine, la portavoce della Commissione Ue Arianna Podestà ha evidenziato ieri i «contatti costanti» tra Ursula von der Leyen e la presidente del Consiglio: «Qualsiasi contatto con gli Usa è benvenuto», anche se «negoziare accordi commerciali», è stato evidenziato, è «esclusiva competenza» della Commissione.