sabato 12 aprile 2025
L'organismo alla vigilia di una settimana-chiave per il settore denuncia che sono 300mila i capi importati senza garanzie di tracciabilità. Le caratteristiche del prodotto e le iniziative informative
Campagna contro il mercato "low cost" dal Consorzio dell'abbacchio romano Igp
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«Oltre la metà dei 550mila agnelli presenti in commercio durante il periodo pasquale proviene dall'estero. I capi importati, circa 300mila, vivono in condizioni poco rispettose, senza garanzie di tracciabilità e buone pratiche di allevamento». È la denuncia del Consorzio dell'Abbacchio romano Igp che ha lanciato a Roma la sua campagna contro il mercato “low cost” e l'importazione senza garanzie, denunciando quello di Pasqua come «un periodo a forte rischio». Il Consorzio segnala che i capi importati «vengono distribuiti a prezzi inferiori del 40% rispetto alla produzione certificata nazionale che conta 185mila agnelli, di cui 35mila provengono dal Consorzio dell'abbacchio romano, su un allevamento totale di 75.100». Un numero inferiore rispetto al periodo pre-Covid, quando si contavano fino a circa 120mila esemplari. Il fatto è che «in un mercato dominato dal ribasso dei prezzi - commenta Natalino Talanas, presidente del Consorzio Abbacchio romano Igp - la disinformazione mette a rischio le aziende locali che faticano a competere con le grandi importazioni straniere».

Da qui l’importanza di sensibilizzare il consumatore e di meglio informarlo sul prodotto: il vero abbacchio romano Igp è composto da agnelli macellati fra i 28 e i 40 giorni massimo (per un peso che non supera gli 8 chili) perché la caratteristica è che l'animale, allevato allo stato brado o semibrado, deve essere nutrito con latte materno, attraverso l'allevamento naturale. Sopra i 40 giorni, infatti, l'agnello comincia a nutrirsi direttamente ai pascoli e, quindi, la sua carne perde un po' quella delicatezza che la contraddistingue. E le cui radici affondano nella storia antica, a partire dal poeta Giovenale che parlava dell'agnello «più di latte ripieno che di sangue».

Il Consorzio, realtà custode della tradizione pastorizia del territorio laziale, grazie al rispetto di un disciplinare rigoroso, si è negli anni distinto per un modello di allevamento etico e sostenibile. Gli animali sono nutriti esclusivamente, oltre che con latte materno, con piante spontanee della campagna laziale, seguendo i tempi e i luoghi della transumanza. «Noi - aggiunge Talanas - dal 2010, anno di costituzione del consorzio, ci impegniamo in termini di divulgazione affinché chi ci sceglie sia pienamente informato sulla tracciabilità lungo tutta la nostra filiera e riesca a riconoscere il valore della nostra produzione. La consapevolezza - conclude - risulta essere l'unica chiave per un'inversione di tendenza in grado di garantire lunga vita alla nostra tradizione che, nei secoli, ha plasmato l'identità paesaggistica e gastronomica della nostra regione».

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