sabato 5 aprile 2025
Roberta Vincini, Lucia Vantini, Nando Pagnoncelli e Pierpaolo Triani commentano l’esito inatteso ma fecondo della Seconda Assemblea sinodale: giorni di confronto critico, franco. Costruttivo
Da sinistra: Roberta Vincini, Lucia Vantini, Nando Pagnoncelli e Pierpaolo Triani, membri del Comitato nazionale del Cammino sinodale, tutti e quattro fra gli oltre mille partecipanti alla Seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia

Da sinistra: Roberta Vincini, Lucia Vantini, Nando Pagnoncelli e Pierpaolo Triani, membri del Comitato nazionale del Cammino sinodale, tutti e quattro fra gli oltre mille partecipanti alla Seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia - .

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Una battuta d’arresto? Un passo falso? O un «fallimento», addirittura? No: un’esperienza di piena, autentica sinodalità. Messa in pratica, non solo proclamata a parole. Così Roberta Vincini, Lucia Vantini, Nando Pagnoncelli e Pierpaolo Triani – tutti membri del Comitato nazionale del Cammino sinodale – parlano del “frutto” inatteso della Seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia. Che ha deciso – con la mozione approvata giovedì 3 aprile, giorno conclusivo dell’incontro – di affidare il testo delle Proposizioni, intitolato “Perché la gioia sia piena”, alla Presidenza del Comitato, perché «provveda alla redazione finale accogliendo emendamenti, priorità e contenuti emersi» da quei giorni di confronto franco e fecondo fra i mille delegati giunti a Roma da tutta Italia. Il documento finale sarà dunque votato il 25 ottobre, in occasione del Giubileo delle équipe sinodali. E verrà rinviata a novembre – così ha stabilito all’unanimità il Consiglio episcopale permanente – l’Assemblea generale della Cei prevista per maggio.

Vincini: una Chiesa che mette al centro Gesù. E la relazione

«L’obiettivo non era costruire a tavolino un bel documento ma essere, sempre più, Chiesa in cammino, che risponde alla sua vocazione e mette Gesù Cristo al centro. Ma con lo stile di Gesù: che al centro mette sempre la relazione. Ed è questo il messaggio lanciato dall’Assemblea sinodale – scandisce Roberta Vincini, presidente del Comitato nazionale Agesci –: noi siamo Chiesa che vive un vero cammino sinodale. Laici, consacrati, vescovi, con libertà e nell’ascolto reciproco che è dono dello Spirito, in cammino insieme, con il Papa e dentro il grande cammino del Sinodo della Chiesa universale. Con questa libertà, con questo ascolto, in questi giorni abbiamo capito che il Cammino sinodale ora chiedeva un passo diverso e tempi diversi rispetto a quelli programmati. E così abbiamo fatto».

Il documento portato all’Assemblea «era tanto sintetico da non restituire la ricchezza del cammino fatto in questi anni. Un cammino – testimonia Vincini – che ha coinvolto diocesi, associazioni, movimenti, che ha visto laici, consacrati e vescovi crescere nella comunione, e che in questi anni post-pandemia ha rappresentato, anche sul piano sociale, una risposta bella, nel segno del rilancio delle relazioni che l’emergenza Covid aveva desertificato». È dunque per restituire alla Chiesa tutta questa ricchezza, «ben presente nei Lineamenta», che si è deciso che «serve altro tempo». Il testo portato all’Assemblea «non solo conteneva formulazioni troppo sintetiche, ma aveva talvolta un linguaggio un po’ “antico”, che fatica a raggiungere tutti. Anche su questo dobbiamo lavorare». E anche così si cresce in quella «corresponsabilità e partecipazione familiari a noi scout».

Vantini: punto di non ritorno, sul cammino di una Chiesa sempre più ospitale

«La vera innovazione risiede nel processo stesso della sinodalità che ci fa da orizzonte e che in questi giorni ha rivelato tutta la propria forza simbolica e di condivisione reale», afferma Lucia Vantini, teologa e delegata episcopale della Prossimità nella diocesi di Verona. «L’Assemblea ha desiderato con insistenza, espresso con coraggio e ottenuto con soddisfazione, una discontinuità nel metodo. Una sorta di rottura pacifica, un’interruzione necessaria, perché avvertivamo una grande perdita del lavoro fatto finora. In questi quattro anni, infatti, abbiamo lavorato intensamente, unendo sensibilità e storie diverse nella stessa passione per il cammino comune – riprende Vantini –. Proprio questa dedizione alle comunità ci ha portato a riconoscere chiaramente che le Proposizioni presentate non riflettevano adeguatamente la ricchezza elaborata finora e non provenivano in modo chiaro dal lavoro comune. È come se durante il percorso si fosse verificata una perdita simbolica, un’emorragia dei significati più urgenti e, soprattutto, una paralisi di quel dialogo che ha caratterizzato questi anni di lavoro».

In questi giorni è venuta alla luce «una risonanza profonda tra le persone, una sinergia di pensieri, parole, sentimenti e gesti evidente fin dai primi incontri informali nei corridoi degli alberghi e a tavola, che poi ha trovato una voce sistematica nei gruppi di lavoro, dov’è emersa una voce piena di differenze che volevano dirsi e darsi, alimentate da quella ostinata speranza che ci ha spinto a investire tempo, energie e vita in questa scommessa sinodale». Ebbene: «Il disagio è stato espresso in modo costruttivo ma deciso, con la chiara richiesta di non chiudere prematuramente il discorso e di continuare il lavoro condiviso». Sul piano dei contenuti? «C’è ancora molto da discutere, ma quello che è importante sottolineare riguarda lo stile: non si è trattato infatti di uno scontro né di un posizionamento in un campo schierato. Semplicemente, non si torna indietro dalla scommessa sinodale: dovrà nascere una Chiesa capace di ospitare le differenze, una Chiesa meno preoccupata dei confini e più attenta alla creazione di spazi ospitali nei quali il popolo di Dio annuncia, celebra, vive il Dio di Gesù Cristo nel suo Spirito capace tanto di trasformare l’intimità delle nostre vite quanto di rendere giusto e pacifico il mondo».

Pagnoncelli: cambiare percorsi programmati, scelta coraggiosa e feconda

«È stata un’Assemblea all’insegna della sorpresa: a partire dagli interventi sulle Proposizioni, la maggior parte con perplessità, critiche, richieste di integrazione rispetto a un testo ricevuto solo pochi giorni prima; e poi la sorpresa di alcuni vescovi, che forse non si aspettavano questa reazione; e la sorpresa da salutare come quella più positiva, la decisione del Consiglio episcopale permanente di rimandare a novembre l’Assemblea della Cei. Tutto questo dice la vitalità dell’Assemblea sinodale», afferma Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia e docente di Analisi della pubblica opinione in Università Cattolica. «Con vero spirito sinodale, la Cei non si è chiusa in difesa di fronte alla richiesta di tempi più lunghi per non disperdere la ricchezza di questo lavoro e dello spirito che lo ha contraddistinto. Nella prima fase del Cammino sinodale, quella narrativa, sono stati coinvolti cinquantamila gruppi in tutta Italia: chi ha mai saputo fare operazioni di ascolto della popolazione così ampie e capillari? Ci vuole coraggio a cambiare i percorsi programmati: ma darsi tempi nuovi sarà una scelta feconda, anche per trovare le sintesi giuste su temi riconosciuti come importanti ma magari ancora divisivi».

Triani: il messaggio? La Chiesa prende sul serio il Cammino sinodale

«Il messaggio dato dall’Assemblea è che la Chiesa prende sul serio il Cammino sinodale», tira le somme Pierpaolo Triani, ordinario di Pedagogia generale in Cattolica. «Sono stati giorni di confronto fraterno, di condivisione autentica. Nel dialogo, si è ritenuto che le Proposizioni fossero troppo sintetiche rispetto alla ricchezza del cammino fatto, e che servisse prendere altro tempo». Fra i temi giudicati prioritari e maggiormente emendati delle 50 Proposizioni – com’è emerso dalla conferenza stampa finale, alla quale Triani ha partecipato – il ruolo delle donne, l’obbligatorietà dei consigli pastorali, l’accompagnamento delle persone «in situazione affettiva particolare», un «percorso nazionale rinnovato dell’iniziazione cristiana». «Non si tratta di “produrre documenti” – ribadisce Triani – ma di camminare insieme. E in tempi segnati dalla frenesia, che invoca decisioni rapide affidate a pochi, la scelta di prendere più tempo per valorizzare la partecipazione di tutti è un messaggio in controtendenza e prezioso».


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