I primi controlli sul territorio non sono bastati a nascondere la vergogna dello sfruttamento, che continua. Il prefetto di Caserta: sono reati gravi, da colpire con il massimo impegno Oltre ai rom bulgari, sarebbero finiti nello squallido mercato anche alcuni giovani nordafricani ospiti di centri di accoglienza per minori non accompagnati. Il fenomeno non è circoscritto a una sola zona
Spariti. Sono spariti i bambini rom bulgari che si prostituivano sul lungomare di Mondragone. Ma non si ha notizia neanche dell’inchiesta che avrebbe individuato i clienti, accusati di abusi sessuali su minori. Inchiesta apparentemente conclusa da tempo, con pesanti carichi di prova, e nuovi inquietanti particolari, ma arenata da qualche parte. E i provvedimenti che erano dati per imminenti ancora non si vedono. In attesa di conoscere i responsabili di questo squallido mercato, siamo tornati a Mondragone dove lo scenario è decisamente cambiato.
Il clamore mediatico, dopo il reportage di Avvenire del 10 ottobre, e l’accresciuta attenzione delle forze dell’ordine, tengono lontani i clienti che per una ventina di euro compravano questi ragazzini. Ma è davvero finito questo mercato che andava avanti da anni nel silenzio quasi totale? O si è solo spostato? Fonti molto attendibili parlano di nuovi luoghi nel basso Lazio, tra Formia e Gaeta, non lontane da Mondragone. Ma anche di nuove modalità. Ora l’approccio avverrebbe per telefono. Per concludersi, come al solito, in qualche compiacente affittacamere abusivo. In realtà l’uso del telefono non è una novità. Lo avevamo visto anche noi a ottobre. Dalle notizie che abbiamo raccolto in questi giorni c’è anche la conferma che oltre ai bambini rom bulgari sarebbero finiti in questo squallido mercato anche alcuni ragazzini nordafricani ospiti di centri di accoglienza per minori non accompagnati, sia a Mondragone che in provincia di Latina, approfittando della loro fragilità.
A conferma che il fenomeno non è circoscritto alla cittadina casertana. Ora anche loro non si vedono più in giro. Chiusi in casa. Per proteggerli o per proteggersi? Però in paese, visto che l’inchiesta tarda, si rafforza la tesi di chi continua a negare. «Gli italiani non sono pedofili». «È stato inventato tutto». Sono le frasi che sentiamo. L’attenzione è su altro. Sugli immigrati. In particolare sui rom bulgari, ma gli adulti. Allarmi fatti girare apposta su alcuni siti o su facebook, su rapimenti di bambini italiani commessi dagli immigrati. Tutto falso. Mentre continua a essere vero il loro sfruttamento che dopo il nostro articolo del 20 luglio, che aveva provocato accuse di esagerazione, ha trovato conferma in ben 7 operazioni delle Forze dell’ordine (5 della Guardia di Finanza e 2 dei carabinieri) con arresti di caporali e denunce di imprenditori agricoli campani e laziali. E sui campi sono stati trovati anche minori, donne incinte e disabili. «Stiamo mettendo il massimo impegno nel colpire questi gravi reati – ci assicura il prefetto di Caserta, Raffaele Ruperto –, malgrado i trucchi che caporali e imprenditori stanno utilizzando per contrastare le nostre indagini». Infatti, malgrado la pressione delle Forze dell’ordine, il mercato delle braccia continua ad andare in scena ogni giorno all’alba. Si è solo spostato, come abbiamo potuto osservare nei giorni scorsi.
Non più sotto i 'palazzi Cirio' dove vive la comunità bulgara, pagando in nero l’affitto ai proprietari italiani, o lungo la via Domiziana, ma in altre zone meno in vista. «Si sono sparpagliati lungo le strade, per passare più inosservati, probabilmente su input degli stessi caporali », ci spiega Tammaro Della Corte della Flai Cgil di Caserta che anche questa volta ci ha fatto da guida. I braccianti poi finiscono nei campi dell’alto Casertano e in quelli tra Mondragone e Villa Literno, o ancora nel basso Lazio tra Formia e Fondi, a raccogliere 'friarielli' o i fagiolini in serra. Trattamento sempre da schiavi, con qualche segnale di speranza ma anche di contromosse dei caporali, come conferma il sindacalista: «È aumentata l’affluenza della comunità bulgara nelle nostre sedi, non siamo ancora alle denunce ma il fatto che vengono, chiedono di controllare i contributi e la busta paga, si confidano sulla loro vita lavorativa, già è un passo avanti. Piano piano si sta aprendo una breccia. E qualcuno ha parlato coi magistrati». E proprio la Procura di Santa Maria Capua Vetere, sottolinea Della Corte, «denuncia che il caporalato nel Casertano è in evoluzione. Non c’è più solo il classico trasportatore col furgone ma altre forme, come il 'capetto' che si limita a fornire i braccianti ma senza il trasporto (vanno in auto o in bici), solo intermediazione. E poi molte volte i caporali si fanno trovare col contratto di lavoro in tasca, dicendo di essere dipendenti dell’azienda».
LA DENUNCIA Era il 10 ottobre scorso quando Avvenire documentava il dramma della prostituzione minorile maschile nel Casertano, dove i figli dei rom bulgari prima venivano sfruttati nei campi, poi erano costretti a vendere il proprio corpo sul lungomare.
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