lunedì 7 ottobre 2024
I due biologi americani hanno identificato minuscole molecole, le microRna, fondamentali nel regolare sviluppo e funzionamento dell'organismo. E che riservano grandi novità contro numerose malattie
Stoccolma: il momento dell'annuncio ai giornalisti del Nobel a Victor Ambros e Gary Ruvkun

Stoccolma: il momento dell'annuncio ai giornalisti del Nobel a Victor Ambros e Gary Ruvkun - Ansa

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Se oggi la medicina può individuare l’alterazione di biomarcatori – ovvero dei segnali di allarme provenienti da “spie” del nostro organismo – in malattie genetiche, nel cancro, nel diabete, nell'ictus, oppure nell'aterosclerosi, e se la ricerca ha portato allo sviluppo di nuove terapie e di innovativi vaccini (i più “celebrati” dei quali sono gli anti-Covid, ma quelli più ambiziosi sono gli anti-cancro sui quali si lavora senza tregua), è in buona parte dovuto al fatto che due biologi americani, Victor Ambros, 71 anni, e Gary Ruvkun, 72, premiati ieri con il Nobel per la Medicina, già nel 1993 (nel silenzio della comunità scientifica di allora) hanno individuato minuscole molecole chiamate microRna, che hanno un ruolo fondamentale nel regolare l’attività dei geni. Una scoperta poi affinata nel corso degli anni e oggi ritenuta cruciale nella comprensione dello sviluppo e del funzionamento di tutti gli organismi multicellulari, esseri umani compresi.

Come spesso accade nella storia delle grandi scoperte, la semplicità è la chiave della complessità. E questa svolta epocale per la scienza non fa eccezione. Ci aiuta a capire di più Alberto Bardelli, direttore scientifico dell’Ifom (Istituto fondazione oncologia molecolare) di Milano: «La scoperta è avvenuta nel verme Caenorhabditis elegans, da decenni studiato nei laboratori di genetica in tutto il mondo, appunto, per la sua semplicità». D’altra parte, «la complessità del meccanismo alla base dei microRna era così elevata che non poteva che essere studiata in un modello semplificato come quello offerto da questo verme. La medicina si basa proprio sulla ricerca effettuata su organismi anche molto lontani dall'essere umano – continua Bardelli – e trovo che questo sia un messaggio molto bello». Il ricercatore fa il parallelo con lo studio che, solo pochi giorni fa, si è aggiudicato la copertina di Nature e che ha portato alla prima mappa completa di un cervello adulto del moscerino della frutta: «Anche in quel caso, il cervello mappato è molto più semplice di quello umano, ma si tratta di un risultato importantissimo perché Drosophila melanogaster, così come C. elegans, è un modello per la ricerca». I microRna «sono come interruttori che aiutano a regolare le funzioni della cellula – aggiunge Bardelli – e ciò ha aperto la strada allo studio di terapie basate su queste molecole, che ci potrebbero aiutare ad esempio ad interferire con i meccanismi che vogliamo colpire».

Dunque degli interruttori, senza i quali le cellule sarebbero tutte uguali: quelle del polmone sarebbero le stesse di quelle dei reni, del cuore e così via. Ed è proprio su queste differenze che i due scienziati statunitensi hanno concentrato la loro attenzione per anni, fino a individuare questa classe di molecole di Rna (oltre mille) essenziali alla regolazione genica. Per dirla con le parole di Giuseppe Novelli, genetista del Policlinico di Roma Tor Vergata, i microRna «sono i vestiti che coprono i geni: il Dna sta fermo, è sempre lo stesso, i microRna danno l'informazione e fanno funzionare il Dna».

Insomma, il libretto di istruzioni genetiche è uguale per tutte le cellule, ma queste sono diverse fra loro e hanno specializzazioni diverse, come quelle del cervello, dei muscoli o della pelle. Per decenni la scommessa è stata riuscire a capire come ognuna di esse riesca a selezionare le istruzioni che la riguardano direttamente. La risposta è dunque nei microRna, piccole sequenze di geni che, come registi, regolano l'espressione di altri. La studio destinatario del Nobel ha dimostrato, per la prima volta, come l'attività dei geni può essere modulata negli organismi multicellulari, compresi gli esseri umani. E la regolazione funziona correttamente solo se il giusto set di geni è attivo in tipi diversi di cellule, che svolgono funzioni diverse. Quando questo meccanismo è sregolato, le cellule non funzionano più correttamente e si manifestano malattie molto serie, come tumori, diabete o patologie autoimmuni.

Ma come queste scoperte stanno cambiando la nostra vita? Così risponde Paolo Ascierto, direttore della struttura di Oncologia clinica sperimentale, melanoma, immunoterapia e terapie innovative dell’Istituto tumori Pascale di Napoli: «Grazie alla scoperta dei mRna, abbiamo a disposizione biomarcatori del cancro, utili nello studio delle resistenze ai trattamenti o come bersaglio per nuove terapie. Queste minuscole molecole possono anche essere utilizzate come trattamenti e su questo ci sono numerosissime sperimentazioni in corso, anche al Pascale». Un esempio? «Con il lavoro di Ambros e Ruvkun abbiamo aggiunto nuove armi al nostro arsenale per contrastare molti tipi di tumore, tra cui il melanoma». Il primo farmaco sperimentale basato sui microRna (Mrx34, sviluppato una decina di anni fa contro il tumore del fegato), riprende Novelli, «è stato un apripista della nascente rivoluzione degli “antimiR”, i nuovi inibitori dei microRna, che in futuro potrebbero essere impiegati contro ogni tipo di malattia».

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