"L’atteggiamento degli imputati nei confronti dei ragazzi con cui hanno avuto rapporti sessuali è stato tracotante, prepotente, arrogante: sono ripetute e frequenti le espressioni “carne da macello”, “usa e getta”, “bocconcini belli”, utilizzate nei confronti dei minori, espressione e manifestazione della assoluta mercificazione che delle vittime è stata fatta dagli imputati".
Lo scrive il gip di Napoli Egle Pilla nella sentenza di condanna di tre uomini, gli "orchi" responsabili di sfruttamento della prostituzione minorile. È la vicenda denunciata quasi due anni fa da Avvenire, conclusa a maggio con la condanna per prostituzione minorile di tre adulti italiani che approfittavano di ragazzini immigrati minorenni, sul lungomare di Mondragone. Un vero gruppo organizzato. Cinque-dieci euro, una ricarica telefonica, un paio di birre, tre sigarette. Egiziani, albanesi, bulgari. Sì proprio bulgari, della comunità che vive nei palazzi diventati "zona rossa" per il Covid-19, emarginati e sfruttati, e ora accusati di essere "untori".
Ma la realtà che emerge dalla sentenza è l'opposto. Il carnefici sono italiani mentre le vittime sono immigrati. Cinque sono stati identificati, ed erano ospiti di centri di accoglienza per minori non accompagnati, altri, in particolare i bulgari, non lo sono stati. Le 62 pagine della sentenza, che Avvenire ha potuto leggere, sono un colpo allo stomaco, un tuffo nel baratro della peggiore depravazione. Le numerosissime intercettazioni telefoniche e ambientali, corredate da videoriprese, sono esplicite, crude, violente.
Gli incontri, i rapporti sessuali, i commenti successivi tra i tre, sono un libro dell'orrore. Una raccolta di prove, frutto dell'efficace lavoro dei carabinieri di Mondragone, che inquieta. Soprattutto le parole dei tre complici. "Il linguaggio è forte, violento e crudo - scrive ancora il Gip - ed esprime tutta la convinzione di poter utilizzare impunemente i minori, per soddisfare un insaziabile appetito sessuale".
I tre imputati hanno provato a negare di sapere che i ragazzi fossero minorenni. Ma proprio le intercettazioni li smentiscono. "Le espressioni utilizzate - scrive sempre Il Gip - quali “angioletti”, “ragazzetti”, “nipotini”, “sfraffusietti” non possono considerarsi neutre o genericamente indicative di giovani ragazzi, senza che gli imputati abbiano realmente compreso quale fosse la effettiva età degli stessi come sostengono le difese. Sono gli imputati medesimi nelle conversazioni riportate ad indicare la età delle vittime e a capire che si tratta veramente di ragazzi giovanissimi ( .. ma è veramente piccolo…)".
Minori e fragili, per le condizioni di vita. Alcuni di loro sono, infatti, ospiti di centri di accoglienza per minori non accompagnati. E di questo gli "orchi" ne approfittano. "Questi giovanissimi ragazzi - si legge ancora nella sentenza - vengono da paesi stranieri, sono senza famiglia, vivono in comunità che soddisfano proprio i bisogni primari e che forniscono loro una somma di danaro pari a 10 euro settimanali che sono oggettivamente una cifra davvero molto esigua. Questi ragazzi hanno davvero “poco” in termini di affetti, relazioni sociali, svaghi, attenzioni al loro sviluppo psicofisico in ragione di una obiettiva condizione che li caratterizza".
I tre hanno così gioco facile. "Chi offre loro la somma di 5 o 10 euro in cambio di un rapporto sessuale sicuramente è consapevole della subalternità psicologica, del disagio sociale dei ragazzi legato non solo alla minore età, ma anche al contesto socio ambientale in cui essi crescono e vivono". Il Gip Egle Pilla, magistrato con una lunga esperienza in processi di camorra, ecomafie e violenze, analizza e spiega questa condizione. "La loro è una dimensione esistenziale molto “povera”: solo questo può spiegare la scelta di passeggiare sul lungomare di Mondragone per prostituirsi. E questa condizione di estrema povertà i tre imputati la conoscono molto bene: lo si comprende dalle considerazioni che svolgono sui ragazzi".
Inoltre "non hanno mai manifestato nel corso delle loro numerosissime conversazioni alcuna incertezza, perplessità, indecisione rispetto alla condotta posta in essere mostrando, al contrario, una lucida determinazione accanto alla convinzione di essere non solo superiori rispetto a quei minori, ma anche totalmente insensibili alla loro vulnerabilità e alla loro debolezza". E sono convinti anche di godere di una sorta di impunità. Così da non limitare le loro azioni. "La gravità delle condotte è ravvisabile altresì nella quantità di episodi posti in essere con cadenza quotidiana, nonostante i controlli effettuati dalle forze di polizia rispetto alle quali gli imputati hanno mostrato non più di un superficiale timore".
E mentre sfruttano sessualmente i minori immigrati, si esprimono con frasi intolleranti contro il fenomeno migratorio. Uno di loro, scrive il Gip, "lancia invettive contro i ragazzi extracomunitari, contro le Ong, le case famiglia (“…allora fa bene Salvini che ora ci da una stretta a questa gente, gli da una brutta stretta”. "Ma quello Salvini lo vuol fare, solo che ci sta qualcuno che…”. “Salvini lo vuol fare ma c’ha la gente contro”). Addirittura auspica l’ introduzione di una legge che preveda il rimpatrio immediato di quei ragazzi stranieri che lamentassero di esser stati molestati. E si esprime con disprezzo nei confronti dei ragazzi (“c’è troppa.. troppa marmaglia giù guarda..”)".
Condanna a sei anni, che sarebbero stati nove se non ci fosse stata la scelta del rito abbreviato che prevede la riduzione della pena di un terzo. Accolte le aggravanti della minore età e dell'approfittamento dello stato di necessità delle vittime. Ed emerge come il fenomeno sia molto più vasto, sia come minori e adulti coinvolti che come aree interessate, soprattutto Formia e Gaeta.