sabato 11 luglio 2015
Parla il gesuita che custodisce l’originale dell’opera con la falce e il martello donata al Papa. «Non arte marxista, ma invito ad andare oltre le ideologie». Offerte alla Madonna le due medaglie regalate da Morales.
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Il Crocifisso tanto frainteso? L’originale è in camera mia. Stava sul comodino di Lucho. E, dopo l’assassinio, l’ho preso in suo ricordo». Il gesuita padre Xavier Albó, confratello e amico fraterno di Luis Espinal, Lucho appunto, ucciso 35 anni fa per la sua difesa dei poveri e della democrazia, è divertito dalle polemiche scatenate dall’originale regalo del presidente boliviano Evo Morales a papa Francesco. «Quando, la scorsa settimana, l’artista Gastón Urialde è venuto a casa per fare il bozzetto sulla cui base riprodurre il Crocifisso, ho pensato: “Arrivano i guai”», scherza padre Xavier con Avvenire. Poi torna serio e dice: «Allora come adesso c’è gente, anche fra i cristiani, che si scandalizza senza capire. Che si ferma alle apparenze. Alle ideologie. Proprio quello che voleva denunciare Lucho. La falce e il martello nel Crocifisso simboleggiavano, per lui, la necessità di dialogare sulle questioni di fondo. Sull’oppressione, la libertà, la dignità del lavoro. Andando oltre i comodi steccati dell’ideologia, in nome della quale i dittatori massacravano i cristiani accusandoli di essere marxisti». Padre Xavier ci tiene a precisarlo: «Lucho non è mai stato marxista. Aveva accese discussioni con i veri marxisti. Non ne comprendeva l’ateismo né i pregiudizi verso la fede. Per Espinal quest’ultima era il vero motore di liberazione e riscatto degli uomini e dei popoli». A tanti, però – proprio come è accaduto ad altri uomini di Chiesa latinoamericani, dal beato Romero al gesuita Rutilio Grande – faceva comodo alimentare la confusione, per screditare quanti, nella Chiesa, si erano schierati evangelicamente al fianco dei poveri.Lo spagnolo Espinal, scrittore, giornalista, critico cinematografico, aveva consacrato il suo talento a rivendicare i diritti degli ultimi. Con la parola e con la penna. «Non solo. Da quando era arrivato in Bolivia aveva iniziato a scolpire – afferma padre Xavier –. Utilizzava materiale di scarto e lo lavorava per creare piccoli oggetti da regalare agli amici». Anche questo era un messaggio per lui: dagli scarti – o dagli «scartati» direbbe Francesco – possono nascere opere d’arte. «Quel Crocifisso l’ha fatto nel suo ultimo anno di vita, ispirandosi al Cristo di Velázquez e aggiungendovi la falce e il martello. Pensi che, una volta, l’ho portato a una commemorazione per Lucho e mi si è rotta la falce. Ho dovuto incollarla. Meno male che quello per il Papa era nuovo», sorride il gesuita.Prima di lasciare la Bolivia, Francesco ha voluto donare alla Vergine di Copacabana, in omaggio al popolo boliviano, le due onorificenze concessagli dal presidente Morales: quella del Condor e la medaglia che porta il nome di Espinal e ha la croce con la falce e il martello.
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