Manca il personale nel settore della moda - Job&Orienta
In Italia il sistema della moda conta quasi 66mila aziende, circa 600mila addetti e un fatturato che nel 2021 sfiora i 100 miliardi di euro. Dall'anno scorso si registra un’offerta di posti di lavoro molto superiore al numero dei lavoratori disponibili e le aziende continuano a trovarsi in difficoltà. Secondo uno studio di Altagamma-Unioncamere pubblicato nel libro I talenti del fare 2, il fabbisogno di profili tecnici e professionali nei prossimi cinque anni si stima in 346mila unità rispetto ai 236mila del 2019. Un segnale ambivalente, che indica una criticità̀ e al contempo la significativa crescita del mercato dell'alto di gamma mondiale, che registra nel 2022 un incremento del 21%. Cresce il fabbisogno di figure professionali manifatturiere, di cui però a oggi solo il 50% riesce a essere soddisfatto. Nel dettaglio sono richiesti 108mila profili nell' Automotive, 94mila nella Moda, 62mila nell'Alimentare, 46mila nel Design e Mobile e 36mila nell'Ospitalità. Artigiani e operai specializzati del settore Tessile, Moda e Accessori, che include calzature e pelletteria sono tra le figure di più difficile reperimento (secondo Unioncamere per il 65,5%). In un Paese come l'Italia, a vocazione industriale, con distretti a forte specializzazione manifatturiera e artigianale, la formazione professionale rappresenta una leva strategica per la competitività delle imprese e del sistema del made in Italy. Secondo Unioncamere il settore prevede entro il 2026 tra le 63mila e le 94mila nuove assunzioni di professionalità specializzate. Mentre per le rilevazioni del Centro Studi di Confindustria Moda, nel 2021 il fatturato risale a 92,5 miliardi di euro (+22,9% sull'anno precedente), mentre le esportazioni fanno un balzo in avanti del 23,5%. Le competenze specifiche di cui ha bisogno la filiera della moda in Italia hanno a che fare con la sostenibilità, ma anche con la meccatronica, la chimica, il digitale, la meccanica. Secondo le rilevazioni di Confindustria Moda, i profili più ricercati, oltre 40 tipologie, sono individuabili in tre ambiti: tradizionale, digitale, della sostenibilità. Tra le competenze tradizionali ci sono: addetto alla cucitura, disegnatore tecnico, meccanico di tessitura, orafo al banco, addetto alla pianificazione della produzione, perito chimico, responsabile delle risorse umane. Tra quelle digitali si cercano maggiormente: e-commerce manager, digital analyst, supply chain data manager. Tra le professioni della sostenibilità si richiedono: manager della sostenibilità, product life-cycle manager. In questo contesto, da segnalare i due protocolli d’intesa firmati tra Confindustria Moda e Unioncamere e tra Rete Tam e Unioncamere. Entrambi prevedono iniziative di comunicazione e di analisi dei profili professionali per migliorare l’attrattività del settore, favorendo l’orientamento scolastico. Della durata di tre anni, i due protocolli determinano l’impegno delle tre realtà nel costruire un legame sempre più solido fra il mondo del lavoro e il sistema della formazione, al fine di contrastare la disoccupazione giovanile e i fenomeni di dispersione scolastica. L’industria del lusso è comunque fonte di orgoglio nazionale per l’80% dei consumatori intervistati in Italia e mostra grande resilienza a livello globale, con un ritorno ai livelli di performance pre-Covid e stime di crescita del settore per oltre il 6% tra il 2022 e il 2026. Questo è quello che emerge dal nuovo studio Luxury Outlook 2022, pubblicato da Boston Consulting Group (Bcg) e Comitè Colbert. Il report tiene conto di un’analisi qualitativa effettuata su circa 40 leader del lusso e di un’indagine su 2mila utenti (clienti del lusso e non) in Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Spagna, Svizzera e Stati Uniti. Dall’analisi sui diversi Paesi emerge che l’industria del lusso viene riconosciuta per qualità (secondo il 64% dei clienti del lusso e il 56% dei non-clienti del lusso), artigianato (secondo il 42% dei clienti di lusso e il 41% dei non clienti) e creatività (secondo il 38% dei clienti di lusso e il 30% dei non clienti). Tuttavia, ora più che mai, il lusso si trova ad affrontare un profondo cambiamento che investe diverse aree: produzione e gestione delle risorse, ciclo di vita del prodotto, relazioni con il cliente, responsabilità sociale e globalizzazione. Una strada cruciale per gestire il ciclo di vita dei prodotti è il mercato dell'usato, che registra una crescita a doppia velocità rispetto a quello dei nuovi prodotti e un valore stimato di 50 miliardi di dollari già entro il 2025. Il mercato permette di dare diverse vite ai prodotti, che arrivano ad essere usati per decadi dopo l’ingresso sul mercato, e per questo motivo è preferito dalle generazioni più giovani, specialmente Gen Z, che per l’83% afferma di voler noleggiare o possedere i vestiti solo temporaneamente. Dall’esperienza fisica al punto di contatto digitale, l’industria del lusso deve declinare la propria eccellenza anche in nuove esperienze di consumo. Non si tratta solo di fare passi avanti in termini di innovazione, ma di non perdere terreno sui nuovi canali online, sempre più popolati dai giovanissimi – che nel futuro saranno i principali consumatori del lusso. Quando si parla di digitale, infatti, dall’analisi emerge che il 65% degli intervistati percepisce l’industria del lusso come in svantaggio rispetto ad altri settori. Quasi sette persone su dieci, infatti, reputano l’esperienza digitale offerta dai brand di lusso ancora ben lontana dell’esperienza in store. Investire nel metaverso può essere l’opportunità giusta per i marchi del lusso, per fare un passo avanti nel mondo digitale e assicurarsi un punto di contatto con i propri clienti presenti e futuri. Il 64% dei consumatori di età tra i 18 e i 34 anni crede che la realtà virtuale faciliti la scoperta di brand di lusso e il 59% crede che possa replicare la funzione dei social media per come li conosciamo oggi. Impressioni che si rafforzano con la Gen Z e Alpha, che rappresentano i consumatori futuri dei marchi di lusso e risultano sempre più propensi a spendere il proprio tempo on line. Stando a quanto emerso durante le interviste, i brand di lusso hanno già avviato un cambiamento sociale e ambientale, ma, anche se il 62% dei clienti del settore crede che i prodotti di lusso siano di fatto beni durevoli, l’industria deve necessariamente fare di più. Per il 60% dei consumatori il lusso dovrebbe diventare promotore di iniziative di transizione ambientale e sociale e per un altro l’85% le case di moda dovrebbero impegnarsi maggiormente nella gestione dell’intero ciclo di vita dei propri prodotti. A mano a mano che le culture evolvono e le possibilità dei consumatori in alcuni Paesi aumentano, nuovi mercati si aprono al lusso. Tra il 2021 e il 2025 i due terzi della crescita delle aziende del comparto avverrà fuori dall’Europa e dagli Stati Uniti. Resta da risolvere, tuttavia, il rincaro dei costi delle materie prime e dell'energia. L’inflazione è al picco più alto degli ultimi 40 anni, coinvolgendo anche l’industria della moda: se il mercato del consumo di massa è stato il primo a essere colpito, ora anche il settore del lusso ne sta subendo le conseguenze, iniziando a rallentare. Dallo studio di Retviews, emerge che sebbene i marchi di fascia alta non corrano il rischio di una recessione imminente, quelli del lusso accessibile stanno invece mettendo in atto strategie diverse. La ricerca infatti mostra che, rispetto al 2021, i prezzi del lusso accessibile sono aumentati in modo particolarmente aggressivo sia negli Stati Uniti (+36%), sia nel Regno Unito (+26%) e nell’Europa continentale (+20%). Nel post-pandemia, il ritorno alla vita sociale ha favorito la ripresa degli acquisti: dopo quasi due anni di lavoro agile, infatti, i consumatori hanno ricominciato a viaggiare e a recarsi in ufficio, spostando le proprie preferenze da un abbigliamento principalmente casual ad outfit più formali. Non stupisce, quindi, che gli aumenti di prezzo maggiori si siano registrati su abiti (+46%) e camicie (+35%), ovvero quelle categorie merceologiche per le quali, in base ai nuovi stili di vita, i consumatori sono portati a spendere di più. Tuttavia, si sta assistendo a un cambiamento nelle abitudini di acquisto che vede consumatori più attenti alla spesa, con una progressiva diminuzione della domanda nel settore del lusso, tanto che una recente ricerca ha mostrato una crescente preferenza per prodotti più economici. Oppure un maggior ricorso al retail. Arriva anche in Italia XY Retail, per esempio, la piattaforma che semplifica le operazioni di vendita e gestione dei capi integrando on line e off line per offrire esperienze più coinvolgenti ai clienti. Per saperne di più: www.xyretail.com.
Le proposte al Tavolo della Moda
Istituire a livello europeo un fondo comune, da assegnare ai singoli Stati in base al criterio della rilevanza industriale nei settori strategici, che salvaguardi i livelli di mercato mettendo le imprese nelle condizioni di competere e di crescere. È questa la proposta messa nero su bianco dalla Camera nazionale della moda italiana e da Altagamma in occasione del Tavolo della Moda. «L'industria italiana della moda è l'emblema del made in Italy nel mondo e rappresenta un comparto produttivo di enorme importanza per l'economia del nostro Paese e trova la sua esaltazione nella nuova denominazione del Ministero che significa una nuova e più significativa mission», spiega il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Durante la riunione, presentate le azioni che il governo sta mettendo in campo per sostenere il settore e contrastare le nuove sfide globali tra cui la concorrenza sleale e la lotta alla contraffazione. Più in particolare Urso preannuncia l'adozione di incentivi per sostenere l'export puntando a politiche industriali in risposta alle nuove sfide cinesi e americane (Buy European) e la riforma del settore della formazione professionale, eccellenza della filiera italiana, con riforma degli Its e la creazione del liceo del made in Italy. I rappresentanti del settore sollecitano misure per investimenti in sostenibilità, aiuti per la digitalizzazione, sostegni finanziari per export. Tutte richieste presentate dal ministro Urso alla riunione istitutiva del nuovo Comitato interministeriale del made in Italy nel mondo (Cimim). «Stiamo anche lavorando - continua Urso - per trovare nuove risorse per Transizione 4.0, dal momento che negli ultimi mesi del 2022, grazie anche all'attenzione mediatica che abbiamo dato alla misura, le domande hanno avuto una improvvisa e forte accelerazione, specialmente nel mese di dicembre 2022, portando a oltre 150mila le imprese che hanno utilizzato gli incentivi previsti dal Piano esaurendo così i fondi disponibili. Grazie a questi successo, ora dobbiamo trovare altre risorse in altri capitoli. Su questo punto c'è interlocuzione costante con ministro Fitto e le istituzioni europee». L'Italia è oggi il terzo esportatore mondiale con una quota di mercato del 5,3%, dopo Cina e Germania. Durante l’incontro si evidenzia come sia più che mai necessario che i contributi Ice-Agenzia per la promozione del made in Italy non vengano significativamente ridotti nel 2023 rispetto al 2022. L’anno si presenta difficile e mal si coniugherebbe una tale riduzione rispetto alle aumentate necessità di promozione necessarie in questa congiuntura. «Con l’Inflaction Reduction Act – afferma Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda Italiana e vice presidente di Moda Altagamma - gli Stati Uniti hanno stanziato 369 miliardi di dollari e misure protezionistiche a supporto e a difesa dei propri settori produttivi. La Commissione Europea per contro ha presentato una proposta a nome della presidente Ursula Von der Leyen con la quale si propone di rivedere il sistema degli aiuti di Stato allargando le maglie degli interventi e assegnando ai singoli Stati il potere di stanziare provviste finanziarie a supporto. Andrebbe costituita invece una provvista finanziaria comune per sostenere investimenti aggiuntivi delle imprese in alcuni ambiti strategici. L’assegnazione di dotazioni finanziarie a ogni singolo Stato, come già avvenuto per il Recovery and Resilient Fund, andrebbe computata in base a criteri oggettivi». Il documento evidenzia le priorità su cui il nuovo fondo dovrebbe incidere, in particolare sul mondo della moda: dalla sterilizzazione di nuovi picchi energetici a un investimento tangibile per tutelare il potere d’acquisto dei salari rafforzando le condizioni economiche e sociali dei lavoratori, fino agli interventi in tema di transizione digitale ed ecologica e a una nuova programmazione in tema di internazionalizzazione e di comunicazione. Nel testo c’è anche un appello ad attivare nuove iniziative in tema di protezione dei marchi e del sistema produttivo. «È urgente assumere questa funzione come una delle priorità per il Paese - chiarisce Capasa -. La contraffazione è un problema in tutti i settori in cui opera, ma il comparto tessile e della moda si conferma il più colpito dal fenomeno, con un aumento dei sequestri tra il 2020 e il 2021 del 117% e oltre il 55% del totale dei sequestri». Il pacchetto proposto comprende misure organiche a livello legislativo, comunicativo e amministrativo a tutela di tutta la filiera. Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil chiedono inoltre «l'applicazione delle norme a tutela della prevenzione e sicurezza sul lavoro; una ulteriore riduzione del cuneo fiscale, perché aumenti il netto in busta paga di chi lavora; politiche contro la concorrenza sleale e i fenomeni di dumping contrattuale; il rafforzamento delle politiche di reshoring, affinché le aziende italiane riportino all'interno del perimetro nazionale le loro produzioni tuttora all'estero; la necessità di risorse certe a favore della formazione tecnica e professionale, utilizzando al meglio quanto disponibile nel Fondo nuove competenze e nei Fondi Interprofessionali; il sostegno a favore dei processi di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Sono necessarie politiche di incentivi vincolate a obiettivi per il rispetto della legalità, per l'applicazione dei contratti nazionali di lavoro firmati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, per il mantenimento e l'incremento dei livelli occupazionali. E servono tavoli specifici, articolati e operativi, che possano consentire al governo di passare rapidamente dalla fase di ascolto delle parti a una concreta di attuazione esecutiva».
Formazione e buone pratiche
Investire sulla formazione professionale appare urgente e improcrastinabile. Secondo i dati ufficiali del ministero dell'Istruzione, in Italia sono presenti 1.508 Istituti professionali, suddivisi in 11 diversi indirizzi. Tra questi, gli Istituti con indirizzo "Industria e artigianato per il made in Italy" (cui fa riferimento il settore Tessile, Moda e Accessori) sono 269. Spazio quindi ai giovani e ai nuovi brand della moda tricolore: occorre investire sulle nuove generazioni per rilanciare concretamente il made in Italy. E poi: rivedere le regole volte a una maggiore tutela dei marchi per arginare la contraffazione, introducendo in Italia il sistema Nft (Non fungible token), un token che garantisce a qualsiasi prodotto una identità unica; assicurare più diritti per i lavoratori, mettendo la parola fine allo sfruttamento; valorizzare artigianato e manodopera di qualità. Queste le richieste presentate dalla consigliera nazionale di Unimpresa, con delega di ambasciatrice della moda nel Mondo, Margherita de Cles. «L’Italia è il terzo Paese al mondo per export e con un rilevante quantitativo di marchi venduti a società finanziarie estere. Il valore del made in Italy è estremamente importante e, pertanto, è necessario creare le condizioni per valorizzare tutto il potenziale inespresso, dando spazio ai giovani e ai nuovi brand. Del resto, molte aziende di alta moda italiane sono state vendute a gruppi stranieri negli ultimi anni: Versace al gruppo americano Kors, Valentino al gruppo del Qatar Mayhoola for Investments e poi Loro Piana, Fendi, Pucci e Acqua di Parma al gruppo di Arnaud, La Perla agli olandesi di Sapinda, il colosso Yoox Marchetti ha venduto Yoox-net-à-porter a un’azienda svizzera, Gucci a Kering», sottolinea la consigliera di Unimpresa. Altro tema affrontato, quello dei maestri artigiani e delle eccellenze creative che vanno consolidate assicurando incentivi ai giovani, favorendo la scoperta di alcuni mestieri poco ricercati e valorizzati. «C’è il forte bisogno di tramandare e salvaguardare la manodopera che realizza con le proprie mani un valore di eccellenza grazie alle proprie competenze ed estro. Questo patrimonio si sta perdendo con lo scomparire dei sarti delle botteghe. Fare made in Italy non si limita alla realizzazione, per esempio, di un capo d’abbigliamento, ma creare bellezza grazie al lavoro manuale e alla forza creativa che fa parte del saper fare italiano. Dare valore al comparto moda con delle figure di spicco come è stato fatto nel campo dell’architettura con Renzo Piano e musicale con Riccardo Muti sarebbe molto utile. La formazione, grazie anche al contributo di mostri sacri della moda come Armani o Miuccia Prada, è l’elemento principe per la realizzazione, comprensione e condivisione di un made in Italy autentico. Saranno i giovani italiani o italianizzati che hanno il compito di tramandare questo patrimonio e mettere da parte carriere apparentemente più stimolanti e con l’illusione di un lavoro sicuro. Non è un caso che Dior abbia scelto la Puglia per le sue produzioni. Tutte le eccellenze sono al Sud e vanno valorizzate e alzate di livello», sostiene de Cles. «Il mondo del costume design è estremamente affascinante e complesso, con dinamiche proprie e importanti opportunità professionali - dichiara invece il direttore di Polimoda Massimiliano Giornetti -. Nel musical e nel teatro, ma anche nel cinema e nelle serie televisive, i costumi di scena sono fondamentali per delineare i personaggi, creare la giusta atmosfera, catturare lo spettatore o rendere memorabile uno spettacolo. Sono molti i punti di contatto con la creazione di moda, ma disegnare costumi per lo spettacolo richiede accortezze e competenze storiche e antropologiche molto specifiche. Per Polimoda, questa nuova apertura è un'evoluzione naturale. Grazie alla collaborazione con partner di grande esperienza come Lorin Latarro, potremo formare costumisti capaci di portare il savoir-faire della moda italiana sui palcoscenici di tutto il mondo». Confermando la propria vocazione internazionale e la volontà di arricchire la propria offerta formativa in nuovi ambiti artistici e culturali, Polimoda presenta un'introduzione al costume design e anticipa il lancio di un nuovo corso dedicato alla professione del costumista per il prossimo ottobre. Intanto parte il primo corso di formazione per il settore tessile, promosso dall’Istituto tecnico statale “Tullio Buzzi” di Prato e Manpower. L’iniziativa fa parte di un accordo più ampio, che mira ad attivare un’importante collaborazione in ambito formativo con lo scopo di supportare l’inserimento occupazionale dei giovani e fornire le competenze richieste dalle aziende del settore tessile pratese. Il primo corso di formazione è dedicato agli addetti alla filatura ed è organizzato in collaborazione con l’Agenzia per il lavoro Manpower, partner del progetto per la formazione e l’inserimento dei corsisti nel mondo del lavoro. Grazie a una peculiare conoscenza del territorio toscano e del suo comparto produttivo, Manpower attiva sinergie tra il mondo dell’Education, le Istituzioni, i candidati e le aziende, al fine di creare un circolo virtuoso di saperi, competenze ed esperienze per rispondere ai bisogni di sviluppo della zona. La filiale Manpower di Prato, nello specifico, opera da 25 anni nel territorio ed è punto di riferimento per le aziende e le persone, sia per la formazione che per gli inserimenti nel mondo del lavoro. Manpower in Toscana organizza, da diversi anni, programmi di formazione per vari settori, come la pelletteria, l’oreficeria e il metalmeccanico, che hanno permesso l’inserimento di centinaia di persone nelle aziende della regione. Mentre Margherita Maccapani Missoni, mentor del master in Fashion Business, uno dei corsi previsti dal nuovo programma master moda Ied Firenze, incontra gli studenti dell'istituto condividendo le sue esperienze per aiutarli a comprendere il loro percorso di formazione e di approccio al settore. Terza generazione della famiglia Missoni, nipote di Ottavio e Rosita, Margherita Maccapani Missoni, nel suo intervento sottolinea i diversi aspetti che un professionista dovrà affrontare e l'importanza di sapere dialogare con la produzione, la comunicazione, il marketing , il retail, i clienti. I fashion designer e i comunicatori di domani a lezione per una giornata dai big della moda e della creatività digitale. L'Istituto Modartech chiama a raccolta le matricole dei corsi di laurea in Fashion Design e Communication Design al Museo Piaggio di Pontedera (Pisa) per l'inaugurazione dell'anno accademico 2022/2023, aperto da Pinko e Adobe. «Quest'anno registriamo un importante incremento di iscritti e di collaborazioni per sviluppare le nostre attività - dice Alessandro Bertini, direttore di Istituto Modartech. - È il segno della crescente attrattività che l'Istituto riveste, anche fuori dai confini toscani. A darci fiducia, inoltre, è la nostra rete di aziende con cui collaboriamo, che in un solo anno è aumentata di circa 100 realtà, arrivando a quota 800. Grazie a queste sinergie riusciamo a proporre momenti di confronto che rivestono un'importanza strategica per i nostri ragazzi, poiché sempre più aziende sono alla ricerca di professionisti in grado di unire l'approccio digitale con quello artigianale. Un metodo, questo, che seguiamo da anni nei nostri percorsi di studio». Arriva alla seconda edizione il progetto di Altagamma Adotta una scuola, nato nel 2021 in collaborazione con il ministero dell'Istruzione, che prosegue nell'intento di creare un rapporto virtuoso tra scuole tecniche-professionali e il mondo industriale e di rispondere così alle più attuali esigenze delle aziende creative che oggi hanno bisogno di talenti manifatturieri: 17 marchi collegati con 17 istituti d'istruzione secondaria tecnica e professionale. O chi come Tod's ha avviato il programma Botteghe dei Mestieri. Secondo Matteo Lunelli, presidente di Altagamma, «il saper fare è al cuore dell'eccellenza del made in Italy, è un elemento distintivo delle nostre creazioni e affonda le sue radici nella storia e nelle tradizioni del nostro Paese. Per questo Fondazione Altagamma è impegnata da anni sul tema della formazione e della tutela delle filiere dell'alta industria culturale e creativa italiana e intendiamo proseguire in tal senso. Con il progetto Adotta una scuola vogliamo valorizzare le conoscenze e le competenze artigianali e tecniche, indispensabili per la nostra industria, coniugando esigenze delle imprese e necessità formative degli istituti». Il progetto, aggiunge Stefania Lazzaroni, direttrice generale di Altagamma, «comporta un processo collaborativo codificato che tende a ridurre il divario tra domanda e offerta di questi profili integrando i programmi didattici per rispondere alle più attuali esigenze delle aziende. Lo studio Altagamma-Unioncamere evidenziato una rilevante difficoltà a reperire talenti manifatturieri: si stima siano circa 346mila le figure professionali che serviranno, ma solo una su due sarà identificata. Un paradosso in un Paese che vede il 23% di disoccupazione giovanile». Nasce la Knitwear Valley nel triangolo del tessile tra Reggio Emilia, Modena e Bologna. Un'area specializzata nella progettazione e produzione di maglieria di lusso creata da Smt-Società manifattura tessile, leader in progettazione e produzione di maglieria di lusso e Nuova Nicol - produzione di maglieria di lusso da donna. Il nuovo distretto è reso possibile dall'accordo di investimento vincolante per l'acquisizione da parte di Pattern attraverso la controllata Smt, società attiva nella progettazione, ingegneria, sviluppo, prototipazione e produzione di linee di abbigliamento per i più prestigiosi marchi mondiali top di gamma, del 100% di Nuova Nicol. Il Gruppo Pattern oggi detiene 12 aziende (13 sedi) in sette regioni, per un totale di circa 850 collaboratori e un fatturato proforma 2021 consolidato di Gruppo, che non include ancora Nuova Nicol, di oltre 100 milioni di euro. Geely - il gruppo cinese che controlla tra gli altri marchi come Volvo Cars, Polestar, Lotus, Lynk&Co., Smart, Proton, Geometry, ed è il maggiore azionista di Volvo AB e Daimler AG - annuncia l'apertura di Geely Innovation Design Center Italy (Gidci), nuovo hub per la creatività e il design con sede nel centro di Milano, nella Torre Diamante in zona Porta Nuova. Inaugurato all'inizio di gennaio 2023, il design center è attualmente in fase di reclutamento e di organizzazione di tutti gli aspetti logistici. L'apertura di un hub europeo per il design e l'innovazione in una delle capitali mondiali della moda e del design - si sottolinea in una nota - «è stata fortemente voluta dal management dell'azienda, per affermare il ruolo centrale della creatività nel presente e nel futuro del brand». Il Design Center milanese «ha l'obiettivo di diventare un partner chiave per il quartier generale del design Geely a Shanghai e per gli altri centri di design all'estero, lavorando su programmi di ricerca e sviluppo per concept car e veicoli di produzione e facendo funzione di think tank per tutti i creativi del gruppo». Compito specifico di Geely Innovation Design Center Italy sarà quello di essere una forza chiave per i progetti di crescita del Gruppo Geely, per la definizione di strategie internazionali e lo sviluppo di prodotti per nuovi mercati. Il Design Center milanese punta a essere «un ambiente di lavoro dinamico che si pone l'obiettivo di diventare un proficuo incubatore di talenti, dove il mix di molte culture possa catalizzare e consolidare energie creative». Geely comunica che sono aperte le assunzioni dello staff del Gidci, «garantendo ai candidati la solidità di un grande gruppo unita a una strategia di crescita ed espansione per il futuro». I designer che desiderano maggiori informazioni sulle posizioni aperte e su come candidarsi possono scrivere ad alessandra.yin@geely.com o visitare la pagina Linkedin di Geely Design https://www.linkedin.com/company/geelydesign/. Nuova vita alla lana, sviluppo per il territorio si inserisce nell’ambito delle attività promosse dal progetto Tramando s’innova, finanziato da Regione Lombardia e Regione Sardegna. Il progetto è nato per promuovere lo sviluppo integrato della filiera della lana, creando sinergie tra mondo rurale e mondo artigianale-industriale. Un obiettivo con le radici in un passato glorioso. La produzione e la lavorazione della lana hanno per molto tempo caratterizzato la fortuna del nostro Paese che però oggi è produttore di grandi quantità di “lana sucida” (grezza, impregnata di sostanze grasse e altre impurità) prodotta dai nostri otto milioni di ovini. In Italia si stima una produzione annuale di questa tipologia di lana, non competitiva sui mercati internazionali, di circa 12 mila tonnellate, per una media di circa 1,5 chilogrammi per capo. Il risultato è che le lane tosate rimangono spesso invendute e che la produzione si trasforma in un costo molto salato per gli allevatori. Infatti, se la lana non viene ritirata presso l’allevamento, deve essere smaltita come rifiuto speciale, con forti oneri economici e di gestione per l’allevatore. Infatti, la lana, secondo la normativa europea, è considerata un sottoprodotto di origine animale speciale perché, essendo sporca, potrebbe contenere agenti patogeni e il suo smaltimento necessita quindi di procedure e direttive precise. È su questo concetto che si fonda il progetto Tramando s’innova che mira a valorizzare la lana e la sua filiera, regione per regione, attraverso un Manifesto che presenta proposte concrete per rimettere in circolo questa risorsa in modo ecologico e solidale. Ma non solo, all’interno della progettualità trovano spazio anche azioni volte a sostenere il mondo della pastorizia e a tutelare le razze a rischio di estinzione. Obiettivi: trasformare la lana da rifiuto a risorsa cominciando dalla modifica della normativa europea che l’ha ridotta alla stregua di un rifiuto speciale; creare centri di lavaggio e di stoccaggio della lana nelle aree del nostro Paese, soprattutto nella Bergamasca, in cui si conservano ancora conoscenze tecnico-professionali che possono garantire gli standard necessari ad una filiera di qualità. Infatti, la chiusura dell’ultimo centro di lavaggio di lane italiane nel Nord Italia, avvenuto nel 2018 proprio a Gandino, ha generato ricadute negative sull’intero sistema laniero. Occorre inoltre insistere sulla sensibilizzazione e sulla formazione degli allevatori, affinché pratichino la tosatura nel modo migliore per ottenere lane selezionate secondo qualità. Infine, sarebbe opportuno continuare a promuovere ed incentivare, attraverso norme specifiche, l’utilizzo della lana anche in altri settori: fertilizzanti (cheratina), cosmetici (cheratina e lanolina), bioplastiche e biomateriali (lana in polvere e ingegneria tissutale), isolamento termico e acustico (edilizia sostenibile), assorbente (inquinamento marino), pacciamante (ortoflovivaismo), oltre agli svariati utilizzi in ambito tessile. Coniugare tecnologia e creatività per avvicinare i giovani alle opportunità aperte dalla digitalizzazione del settore moda e stimolare la costruzione di supply chain digitali e rispettose dell’ambiente. È questo l’obiettivo alla base della collaborazione tra Dedagroup Stealth e l’Università Iuav di Venezia. L’azienda ha infatti messo a disposizione degli studenti del Laboratorio avanzato di tecniche e materiali per la moda, parte del corso di laurea magistrale in Arti Visive e Moda, la propria piattaforma on line Bsamply come canale di approvvigionamento delle materie prime. Parte dell’ecosistema di servizi e soluzioni di Dedagroup Stealth, Bsamply promuove la digitalizzazione del settore e favorisce l’incontro tra i fornitori di materie prime (dai tessuti ai filati, dalla pelle agli accessori) e il mondo della moda e dell’interior design. Qui gli studenti possono trovare, campionare e ordinare materie prime di qualificati fornitori, mettersi in contatto con i confezionisti più adatti a realizzare la propria mini-capsule collection. Bsamply offre anche la possibilità – a stilisti e aziende – di scegliere le realtà che maggiormente rispecchiano i requisiti di trasparenza e tracciabilità, coerentemente con la crescente sensibilità verso la sostenibilità.
La moda cerca avvocati a caccia dei falsi
La contraffazione resta comunque una delle voci che più danneggia la moda italiana. In un mercato che è sempre più globale e digitale, cresce continuamente la richiesta di fashion lawyer, avvocati che siano in grado di gestire le questioni legali che possano sorgere. «Quella del fashion lawyer – precisa Matilde Reggiani, senior consultant di JHunters – è una professione nell’ambito legale che sta prendendo sempre più piede. Ne troviamo uno, se non vere e proprie divisioni, all’interno dei più importanti studi d’avvocatura specializzati in tutela del diritto d’autore. Negli ultimi tempi abbiamo assistito alla nascita di uffici corporate dedicati, sia in grandi firme sia in aziende di più piccole dimensioni, affinché ci sia un presidio costante e puntuale di questa materia che è davvero molto complessa. I dati che abbiamo parlano chiaro: secondo il nostro osservatorio sono cresciute, nell’ultimo anno, del 10% le richieste di avvocati specializzati in questo settore». Per intraprendere tale percorso professionale è ovviamente necessario il conseguimento della laurea in Giurisprudenza e il titolo di avvocato tramite il superamento dell’esame di Stato. A questo si aggiunge poi un percorso di specializzazione in ambito fashion. L’Accademia del lusso, per esempio, propone una serie di corsi specifici, mentre alcune Università (come la Statale di Milano o la Luiss di Roma) offrono master di II livello che hanno l’obiettivo di veicolare una formazione giuridica altamente qualificata e di respiro internazionale. Il lavoro del fashion lawyer è molto complesso. Chiunque si approcci a tale settore deve avere necessariamente una forte visione multi-disciplinare e trasversale che coinvolge anche alcuni aspetti del marketing. Sono fondamentali, inoltre, una precisa comprensione delle logiche che sottendono il sistema moda ed eccellenti doti relazionali. Questi professionisti dovranno assistere i clienti nelle fasi di ideazione, deposito del marchio, planning, produzione, distribuzione e promozione di prodotti e servizi. Non solo, dovranno affiancarli anche nella tutela del marchio e nella gestione di un eventuale contenzioso. «Un altro aspetto nuovo ed estremamente interessante – conclude Reggiani – riguarda l’influencer marketing per cui il fashion lawyer entra in gioco sia a supporto del brand sia a supporto del singolo influencer. Vi è dunque un mare magnum di potenziali clienti che a oggi necessitano supporto legale. Si tratta di un mercato estremamente complesso e variegato, ma altamente remunerativo: si parla di compensi intorno ai 15mila euro per l’avvio di procedimenti cautelari sommari e che si concludono in 30 giorni, fino ad arrivare a 30mila per l’avvio di procedimenti di merito ordinari. Un fashion lawyer con un’esperienza compresa tra i due e i cinque anni può percepire un compenso che varia tra i 30mila e i 35mila euro lordi annui, a seconda ovviamente della grandezza dello studio o dei clienti che assiste».