La mediazione trovata l’altra notte sui piccoli ospedali ha evitato la chiusura d’imperio di tutte le strutture con meno di 120 posti, ma ha lasciato spazio ad un meccanismo che lo stesso ministro della Salute Renato Balduzzi definisce «complesso», e che ora chiama al sacrificio anche i grandi ospedali. In sostanza, resta fermo l’obiettivo di tagliare 18mila posti letto (30mila nel triennio 2009-2012), ma tocca alle Regioni approntare, entro il 30 novembre, una riorganizzazione tale da arrivare da 4 a 3,7 posti ogni mille abitanti. Una riorganizzazione che avverrà «esclusivamente» - dice il decreto - attraverso la «soppressione di unità operative complesse» (ad esempio accorpando reparti omologhi dei grandi ospedali) e che non esclude una «verifica» delle piccole strutture (resterebbero i presìdi specializzati nella cura di particolari patologie e quelli che assicurano un servizio in territori mal collegati, mentre altri potrebbero essere convertiti in poliambulatori e centri di assistenza diurna). Una formula attutita che già non piace a Cgil-medici: «Chiuderanno mille reparti».Il punto è che Balduzzi, giovedì notte, ha recuperato la possibilità di decidere i tagli ai posti letto con le Regioni. «Capisco le ragioni dei governatori, negli ultimi anni hanno fatto grandi sforzi, ma con le nostre scelte ritengo che il sistema resti sostenibile», ha assicurato ieri. Lasciando anche trapelare il difficile dialogo tra il suo dicastero e il Tesoro. Da lunedì si aprirà dunque una sorta di tavolo permanente con gli assessori per arrivare alla scadenza del 30 novembre con i tagli già definiti. Oltre quella data il governo interverrà con poteri sostitutivi.Una mediazione simile è stata trovata sul taglio di 3,8 miliardi sul Fondo sanitario per il 2013 e il 2014 (non sono invece oggetto di discussione i 900 milioni in meno per il 2012). Cifre che «difficilmente potranno essere ridotte», spiega il ministro per gli Affari regionali Piero Gnudi. Tuttavia, aggiunge Balduzzi, il decreto porta una novità: «A saldi invariati possiamo trovare un accordo con le Regioni su misure e modalità». Il testo prevede infatti che il taglio per il prossimo biennio possa essere "indirizzato" dai governatori nell’ambito del Patto per la salute 2013/2015. Da qui la volontà di dare un’accelerata, chiudendo il documento programmatico della sanità entro fine luglio, in modo che le decisioni prese possano diventare emendamenti durante il passaggio in Aula. Se invece non ci sarà intesa, ai 3,8 miliardi si arriverà con le misure ora previste dal decreto: taglio del 5 per cento degli appalti «in essere» per beni e servizi, calo della spesa farmaceutica e riduzione del 2 per cento delle prestazioni erogate da strutture private convenzionate (questa misura, secondo l’Associazione italiana ospedalità privata, equivale a 56mila ricoveri in meno annui).Proprio il Patto per la salute potrebbe divenire nuovo terreno di scontro, perché l’effetto cumulato dei tagli di Monti e Tremonti riduce la dotazione pluriennale di 22 miliardi, portando la somma annuale poco sotto i cento. E l’effetto da scongiurare è una riduzione dei "Livelli essenziali di assistenza", cioè dei servizi minimi offerti ai cittadini. Inoltre, nell’ambito del Patto, Balduzzi vorrebbe anche inserire la riforma del ticket con franchigie in base al reddito familiare in modo che l’aumento di 2 miliardi previsto dal 2014 metta al riparo le fasce deboli.Infine una curiosità e una buona notizia. La curiosità è che, con il nuovo rapporto di 3,7 posti letto ogni mille abitanti, alcune regioni come Campania, Umbria e Basilicata, ora sottodimensionate, potrebbero aggiungere letti e non toglierne. La buona notizia è che il fondo-Letta, rimpinguato con 700 milioni, sosterrà in via prioritaria la lotta alla Sla e l’assistenza domiciliare dei malati.