giovedì 22 marzo 2012
​Parla il presidente dei vescovi cubani: il nostro impegno pastorale guarda al bene del Paese: la Chiesa al servizio della riconciliazioni.
La devozione dell’isola per la «Cachita»
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Sono giorni faticosi, ma felici». Non è una frase di circostanza. L’entusiasmo con cui Dionisio García Ibañez, arcivescovo di Santiago di Cuba, si prepara ad accogliere Benedetto XVI nella prima tappa del Pontefice sull’isola caraibica traspare da ogni  parola. «È il coronamento di un percorso di fede che abbiamo vissuto in occasione del 400° anniversario del ritrovamento dell’immagine della Vergine della Carità del Rame», afferma monsignor García, marcando le «s» come fanno i cubani di Guantánamo. Qui l’arcivescovo e presidente della Conferenza dei vescovi cubani, è nato 67 anni fa e ha trascorso l’adolescenza prima di trasferirsi a Santiago per studiare ingegneria elettrica. In Seminario è entrato dopo la laurea, ottenuta col massimo dei voti. Del periodo trascorso tra calcoli e teoremi, "l’arcivescovo- ingegnere" ha conservato il senso pratico e la concretezza. Qualità che gli sono tornate utili quando si è trovato a organizzare - insieme all’arcivescovo dell’Avana, il cardinale Jaime Ortega y Alamino e gli altri vescovi cubani - uno degli eventi più significativi degli ultimi 50 anni: il pellegrinaggio dell’immagine Madonna del Rame per l’intera isola.Che cosa ha rappresentato questo evento?Dall’8 agosto 2010 al 30 dicembre 2011, l’effigie ha visitato ogni angolo di Cuba. È stata una straordinaria esperienza di fede, una riscoperta delle radici cristiane dell’isola. A cui ora il Papa viene a dare una speciale forza e intensità. Lo stesso Benedetto XVI ci visita come pellegrino e devoto della Vergine per ricordarci il suo messaggio: "Non abbiate paura".Come si è preparata la Chiesa cubana a celebrare i 400 anni della Vergine del Rame?Abbiamo proposto a tutti i cubani, cattolici e non, di compiere tre gesti, di alto valore pratico e simbolico. Un gesto di misericordia nei confronti dei fratelli; un gesto di riconciliazione e un gesto di gratitudine verso il Signore che ci ha dato suo Figlio e quest’immagine tanto amata dai cubani.Il "gesto di riconciliazione" di cui parla la Chiesa è anche un messaggio sociale?Speriamo sempre che un gesto di riconciliazione, a forza di ripeterlo, si trasformi in un comportamento abituale. Dio è venuto per riconciliarci, con Lui e fra noi. Questa è da sempre la missione della Chiesa e questa è anche la missione specifica che la Chiesa cubana si propone di portare avanti nell’isola. Nel 2010, la Chiesa è stata chiamata a mediare per la liberazione di un gruppo di prigionieri. Che cosa ha significato questo fatto, impensabile fino a poco tempo fa?La Chiesa ha sempre cercato - anche nei momenti più difficili - di dare risposta alle necessità del popolo attraverso la pastorale sociale. La funzione di mediatrice o meglio di "facilitatrice" assunta nel 2010  è stata una prosecuzione del lavoro sociale della Chiesa in un terreno certo più delicato e specifico. Allo stesso tempo, la mediazione ha aperto una possibilità: se in quell’occasione e su quella particolare questione si è arrivati a una soluzione - non certo priva di difetti ma comunque una soluzione - significa che magari è possibile risolvere anche altre questioni. Il ruolo di mediatrice della Chiesa ha generato anche polemiche: alcuni l’hanno interpretata come un "cedimento" di fronte al governo. Eppure la Chiesa cubana ha difeso sempre con coraggio i diritti umani. Lei stesso, alcune settimane fa, è intervenuto in favore delle Damas de Blanco di Santiago. Delle volte si ha l’occasione di fare del bene. In quel caso il cristiano non può tirarsi indietro e men che meno la Chiesa. Pur sapendo che potranno esserci critiche. Queste, però, non possono diventare un alibi per non agire. La Chiesa non si propone come mediatrice né aspira a diventarlo. Partecipa alla vita nazionale ed è sempre disposta a dare una mano per il bene del Paese. Ogni cubano può e potrà sempre contare sul nostro aiuto. Quando si è presentata la questione dei detenuti siamo stati disponibili a mediare. La nostra disponibilità non è cambiata, sempre che ci venga richiesta. Come valuta le riforme realizzate dal governo? Le considero dei primi passi. Non sufficienti rispetto alle attuali esigenze economiche e sociali. La congiuntura internazionale richiede altri cambiamenti, più profondi.Che tipo di cambiamenti?Cambiamenti nella sfera economica che permettano alle persone di esprimere la loro creatività. Ma anche in altri ambiti, in modo da promuovere una maggiore partecipazione.
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