giovedì 1 novembre 2018
Il ministero dell'Interno ha ritirato i fondi europei "Fami" avanzati dall'anno scorso, destinati a profughi che avevano concluso l'accoglienza nel sistema Sprar. Dopo i primi 192 posti, lo stop
 Il Viminale taglia nei bandi 2800 posti destinati ai rifugiati
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Niente più posti nei bandi di servizio civile per rifugiati. Il ministero dell'Interno ha azzerato il progetto «Integr-azione», varato lo scorso anno dal precedente governo grazie ai fondi europei del programma Fami (Fondo asilo, migrazione e integrazione). Grazie a uno stanziamento di 18 milioni di euro, aggiuntivo al fondo per il servizio civile, era stato possibile prevedere altri 3.000 posti da riservare a giovani che fossero titolari dello status di rifugiato o di protezione umanitaria o sussidiaria. Dodici mesi di servizio civile da svolgere nei progetti degli enti del privato sociale o degli enti locali, fianco a fianco con i coetanei italiani: un modo per sostenere il cammino di integrazione dei rifugiati che avevano concluso il periodo di accoglienza nel circuito Sprar.

Lo scorso anno erano stati presentati i primi progetti, che prevedevano l'integrazione di 192 rifugiati, di cui 120 in progetti nazionali e 72 in progetti regionali. Un avvio difficile, dovuto anche a una doppia rendicontazione che ha disincentivato la partecipazione degli enti, scoraggiati dall'eccessivo impegno burocratico richiesto rispetto ai bandi tradizionale. Ma quest'anno nell'ultima riunione del 2 ottobre della Consulta degli enti di servizio civile, presente il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Vincenzo Spadafora che ha la delega in materia, gli enti hanno chiesto se - come di consueto - anche i fondi Fami, riservati all'integrazione, non spesi nell'anno precedente sarebbero stati reimpiegati. Soldi che sarebbero serviti ad avviare in servizio altri 2.808 rifugiati assieme ai 53 mila posti per volontari. E a questo punto per gli enti è arrivata la sgradita novità: quei fondi, nella disponibilità del Viminale, erano stati ritirati. «Per noi è stata una sorpresa - racconta Licio Palazzini, presidente di Arci Servizio civile e membro della Consulta - perché finora i residui venivano sempre inseriti nel bilancio dell'anno successivo. Un peccato, perché il servizio civile era stato giustamente individuato come strumento adatto per un lavoro educativo e di integrazione dei giovani rifugiati».

Luigi Bobba, all'epoca sottosegretario al Lavoro con delega al servizio civile, conferma il taglio: «Era una scelta che avevo sostenuto fortemente - commenta Bobba - nella mia qualità di Sottosegretario. Sarebbe stata una ottima occasione per integrare giovani arrivati in Italia come richiedenti asilo e desiderosi di vivere nel nostro Paese facendo qualcosa di utile per le nostre comunità. Ma al governo giallo-verde interessa solo mantenere alta tensione comunicativa sull'immigrazione, non cercare di risolvere i problemi. Ancora un'occasione sprecata per tentare di governare il fenomeno dell'immigrazione attraverso risposte positive e nel rispetto delle persone».

Il servizio civile, com'è noto, dal 2015 ha aperto i bandi anche alla partecipazione di stranieri e richiedenti asilo. La novità del progetto «Integr-azione» stava proprio nell'essere progettato per favorire la presenza - nei progetti di servizio civile - di rifugiati in uscita dagli Sprar. Un sistema di accoglienza che il ministero dell'Interno ha intenzione di ridimensionare fortemente. Il taglio dei fondi Fami sembra dunque una conseguenza coerente con questa scelta politica.


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