Jordi Matas /Save the Children
Stanchezza, incertezza, preoccupazione. E un dilagante aumento dell’abbandono scolastico. Alla vigilia della parziale riapertura delle scuole superiori, gli studenti italiani confessano di sentirsi frustrati e timorosi per il futuro. Molti, oltre 34 mila, stanno addirittura interrompendo gli studi, dopo mesi di didattica a distanza problematica, per mancanza di strumenti informatici e di spazi adeguati. Oltre alla pandemia sanitaria, dunque, l’Italia deve affrontare la pandemia educativa, che pone una pesante ipoteca sul successo di una generazione e sullo sviluppo del Paese. L’allarme arriva dall’indagine ”I giovani ai tempi del Coronavirus”, commissionata da Save the Children a Ipsos, per dare voce direttamente agli adolescenti italiani.
La ricerca è stata realizzata intervistando un campione di mille ragazzi tra i 14 e i 18 anni delle superiori secondarie, rappresentativo della popolazione scolastica di riferimento. Il dato più preoccupante è senza dubbio quello sull’abbandono. La stima è stata fatta sulla base delle affermazioni del 28% degli studenti che dichiara come almeno un compagno di classe dal lockdown di primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni. Un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi assenti dalla didattica a distanza (Dad). Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado potrebbero aggiungersi a fine anno ai ragazzi cronicamente dispersi anche prima della pandemia.
Secondo gli intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla Dad vi è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi su uno schermo. L’Istat conferma che un minore su 8 (il 12,3%) tra i 6 e i 17 anni, circa 850 mila giovanissimi, non ha a disposizione né pc né tablet (dati 2018-2019). Nel Mezzogiorno un minore su 5 (il 19%). Inevitabile che più di uno su tre (35%) si senta più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie. Dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che molti si tengono dentro (22%).
I ragazzi si sentono frustrati dalle scelte per il contrasto al Covid: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola. E serpeggia una certa amarezza. Quasi la metà, il 46%, parla di un "anno sprecato". La costrizione di vivere incontri solo virtuali, però, ha fatto riscoprire a molti il valore della relazione "dal vivo".
Alle scelte della politica per il loro futuro i ragazzi sembrano molto attenti: il 69% ha sentito parlare del Next Generation EU e una gran parte spera che incrementi i finanziamenti per l’ingresso nel mondo del lavoro (30%), per studiare gratis all’estero (17%) e all’università (17%). Già dalla prima ondata Save the Children ha raggiunto oltre 75 mila bambini, famiglie e docenti in Italia con supporto educativo, tutoraggio per la Dad, consegna di tablet, connessioni e sostegno materiale. Ora l’ong gestisce un programma fino a settembre 2021 che ha raggiunto in sei mesi altri 58.843 minori, distribuito 1.195 tra tablet e connessioni web, sostenuto 275 scuole con interventi psicosociali, formato alla Dad 3.623 docenti.