Il ministro dell'Economia Giovanni Tria
Il problema è noto. Il programma di allentamento quantitativo con cui la Banca centrale europea ha comprato fino ad oggi più di 2mila miliardi di euro di titoli di Stato della zona euro terminerà a dicembre, dopodiché la Bce lascerà scadere i titoli che ha acquistato e i governi che hanno bisogno di finanziamenti dovranno vedersela da soli sui mercati. Sarà un problema per tutti, ma di più per l’Italia che da sola ha quasi 2mila miliardi di euro di debito pubblico in circolazione. Oggi la Bce ha 353 miliardi di titoli italiani, con una scadenza media di quasi otto anni. Il governo si prepara a presentare una legge di Bilancio in cui potrebbe rispettare i limiti imposti dall’Europa, ma potrebbe anche fare un deficit di oltre il 3% del Pil, come ha ammesso lunedì dal meeting di Rimini il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Giancarlo Giorgetti. Gli investitori probabilmente non la prenderebbero bene e le agenzie di rating sono pronte a tagliare il loro giudizio sull’affidabilità dei nostri titoli di Stato. Ecco che per evitare che lo spread vada fuori controllo il governo cerca una soluzione.
Il tentativo di convincere la Bce a prendersela un po’ più comoda nell’addio al Quantitative easing ha pochissime speranze di riuscire: il presidente Mario Draghi è riuscito a fare digerire gli acquisti di debito pubblico ai colleghi più severi del consiglio direttivo solo perché l’obiettivo di queste operazioni non convenzionali era pienamente compatibile con il mandato della Bce: portare l’inflazione vicina, ma non oltre, il 2%. La Bce non può comprare i Btp per proteggere un governo dai dubbi degli investitori: potrebbe farlo solo se un Paese chiede ufficialmente aiuto a Francoforte, accettando però di entrare in un piano di commissariamento che non è certo ciò che vuole il governo Conte.
Ecco che allora i ministri si stanno dando da fare per cercare qualcuno pronto a comprare i nostri Btp. I primi a cui si rivolgeranno sono due Paesi poco democratici e non certo benvisti a Bruxelles. La Cina sarà la prima ad essere consultata. Giovanni Tria, ministro dell’Economia, partirà per Pechino lunedì prossimo e ad accompagnarlo ci sarà anche Fabio Panetta, vice direttore della Banca d’Italia. Tria, giovane maoista nel ‘68, parla cinese e ha uno stretto legame con la Cina, dove è stato ripetutamente. È ormai ufficiale che l’Italia chiederà ai cinesi di comprare i nostri Btp, anche se non si sa ancora cosa vorrà in cambio. Favorire gli investimenti cinesi in titoli di Stato è comunque uno degli obiettivi dichiarati della Task Force Cina appena avviata al ministero dello Sviluppo Economico.
La prima alternativa sembra essere la Russia. Lo ha scritto ieri la Stampa, riprendendo quanto detto al Parlamento lo scorso 10 luglio da Paolo Savona, ministro delle Politiche europee. Se la Bce non darà sostegno ai Btp, argomentava Savona, "evidentemente noi dovremmo trovare un’alternativa". L’alternativa può essere la Russia? "Io ritengo che non abbia abbastanza soldi per fare questo tipo di operazioni, anche se vi ho detto che i soldi non servono: basta che esista la garanzia". Probabilmente il professor Savona ha ragione. Proprio ieri il capo della Corte dei Conti russa ha spiegato che le casse del Cremlino non sono messe bene: "Nel 2008 e 2014, metà del Fondo di Riserva è stato speso per salvare e mantenere il bilancio statale. Negli ultimi anni, in particolare durante l’ultima recessione, è stata spesa la seconda metà del Fondo", ha spiegato. Rimane il Fondo per il Benessere Nazionale, che ha abbastanza fondi solo per "un’altra crisi simile". Per i Btp non avanza nulla.
E forse è un bene. L’ipotesi di affidare il debito italiano ai russi ha attirato a Savona molte critiche, dall’opposizione (dove lo hanno attacco Renato Brunetta di Forza Italia e Lia Quartapelle del Pd), ma anche dai Cinque Stelle. "Ho grande stima di Savona, ma dire che andremmo sotto il protettorato di Putin mi pare una tesi azzardata", ha detto Elio Lannutti, il presidente dell’Adusbef ora anche senatore grillino.